Il Papa non veste Prada
Se il diavolo veste Prada, il papa no, Ca va sans dire. Tuttavia, pare che in Vaticano, grazie a Benedetto XVI, sia stato rispolverato uno stile cerimoniale finito nel dimenticatoio e, con esso, abbia fatto ritorno una certa ricercatezza nell’abbigliamento. Tanto che persino le firme dell’alta moda hanno fatto capolino tra i sacri paramenti: dai completi Gattinoni di casule-camici-stole-mitrie agli occhiali da sole ultra-fashion Serengeti e a quelli da vista Cartier. Smentita, invece, addirittura dall’Osservatore Romano la notizia secondo cui sarebbero griffati Prada i celebri mocassini rossi del papa che la rivista Esquire ha eletto “accessorio dell’anno”, definendo papa Ratzinger uno degli uomini più eleganti del pianeta: per la cronaca, si tratta di eccellenti calzature artigianali realizzate dal novarese Adriano Stefanelli, il quale annovera tra i suoi prestigiosi clienti anche Barack Obama.
Ha destato una forte sensazione pure il ritorno di Benedetto XVI alla sua storica sartoria ecclesiastica, l’Euroclero della famiglia Cattaneo, che già nel 1977 gli aveva confezionato il corredo cardinalizio (il suo atelier si trova di fronte al Palazzo del Sant’Uffizio dove ha sede la Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui Ratzinger è stato prefetto per oltre un ventennio). Il sarto di Euroclero Michele Ombroso, membro della Camera Europea dell’Alta Sartoria, vantando nel curriculum cinquant’anni passati a vestire papi e cardinali, è stato recentemente oggetto di molte attenzioni mediatiche per aver lamentato che i sarti ecclesiastici sono in via di estinzione e con essi la professionalità.
Dal 1793, comunque, la sartoria pontificia per antonomasia è quella di Gammarelli, a pochi passi dal Pantheon, che anche in occasione dell’ultimo conclave per l’elezione del pontefice ha preparato il classico abito bianco in tre taglie (fece il giro del mondo l’immagine di Ratzinger che, avendo scelto la misura più piccola, apparve con le caviglie scoperte durante la prima udienza generale in Piazza San Pietro).
E’ indubbio che i sarti dell’Urbe siano i più quotati e richiesti dai porporati di tutto il mondo, non solo perché dotati di classe ed esperienza, ma anche perché solo in Italia si trovano i tessuti delle tonalità giuste, che non sono ufficialmente in commercio (prodotti su commissione): si pensi al rosso ponsò delle vesti cardinalizie o al paonazzo romano degli abiti vescovili.
Ma”¦ cosa indossa oggi un cardinale? Così Sandro Magister descrive l’attuale completo cardinalizio: “Si compone di una sottana rossa di lana fine con i bottoncini fino ai piedi; di una fascia rossa di seta alla vita, con frangia; di un rocchetto bianco in cotone con maniche a tre quarti e lungo fino al ginocchio, ornato di pizzi e ricami; di una mozzetta rossa da indossare sopra il rocchetto, chiusa davanti da dodici bottoncini; di un cordone rosso oro da portare al collo per la croce, con un fiocco sul retro; di uno zucchetto rosso; di una berretta rossa a quattro angoli e tre spicchi; di un cappello a saturno ornato da cordone e fiocchi; di una mitria segnata di seta bianca damascata; con ornamento a pigna. In più c’è l’abito piano: una sottana con la pellegrina cucita al collo e aperta sul davanti, il tutto con bottoncini, asole e profili in rosso”.
A detta dei sarti, ai pontefici in genere piace vestire bene e ognuno di loro ha sempre cercato di personalizzare l’estetica vaticana pur nel rispetto dei rituali codificati nei secoli. Negli ultimi decenni il più severo e meno attento all’eleganza è stato forse Paolo VI, che fu l’ispiratore dell’abolizione dal corredo dei cardinali della cappa magna (con coda vermiglia lunga fino a 12 metri), dell’ampio mantello in taffetà rosso detto ferraiolo, delle scarpe rosse con la fibbia, nonché responsabile del drastico accorciamento degli strascichi nelle vesti. Il sediario pontificio Massimo Sansolini in un suo volume di ricordi si è spinto ad affermare che con Montini si era persa la suggestione degli abiti e degli arredamenti papali, passando dal rosso porpora al beige e al grigio (Armani style ante-litteram, potrebbe commentare qualcuno).
Benedetto XVI, dal canto suo, si distingue per uno stile che sposa l’ultra-tradizione alla modernità più spinta (si veda il recupero del camauro accanto allo sfoggio di un berretto da baseball bianco e di una giacca a vento durante le vacanze in Val d’Aosta) e, ben consapevole del valore simbolico anche di stoffe e ricami, talvolta non esita a spiegare ai fedeli certi dettagli, come quando, nella sua prima messa, descrisse l’origine del paramento liturgico detto pallio e raccontò che “la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita”.
Che esista una relazione tra arte e sacro, tra bellezza e fede, tutti i papi l’hanno sempre rimarcato e che essa passi anche per il guardaroba è ormai indubbio (come ha pure dimostrato nel 2006 la bella sfilata di Suor Elena Calascibetta ad Alta Moda Roma).