Il “Duca bianco” si mette in mostra
Sarà ricordata come un grande evento la mostra spettacolare che il Victoria & Albert Museum di Londra dedica ad una star del glam pop-rock nonché icona inimitabile di stile qual è David Bowie. Lo “show” espositivo, che durerà fino all’11 Agosto, ha visto uno stuolo di celebrities accorrere da ogni continente per omaggiare il Duca Bianco (come amiamo chiamarlo in Italia).
Organizzata in patnership con Gucci e Sennheiser, la retrospettiva intitolata semplicemente “David Bowie is” propone ben 300 oggetti-simbolo del gusto originale e della personalità eclettica dell’artista, che per l’occasione ha spalancato sin troppo generosamente il suo archivio (costituito, tra l’altro, da 60mila costumi di scena) ai curatori Geoffrey Marsh e Victoria Broacker, i quali hanno così potuto selezionare straordinari pezzi unici a cavallo tra musica e moda: costumi di scena sfoggiati nei video cult e nei concerti con folle oceaniche, foto, poster, vinili dal sapore deliziosamente vintage, fogli di carta e bozzetti di pensieri e canzoni, disegni e forme di espressione varie di un “mago” che ha sperimentato ogni forma d’arte possibile.
L’esposizione vuole essere un viaggio suddiviso per molteplici temi, che entra nell’universo di un mito vivente per raccontarne la storia, la “visione”, l’evoluzione dai primi anni Sessanta (quando si chiamava ancora David Jones) fino ai successi di oggi (l’ultimo album, da poco uscito, è “The Next Day”).
Uno spazio speciale è dedicato agli abiti scenografici che Bowie ha indossato nelle sue best performance, disegnati per lui da grandi stilisti. Si tratta di vere e proprie “opere d’arte” che racchiudono in sé un’epoca ed i suoi ideali, come la tuta iconica di “Ziggy Stardust” del 1972 (ispirato ai Droogs di Arancia meccanica creato da Freddie Burretti) oppure i costumi di ispirazione samurai concepiti da Kansai Yamamoto per il tour “Aladdin Sane” del ‘73 o ancora il cappotto con la stampa della Union Jack creato nel 1996 da Alexander McQueen per la cover di “Earthling”. In evidenza anche il costume da Pierrot di Natasha Korniloff nel video di “Ashes to ashes” e poi la camicia bianca con i pantaloni e il gilet nero di“The thin white duke” evocativa della Berlino anni ’20.
Va sottolineato, inoltre, il continuo scambio di influenze con altri stilisti più giovani come Heidi Slimane o Frida Giannini di Gucci che lo hanno eletto a loro “musa”: per alcuni anni, a partire dal 2005, Bowie indossò solo capi di Slimane; e la Giannini ispirò dichiaratamente a lui la collezione donna A/I 2006/07 di Gucci nonché in parte la collezione uomo A/I 2009/10.
Bello, magrissimo, sessualmente ambiguo, con i capelli platino ed un trucco che lo faceva apparire più pallido di quanto già era, indosso una tuta di seta e stivaletti di pelle rossa, quando interpretò “Starman” ed entrò nella hit parade inglese, il Duca Bianco fu un’autentica rivelazione e “rivoluzione” nel mondo della musica e del look, “scuotendo” gli anni ’70 e non solo, influenzando il costume ed il gusto musicale.
Ha dichiarato Victoria Brockes, curatrice della mostra: “Da quel giorno e in tante altre interpretazioni, con il suo modo di fare, la sua voce, i suoi abiti, le sue scelte, Bowie ci diceva in sostanza: ho un aspetto diverso da quello degli altri, anche voi potete essere diversi, siete tutto ciò che volete”.
La “leggenda” di David Bowie nacque soprattutto dal sodalizio artistico, lungo ormai 40 anni, tra il cantante-attore-performer ed il fotografo nipponico Masayoshi Sukita, che fu tra i primi ad intuirne il potenziale immaginifico esplosivo a inizio degli anni ‘70. Per celebrare il lungo rapporto tra i due è stato recentemente pubblicato anche un prezioso volume dalla casa editrice Genesis – “Speed of Life” – in soli 2000 esemplari autografati (subito esauriti, 500 euro circa a copia), contenente fotografie eseguite in studio, scattate in tour e altre, più intime, per strada.
Ambiguo quanto basta per scandalizzare i benpensanti e non solo, eppure felicemente sposato da oltre vent’anni con l’ex top model somala Iman da cui ha avuto due figli, l’autore di “Let’s dance” e tanti altri brani indimenticabili vive a New York, che non lascia quasi mai (è nota la sua paura di volare), e adesso pare un signore tranquillo… ma forse non troppo, se è vero che, a 65 anni suonati, resta l’affascinante “uomo che cadde sulla Terra”, per citare il titolo di un suo celebre film, sempre pronto a stupirci con le sue metamorfosi ed a stimolarci, aprirci, accenderci la mente.