Intervista a Chiara Boni
Nel firmamento della moda italiana, da sempre Chiara Boni segue un suo percorso particolare, che ha avuto inizio a Firenze negli anni ’70 (dopo un importante “noviziato” londinese) all’insegna dell’ironia e della voglia di sperimentazione continua. Tuttora informalità e carica innovativa sono rimasti i connotati salienti della sua moda, comunque attenta al rigore e all’eleganza. La bionda stilista toscana, “eterna ragazza” dai mille interessi (impegno politico-intellettuale incluso), ci ha concesso questa intervista.
1) Oggi esiste nella moda un’esperienza assimilabile a quella del gruppo UFO negli anni ’70, che mescolava tendenze moda, design e architettura in modo originale?
Il “melting-pot” degli anni ’70 è un’esperienza irripetibile. Oggi esistono sicuramente stilisti che prendono spunto dall’arte, ma non èla Factory di Andy Warhol!
2) Il Suo innato amore per la sperimentazione come si esprime oggi? Si fa ancora ricerca nella moda italiana?
A mio parere la sperimentazione che si può fare oggi è principalmente sui materiali. La vera nuova “rivoluzione” della Moda avverrà quando potremo vestirci di un tessuto impalpabile capace di non farci sentire freddo con dieci gradi sotto lo zero e caldo nel pieno dell’estate. Tutto questo perché la nostra vita procede in direzione del “risparmio degli spazi”.
3) Nel Suo percorso stilistico Lei si è sempre apparsa attratta dal “diverso”. Qual è il “diverso” che oggi attira la Sua attenzione?
Il “diverso” che attrae la mia attenzione, oggi, è il “quotidiano multiuso”.
4) Come nasce la linea “La Petite Robe”? A che donna si rivolge?
Essendo io stata una grandissima viaggiatrice, La Petite Robe nasce dall’esigenza di creare abiti che potessero prendere poco spazio e che potessero uscire “intatti” dalla valigia.
5) Può un abito dare personalità?
Siamo noi che diamo personalità ad un abito!
6) In quali direzioni sta andando il Suo stile?
Il mio stile sta assumendo un connotato “metropolitano”. Donne che lavorano e che spesso non rientrano a casa a cambiarsi prima di uscire la sera.
7) Quali sono i caratteri distintivi e i punti di forza della Sua moda nel tempo?
La femminilità, la pulizia delle linee e la grazia.
8) Che strategia distributiva adotta per le Sue creazioni?
Non sono io ad occuparmi del commerciale, comunque vendiamo soprattutto dal nostro show-room di Milano e da quello di New York.
9) Cos’è cambiato nella moda italiana dai tempi dei Suoi esordi con “You Tarzan Me Jane”?
Tantissimo, allora nasceva la Moda Giovane, che non esisteva affatto. Quella è da considerarsi una delle grandi “rivoluzioni” della Moda.
10) Cos’è l’eleganza per Lei? E la femminilità?
L’eleganza è un istinto naturale al sapersi muovere nei propri vestiti e al saper prendere le distanze dalla moda. Una fashion-victim non sarà mai elegante.
La femminilità è dolcezza.
11) Chi stima di più tra i Suoi colleghi? E tra i clienti? Chi Le piacerebbe vestire?
Di colleghi ne stimo tanti per motivi diversi: Armani per l’invenzione della “donna moderna”, Prada per la sua ricerca, Azzedine Alaïa per il suo inconfondibile amore per il corpo femminile e potrei andare avanti a lungo. Io non ho molti rapporti con i clienti, non occupandomi del commerciale. Mi piacerebbe vestire Uma Thurman forse, in realtà non ho delle vere icone.
12) Quali sono le maggiori criticità per chi produce moda oggi?
Noi nel nostro piccolo non ne riscontriamo perché abbiamo “indovinato” un prodotto Made in Italy dal tessuto alla produzione. Credo che per le aziende italiane il problema sia focalizzare un obiettivo senza dispersione di costi.