Il lusso si addice ad Henry
Siete disposti a spendere 48mila dollari per la borsa Crocodile Capucines di Louis Vuitton? Se sì, non solo dovete passarvela piuttosto bene, ma potete anche fare a meno di leggere questo articolo che tratta delle strategie “upgrade” su cui hanno deciso di puntare praticamente tutte le maison del lusso, non solo il colosso di Monsieur Arnault. In effetti, il target dell’alta gamma si sta elevando di continuo per rendere il brand più esclusivo che mai e ciò vale sia per l’abbigliamento sia soprattutto per gli accessori, meno soggetti ad eventuali rallentamenti. Come ha evidenziato uno studio di Bain&Company per Altagamma, a trainare il boom del lusso sono in primis i consumatori cosiddetti “HENRY” (High Earnings, Not Rich Yet: con alti guadagni, ma non ancora ricchi), che pur avendo una soglia di spesa più bassa, nei mercati maturi sono 10 volte il numero dei super-ricchi. Nei mercati emergenti, d’altro canto, è la classe media a polarizzare la competitività dell’arena. “Stiamo entrando in una nuova fase evolutiva dei beni di lusso” ha sentenziato Claudia D’Arpizio, partner Bain&Company a Milano. “Nuovi mercati, nuovi segmenti di consumatori e un grado elevato di diversità nei gusti si combinano per creare un numero maggiore di variabili da tenere in considerazione nel perseguire la giusta strada per la crescita”.
Del trend “rialzista” avevamo avuto una chiara avvisaglia anche all’ultimo Salone dell’Alta Orologeria di Ginevra (SIHH), dove i modelli oltre i 100mila euro abbondavano, confermando la strategia di mirare dritto alla fascia top, a cui aspirano pure i brand meno noti sinora non sospettabili di simili ambizioni: segno che il lusso rende, eccome! E lo hanno ben capito pure i Cinesi, arrivati a mettere le mani su uno storico marchio elvetico delle lancette come Corum.
Delle campagne-acquisti dei gruppi d’oltralpe LVMH e Kering (ex-PPR) abbiamo parlato più volte. Fatto sta che, da Bulgari a Gucci, da Bottega Veneta a Loro Piana, da Fendi a Pomellato, i due big non esitano ad ampliare la propria internazionalizzazione con i brand iconici del made in Italy d’eccellenza. E c’è da scommettere che lo shopping non finisca qui. Del resto, dovevamo prevederlo che i marchi maggiori, dopo aver puntato per anni alla quantità inseguendo economie di scala, decidessero di focalizzare l’attenzione sulla questione dell’esclusività, e di farlo passando il testimone della crescita ai brand “minori”, che appunto ora stanno macinando performance di tutto rispetto. Come leggere, in fondo, l’eclissamento del mitico logo LVMH dai sontuosi capi delle ultime sfilate, se non come prova della precisa volontà di farli percepire nella loro massima elitarietà e raffinatezza?
Sono ora i marchi più “di nicchia” (solo per citare qualche esempio, Céline, Fendi, Stella McCartney, Alexander McQueen, Balenciaga…) quelli che crescono di più e più rapidamente rispetto ai megabrand, e la spiegazione viene appunto dai mercati emergenti, in particolare dal Dragone. La ragione di questo trend è principalmente una e, come ormai avviene sempre quando si parla di consumi di lusso, ha a che fare col fatto che in quei Paesi i clienti già a conoscenza del panorama del lusso si stanno “sofisticando” e orientando su marchi fuori dal mainstream. Ecco quindi che, nel gruppo LVMH, Céline o Emilio Pucci corrono più di Louis Vuitton, in Ppr Gucci cede il passo a Bottega Veneta o Saint Laurent e anche nel gruppo di Diego Della Valle Tod’s marcia a buon ritmo, ma Roger Vivier accelera deciso. Insomma, come qualcuno ha efficacemente tradotto in metafora, i brutti anatroccoli si sono trasformati in cigni, mentre i cigni già adulti volano più a bassa quota. Oltre al fatto che i marchi di nicchia hanno naturalmente più ampi margini di sviluppo retail e sono favoriti dalla nuova attitudine più selettiva della classe alta cinese, è palese che la partita del domani si giocherà sulla classe media emergente, fatta di persone giovani che stanno definendo il proprio status sociale.
In questa dinamica complessa ha appunto cercato di inserirsi anche l’italiano Diego Della Valle con il suo gruppo, nel cui carnet di marchi maturano grandi prospettive: Tod’s è ormai riconosciuto come uno dei più esclusivi brand di accessori e calzature di lusso a livello mondiale, che nel 2012 ha realizzato 569,7 milioni di euro di ricavi (+16,8%). In calo invece Hogan (-13,3% a 243,4 milioni) e Fay (-15,2% a 74,5 milioni), penalizzati dalla decisione di razionalizzare la distribuzione italiana a causa della situazione ostica del mercato interno. Ottima performance, d’altro canto, per il parigino Roger Vivier rilevato con successo da Della Valle nel 2001, che ha velocemente raddoppiato il giro d’affari arrivando a 74,5 milioni, con un aumento di ben il 104,2 per cento. Per risollevare l’allure di Hogan e Fay l’imprenditore marchigiano ha deciso di rendere ancora più selettiva la distribuzione indipendente in Italia, così da preservare l’esclusività ed il posizionamento dei prodotti, mentre la strategia per Roger Vivier è quella dell’espansione retail in Cina e per Tod’s quella di sviluppare anche l’abbigliamento con Alessandra Facchinetti al timone creativo. Inoltre Della Valle ha rilevato un’altra storica maison francese quale Elsa Schiaparelli col fine di conquistare il “nicchione” di consumatori di lusso asiatici.
Secondo la “ricetta” della Fondazione Altagamma, la chiave del successo per i prossimi 10-15 anni sarà la capacità di gestire i tre principi-cardine del “Lusso 2.0”, così sintetizzati:
1) Customer experience differenziante
- I consumatori saranno sempre più i veri protagonisti della scena (i desideri del cliente, piuttosto che quelli del designer, sono ora al centro dei piani strategici di molte aziende).
- I consumatori si aspettano un livello d’interazione nel punto vendita, online o tramite mobile, differenziato e mirato ai loro gusti e preferenze.
- Il marketing dovrà perseguire una costante innovazione nei media per mantenere aggiornati i consumatori che diventeranno i veri promotori del brand.
2) Gestione impeccabile del canale retail
- L’era dell’esperienza di shopping “standardizzata” sta tramontando. I negozi, sia fisici che digitali, stanno incrementando le loro risorse per sorprendere il consumatore del lusso.
- I consumatori si aspettano un livello di servizio personalizzato che li accolga all’interno del punto vendita.
- Man mano che le reti di negozi entrano in nuovi mercati e raggiungono nuovi segmenti di consumatori, aumenta la necessità di garantire il giusto prodotto, nelle quantità adeguate, nei negozi giusti.
3) Eccellenza delle persone
I brand stanno investendo sempre più risorse per:
- attrarre nuovi talenti per la gestione di tutte le funzioni chiave di una azienda di lusso;
- formare il personale che rappresenta l’anello di congiunzione tra il cliente e il brand nel punto vendita.
Il lusso dunque è destinato a volare sempre più in alto, senza confini, senza posa e, chissà, senza prezzo.