Insolito verde
È una strana estate quella di quest’anno.
Assomiglia a una eterna primavera che non si decide a mollare”, che non vuole lasciare il passo, che desidera protrarsi ad libitum.
E noi -vacanzieri e non-, dimentichi delle lamentele simili a nenie ripetitive esternate quando il caldo abbatte e schiaccia le forze, ci ritroviamo insistentemente unanimi nell’invocarlo e nel rimpiangerlo.
Ma, a causa di questa bizzarra e anomala situazione e delle piogge birichine che improvvisamente guastano la festa, ecco che si rivelano aspetti nuovi “sotto il sole”. E non proprio solo negativi. Quel verde così pimpante, ad esempio. Così prepotentemente “fuori stagione” ma, proprio per questo, così prezioso per gli occhi.
Annuncio di freschezza inaspettata e di morbide luci.
La campagna del centro Italia, più di altre zone, ben si adatta a testimoniare questo fenomeno -c’è un tratto tra la Toscana e l’Emilia chiamato Svizzera pesciatina che, attraversando le città d’arte, i torrenti e le pievi, assume un’aria spiccatamente “montana” e riempie e soddisfa anima e corpo-. Appena più in giù, tutto giallo, solitamente; tutto secco e arido; tutto assetato. Non così, ora. Inerpicarsi per strade dimenticate che portano a vecchi castelli sparsi sugli Appennini o a piccoli e pittoreschi borghi cintati da mura senza avvertire la morsa dell’afa e della calura soffocante, appare quasi un miracolo.
E scorgere da lontano il mare reso ancora più azzurro dall’aria limpida e senza velature tremolanti, sa di rarità, in agosto. Il verde e l’azzurro. Come in certi quadri di Pissarro e di Monet. Come in certi prati stracolmi di fiordalisi. Come in certe stampe che quest’anno hanno imperato sulle passerelle degli stilisti più “attenti” alla voglia di colori “fondamentali”.
Tanto celeste ma, soprattutto, un tripudio di sfumature che rimandano ora al menta ora al reseda, ora al fogliame tenero ora al sottobosco, ora al salvia ora all’edera. Un estremo invito alla calma, insomma. Alla quiete. Ovunque ci si volti, e a costo di essere vagamente “new age”.
Immergersi dunque in un contesto così green anche con un abbigliamento e uno spirito ad hoc non risulta poi tanto fuoriluogo. Viene quasi naturale, secondo noi, farsi tutt’uno con il resto. Una sorta di camouflage che ci faccia sentire parte del tutto -come certi animali che entrano in perfetta simbiosi con l’ambiente ospitante-.
Una gonna in pelle luminosa come il pitosforo che ricordi quelle indossate da Gemma Chan o un abito -per una sera speciale sotto le fresche frasche-color verde giada come quello elegantemente portato da Helen Mirren sull’ultimo Red Carpet; un vecchio Husky oliva degno di una lady inglese che si inoltra nel bosco a fare una rasserenante passeggiata con i cani o un cappello smeraldo calato sugli occhi per confondersi con le chiome più accese degli alberi; una ciabattina infradito simil-erbetta per scambiare due parole con i fiori del giardino o un costume color felce per nuotare con tutta tranquillità nelle pozze cristalline di certi fiumi di montagna…
E magari comperare un cocomero per assaporarne la polpa mentre se ne gusta l’aspetto e offrirne al vicino senza far troppo caso al verde della “sua” erba; e arredare il balcone con piante aromatiche per averne sempre nel naso il profumo; e riempire con bacche acerbe i vasi trasparenti sparsi per casa riponendoli tutti insieme su una mensola in bellavista.
Circondarsi insomma di meraviglia, del colore più diffuso in natura e più soggetto a mutare pur restando ricco di promesse. Sempre obbediente a sua “Madre”, sempre fedele agli appuntamenti stagionali, sempre simbolo di qualcosa che verrà.
Nel suo “Il raggio verde”, Giulio Verne esprime con grande sentimento il vivo desiderio di catturare il brevissimo attimo -quello in cui “è possibile leggere nei cuori”- in cui il sole mostra quel suo “lato” non visibile ai più e descrive con commosso entusiasmo quel che lui prova nel carpirlo….
“….Se c’è un verde in Paradiso, sicuramente è quel verde, il vero colore della speranza”.
E ancora…..
“…..un raggio verde, ma di un verde meraviglioso, di un verde che nessun pittore può ottenere sulla sua tavolozza, un verde di cui la natura né la varietà dei vegetali, né del colore del mare più limpido, ha mai riportato la sfumatura…..”
Un lampo, un bagliore, una frazione di secondo. Ma quanta emozione anche in così poco, in una traccia, in un battito di ciglia…..
Ecco! L’emozione! Forse per provarla basta -anche in assenza di un fenomeno così raro e senza scomodare il libro di un grande scrittore- farsi sorprendere da quel che capita, da quel che arriva–anche un’estate imprevedibilmente capricciosa o “troppo” verde- e gioire ugualmente di ciò.