Influencer d’oro
Ormai non si muove foglia che blogger non voglia. Sono loro, con i milioni di follower che vantano su scala planetaria, i nuovi arbitri dello stile e del gusto, gli opinion leader più influenti e corteggiati dalle maison del lusso. Basti dire che, secondo una stima, oltre due terzi dei consumatori acquistano un prodotto dopo aver letto un blog! E ciò vale soprattutto per i giovani tra i 18 e i 34 anni, desiderosi di notizie e consigli “cool”. La questione comunque è piuttosto controversa, irta di conflitti di interesse e lacune di trasparenza, talvolta ai limiti della volgarità, dal momento che alcuni fashion blogger cedono troppo facilmente alle lusinghe del business e, da consulenti imparziali si trasformano in testimonial di brand, naturalmente a peso d’oro: “Vogue America” non ha esitato a definire imbarazzanti e patetici quegli influencer che si prestano a indossare i capi ricevuti in dono dagli stilisti, magari di un’eccentricità che rasenta il ridicolo, cercando a tutti i costi di farsi immortalare dagli “street photographer”. In effetti, sempre più aziende mirano a sfruttare la loro popolarità sui social per accedere ad un’audience più vasta, che solitamente non legge le riviste di moda.
Il fenomeno dei fashion blogger è sbocciato negli anni ’10 del Terzo Millennio, quando un manipolo di giovani cominciò a pubblicare in Internet foto di moda personali. Poi, grazie specialmente ai social network (Facebook e Instagram über alles), questo hobby è diventato per alcuni un vero e proprio lavoro. In molti imputano a tali personaggi di svilire la comunicazione di moda prescindendo dai contenuti e riducendo tutto il discorso alle sole immagini. Comunque, più che di blog oggi si dovrebbe parlare soprattutto di social, poiché sono rimasti davvero in pochi gli influencer che utilizzano ancora il sito da cui sono partiti. Da una parte sono state le aziende medesime a investire maggiormente nelle immagini in quanto di impatto più immediato, dall’altra i trend-setter hanno compreso che per coinvolgere il pubblico i social sono molto più efficaci (e convenienti in termini di tempo) dei commenti postati su un blog. Per chiamare in causa colei che è stata definita la più potente fashion blogger della terra, vale a dire l’italiana Chiara Ferragni, è sintomatico che il suo celebre “The Blonde Salad” nato nel 2009 si sia trasformato in una sorta di magazine amministrato da un team di collaboratori, mentre la primadonna ha riservato per sé la gestione dei social e la partecipazione ad eventi.
Ormai persino le più prestigiose istituzioni mondiali si trovano a fare i conti con le regine dei social, legittimandone il ruolo di muse e profetesse della società contemporanea, riconoscendone così il peso mediatico e la forza comunicativa. La Ferragni ha persino tenuto delle lezioni alla Harvard University e la giunonica Kim Kardashian (96,7 milioni di follower su Instagram) è stata invitata tra le speaker del “Women’s Summit” organizzato da “Forbes” in Giugno.
A proposito sempre della Ferragni, sottolineiamo che la sua influenza è notevole anche in fatto di gioielli, al punto che già alcuni anni fa la leggiadra fanciulla si è spinta a lanciare una propria linea preziosa prodotta a Los Angeles. Come nome della collezione ha scelto Caia Jewels, prendendo ispirazione dal nomignolo che aveva da bambina. Vi si trovano bracciali (celebre quello a forma di bocca), anelli, eartcuff e le collane Muse, il cui tema è l’amore interpretato in modo ora romantico, ora ironico e provocatorio (i messaggi che gli anelli recano, ad esempio, sono del tipo “Amami”, “Baciami”, ma anche l’irriverente “Vaff…o”). Tutti i pezzi sono in argento o placcati in oro giallo 750/000 (18kt), e i prezzi sono piuttosto abbordabili per i portafogli giovani (anche se non sono propriamente da accessori easy to wear, dato che vanno dai 79 ai 229 $). Riguardo agli ultimi trend in fatto di gioielli, sulla piattaforma di moda “The Blonde Salad” si legge questa headline: “Jewel trends: the more you wear, the better”. L’imperativo, insomma, è esagerare, indossare di tutto di più, come la top-model Linda Evangelista in una arcinota foto degli anni ’90, in cui portava gioielli Chanel a profusione. “Abbiamo capito due cose molto importanti” – si proclama – “La prima è che non dobbiamo indossare i nostri gioielli più scintillanti esclusivamente di sera; iniziate a portarli anche di giorno, dalla mattina alla sera. La seconda è che si deve scegliere l’outfit giusto. Per portare di giorno tanti gioielli appariscenti pensate a qualcosa di molto basic e carino: se non siete fan del mood jeans + crop top (California style) o semplicemente fa freddo e preferite qualcosa di più coperto, andate di minimal: più easy sarà il vostro look, meglio si vedranno i gioielli, e sarete ancora più chic”.
Alla trentenne Chiara, comunque, piacciono anche i preziosissimi e tutt’altro che cheap oggetti di Tiffany & Co. (orecchini a cuore), Cartier (bangle “Just un Clou” e “Love”, collana “Amulette”), Repossi (earcuff della linea “Berbère”), Delfina Delettrez (orecchini piercing con perle, oro e diamanti,), Nétali Nissim (bracciali costellati di gemme), con cui si è fatta fotografare più volte.
Sul suo popolare website (che fattura oltre 10 milioni di euro all’anno, dà lavoro a 25 persone ed ha “filiato” un nuovo sito di e-commerce) è anche possibile acquistare le calzature disegnate dalla Ferragni, la quale intanto posa come modella per le più note riviste internazionali e, allo stesso tempo, collabora con prestigiose maison di moda in tutto il mondo (tra cui Yamamay, Hogan, Guess?). Ricordiamo per inciso che questa ragazza diventata icona di stile o it-girl (tra l’altro assurta a global ambassador di Pantene e testimonial di Amazon Moda) conta oltre 8 milioni di follower su Instagram, tanto che “Forbes” nel 2016 l’ha inserita nella lista “30 Under 30 Europe: The Arts”.
Riguardo ai blogger del futuro, ha scritto David Pambianco qualche tempo fa, preconizzando lo scoppio di una “visual ball”: “In un mercato ormai saturo, in cui la compravendita dei follower non è rara e i contenuti sono sempre più scarsi, non è difficile ipotizzare che la bolla possa scoppiare. Già si comincia a parlare di ricerca di maggior qualità, privilegiando non più i numeri impressionanti, bensì contenuti più approfonditi e un engagement maggiore. Molte delle responsabilità, per quello che verrà, sono in mano alle aziende: in gran parte, dipenderà dalla loro volontà di privilegiare la sostanza rispetto alla pur bellissima e ‘instagrammabile’ forma”.