Il tempo che sta in mezzo
Sembra un attimo fa che si sono riposti i sandali -l’estate di S.Martino docet- e nelle vetrine già si affacciano le decorazioni natalizie.
Abbiamo da pochissimo “ritoccato ” i nostri orologi -c’era ancora luce fino all’ora di cena- e già ci tocca apparecchiare tavola con il riverbero delle luminarie che entra dalla finestra.
In Riviera qualcuno osa tuffarsi in acque ancora praticabili e in città qualcun altro si barda come un escursionista che si appresta a scalare vette improponibili.
Il giusto equilibrio appare perduto. La dimensione temporale risulta scomparsa. La rasserenante “degustazione” dell’attesa sembra trasformarsi in frettolosa nevrosi. Ma nel mezzo c’è così tanto altro!
È talmente bello assaporare il tempo che corre verso l’inverno, verso la fine dell’anno, dandogli/dandoci la possibilità di moderare la velocità, di prendere consapevolezza di quel che succede intorno nel frattempo. La terra si sta preparando pian piano a dormire e il fenomeno del “foliage” attira turisti curiosi e desiderosi di meraviglie in luoghi incantati -ma bastano anche i giardini e i parchi delle città- dove poter osservare la trasformazione dell'”abito estivo” dei rami prima della definitiva e ancor lontana nudità. Il loro spogliarsi formerà soffici coperte variegate su cui camminare. Veri e propri tappeti patchwork, come quelli che hanno ispirato molti stilisti per le loro collezioni.
“Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
moribonde che vedo oggi nel sole
tremar dell’olmo sul più alto ramo.
Tremano sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi sulla terra…..”,
scriveva nel ’30 Ada Negri, per sottolineare la dolcezza che può ancora dare il paesaggio novembrino. Sotto, un brulicare ininterrotto, un lavorio inarrestabile, un adattamento continuo. Il freddo pungente non trova porte per entrare, al momento. E, anche noi, non invitiamolo ad aggredirci prima del tempo mostrandoci imbaccuccati come in pieno gennaio; non illudiamolo mettendo in bella mostra goffi giacconi a prova di assideramento o alberi di Natale alti fino al soffitto in un mese decisamente più adatto al sapore di castagne e di cachi. Di sciarpe leggere e di trench quasi sfoderati. Di funghi e di zucche. Di olive raccolte in maniche di camicia e di impreviste e sorprendenti folate di scirocco che scompigliano anima e abiti.
“Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.”
Ecco un’altra felice testimonianza, questa volta di Emily Dickinson, scritta a metà dell’800.
Integrarsi in questo panorama ancora “soft” è davvero facile, quest’anno. Un po’ come per certi insetti che si mimetizzano e si confondono con una foglia, o una fronda, o un frutto …
Tra nature morte offerte gratuitamente ai nostri occhi e foglie accartocciate a far da colonna sonora ai nostri passi, sfoggiare un cappotto di lana cotta color caramello o esibire una giacca di tweed dai toni naturali accostata a una gonna-pantalone di velluto ocra, risulterà spontaneo e quasi fisiologico. Indossare un poncho di maglia a costa inglese color sottobosco sopra un jeans in drill di cotone mélange corredato da un bello stivale di cuoio o appoggiare sulle spalle un imbottito leggero ma caldo nei toni del ruggine o di certi pigmenti rossastri tipici del venir meno della clorofilla, apparirà semplice e “naturale”.
Vi immaginereste un “leaf peeping” (spiare le foglie) vestite totalmente di nero o di grigio antracite con decorazioni di strass o con applicazioni borchiate? Con stiletti tacco dodici o bracciali a serpente?
Sarebbe come andare a fare un giro in barca vestite da cacciatrice di leoni, o come intraprendere un’arrampicata in sfavillante “tenuta” da cocktail, o come tenere una conferenza in sala riunioni in abito nuziale, o come presiedere a un’assemblea scolastica in costume da bagno!
Per carità, tutto è possibile, la libertà nel vestire è un diritto sacrosanto, la sovrapposizione di stili è all’ordine del giorno, la confusione tra tempi e luoghi non viene quasi più notata. Ma ci permettiamo di dire che tutto questo -enfatizzazioni a parte- non ci piace.
A volte diventa una scusa per aprire un varco verso la pigrizia e la sciatteria. Seguire la giusta stagionalità -e il discorso potrebbe allargarsi a mille situazioni diverse- porta invece a creare un ordine “giusto”. E l’esito -il risultato- che ne deriva è quello di un’estetica precisa, appagante, adeguata. La conseguenza ultima è quella rilassatezza che si rende necessaria per prepararci con sana aspettativa a quel che segue, al periodo invernale vero e proprio, a dicembre, così ricco di avvenimenti e di intimità da meritare sicuramente un approccio diverso e maggiormente attento, maggiormente dedicato, da parte nostra. Anticipare ciò che comunque “non scappa” toglie vigore e significato sia “al prima” che “al dopo”.
“Lascia dormire il futuro come merita. Se si sveglia prima del tempo, si ottiene un presente assonnato”, diceva Franz Kafka …
Domani, dunque, niente ricerche affannose -tra solai e soppalchi- di ghirlande sempreverdi o di calendari dell’avvento! Aspettiamo ancora un po’, assaporando nel frattempo uno squisito marron glacé sottratto da un piatto decorativo in cui troneggiano ricci e ghiande, meline selvatiche e piccole bacche autunnali giallo/arancione. La tavola non è ancora pronta per ospitare panettoni e stelline argentate, e gli armadi non sono per niente preparati ad accogliere montoni e pellicce da eroina di Pasternak che si impongono prepotentemente per scalzare con largo anticipo il resto. A chi ci vorrebbe far credere che “è già tardi”, offriamo una zuppa di ovoli con una grattatina di tartufo o mostriamoci con il nostro bel soprabito di fustagno marrone così ben inserito nel contesto odierno.
Vien da credersi certi che il desiderio di torroni canditi o di maglioni norvegesi -magnifici quando cadrà la neve, ridicoli ora come ora- verrà procrastinato a data da stabilirsi …
Mi manca un fiore nel mio giardino.
E’ piccolo, il più piccolo fiore
che possa esistere al mondo, ma è bello,
ha il fascino della rugiada fresca.
Mi manca un fiore che sto cercando,
mi manca un fiore che devo trovare,
per il mio giardino.
Brescia 8/2/78
Sono d’accordo, anticipare i tempi è bruciare un piacere già corto.
Bellissimo completamento di un bell’articolo