L’inimitabile Elsa Schiaparelli
I primi decenni del secolo scorso hanno assistito ad epocali cambiamenti sociali e politici che hanno modificato radicalmente i tratti somatici del nostro Vecchio Continente. Prima di allora non si erano mai avvicendate, in un lasso di tempo così breve, trasformazioni che avrebbero decretato la nascita di una società completamente rinnovata, nella quale i capisaldi di un tempo avrebbero assunto un ruolo assolutamente diverso.
Appare quindi lapalissiano attribuire alla nascita di questo “nuovo mondo” lo sviluppo di correnti artistiche e letterarie, cosiddette d’avanguardia, che diventano lo specchio di una moderna percezione della realtà.
Parallelamente alla letteratura e all’arte, anche la moda subisce delle radicali trasformazioni e si avvicendano creatori che, in modi a volte complementari, a volte indipendenti, interpretano gusti e bisogni del nuovo pubblico.
La figura di Elsa Schiaparelli è emblematica di quanto l’abbigliamento diventi da un lato lo strumento attraverso cui testimoniare il cambiamento e dall’altro, alla pari dell’arte e della letteratura, una tela bianca su cui trasferire nuove concezioni e nuovi sistemi di pensiero.
Nonostante non rientrasse tra le sue ambizioni -il sogno era diventare una scrittrice- creare abiti era di sicuro il destino della nobildonna piemontese, a giudicare dall’innato talento, fonte di buon gusto ed eleganza. Una vita movimentata, divisa fra Roma, Londra, New York e Parigi, le permise di entrare in contatto con i maggiori circoli culturali e artistici dell’epoca e di condividere idee ed esperienze con figure del calibro di Dalì, Duchamp, Man Ray, le cui influenze sono ben visibili in gran parte delle sue creazioni.
La prima esperienza nel mondo della moda, la Schiaparelli la ebbe con l’abbigliamento sportivo. Dalla fine del XIX secolo la cultura del corpo e l’attività sportiva divennero una moda diffusa e anche le donne cominciarono a praticare discipline come il golf, il tennis, lo sci e il nuoto. Tale contesto giustificò l’ideazione di un abbigliamento specifico e così la stilista nel 1927, a Parigi, presentò la sua prima collezione, connotata soprattutto da maglieria dai colori brillanti, ispirata al Futurismo e a Poiret. Quest’ultimo può essere considerato il fattore determinante nella scelta della giovane Elsa di dedicarsi alla creazione di abiti. Lo considerava il “Leonardo della Moda” e i suoi due principali segni distintivi, il colore e il ricamo, furono sempre protagonisti indiscussi nelle creazioni della stilista.
Il capo che poco tempo dopo la lanciò definitivamente nel mondo della moda fu
un particolare golf, caratterizzato da un punto a maglia ottenuto con due fili di lana, che permetteva di avere un modello più consistente rispetto alla tradizionale maglieria europea e soprattutto di creare effetti di disegno utilizzando i due fili di colore diverso. Il primo pezzo di tale produzione, che presentò al pubblico, fu un golf “trompe-l’oeil” su cui campeggiava il disegno di un grande nodo a forma di papillon sul davanti, come una sciarpa arrotolata intorno al collo. Il nuovo capo ebbe un successo immediato e s’impose a Parigi come tendenza imperante tra le attrici e i personaggi da rotocalco.
Dopo un successo di così vasta portata, il passo dall’abbigliamento sportivo all’alta moda fu veramente breve. All’inizio degli anni Trenta Elsa Schiaparelli aveva un proprio atelier nel centro di Parigi e aveva già imposto una precisa idea di femminilità.
In quegli anni stava prendendo piede una nuova immagine femminile, la donna non era più su un piano gerarchicamente inferiore rispetto all’uomo, ma aveva raggiunto una sofferta parità, prima di tutto in ambito lavorativo e sociale. Ora che le donne non erano solo madri e mogli, ora che il sesso femminile non viveva più all’ombra del “maschio” ma si poneva nei suoi confronti in un rapporto paritario e quindi anche competitivo, era necessario riformare l’immagine estetica, allo scopo di trasmettere anche visivamente un necessario ed inevitabile cambio di rotta.
La donna doveva suggerire forza e indipendenza e a tal fine la Schiaparelli propose una silhouette dritta e slanciata, che seguisse morbidamente le forme muliebri e contemporaneamente evidenziasse una rinata consapevolezza attraverso il potenziamento delle spalle, squadrate e rinvigorite da soffici imbottiture. I ricami, le decorazioni e i colori andavano poi a impreziosire l’immagine nel suo insieme, per chiarire che, nonostante l’affacciarsi di un nuovo ruolo, la donna non avrebbe mai rinunciato all’eleganza e alla femminilità che le erano proprie.
Il dato che più di ogni altro distingue l’attività della stilista piemontese dalla maggior parte degli altri creatori è la concezione della moda stessa. Per la Schiaparelli creare abiti non fu mai un’azione fine a se stessa, ma significò sempre indagare i nuovi tratti della società e della cultura cercando di trasferirli sulle sue creazioni attraverso una continua sperimentazione. E non si trattò soltanto di ricerca tecnica, ma anche e soprattutto antropologica e intellettiva, la moda come strumento di comprensione ed espressione delle dinamiche sia sociali sia prettamente interiori, culturali ed artistiche.
A conferma di tale concezione maturata negli anni, sono emblematiche le creazioni nate dalla metà degli anni Trenta in poi, studiate e realizzate sulla scia dell’influenza surrealista. L’obiettivo del movimento surrealista era dare libero sfogo all’immaginazione poetica, al sogno, all’inconscio attraverso la rottura di tutti quei vincoli razionali che rinchiudevano l’uomo in una realtà predefinita e convenzionale. L’accostamento di realtà apparentemente distanti era lo strumento principale per giungere alla libera creazione d’immagini prive di significato e di scopo che avrebbero fatto rinascere la vera forza interiore del soggetto. L’altra faccia della medaglia di tale movimento fu considerare anche l’essere umano e in particolar modo la donna come un insieme di parti che potevano essere scomposte ed utilizzate senza un’evidente logicità. La figura femminile venne considerata dal punto di vista della sola sensualità ed elementi corporei quali le labbra, da sempre simbolo di erotismo, ridotti a puri feticci. Un’opera rappresentativa in tal senso è il grande divano a forma di labbra rosa shocking, ideato da Dalì e posizionato proprio nell’atelier della Schiaparelli.
Elsa fu notevolmente influenzata dalla nuova avanguardia artistica e dal 1936 in poi concepì abiti che diedero libero sfogo all’espressione del proprio mondo interiore . Il primo grande passo in questa direzione fu decretare il significato che avrebbe dovuto assumere la figura femminile. Per la stilista la donna non era solo un corpo da decorare per evidenziare e trasmettere un preciso status sociale, obiettivo che aveva raggiunto nelle sue precedenti collezioni. Essere donna, a partire dal 1936, significa anche possedere una profonda interiorità, un Es, una psiche dalla quale non è possibile prescindere. E proprio a causa di tale concezione iniziò a dare libero sfogo alla sua creatività, trasferendo sugli abiti i pensieri più variegati che partoriva attraverso disegni e decorazioni che in apparenza non avevano una precisa razionalità proprio perché erano frutto dell’immaginazione poetica della loro creatrice.
La prima collezione che seguì fino in fondo questo nuovo approccio fu quella della primavera del ’38, dedicata al circo. Ne seguirono tante altre, ispirate a temi ben precisi che provenivano dai ricordi infantili, dalle mille esperienze in giro per il mondo e in generale dal suo immaginario. Anche se superficialmente mancanti di un’immediata logicità, per Elsa quel criterio era il solo modo di esprimere l’immenso universo interiore femminile.
Verso la metà degli anni ’40 la Schiaparelli si ritirò dalle passerelle. Con la fine della guerra erano nate nuove influenti classi sociali, i nuovi ricchi avevano preso il posto della vecchia aristocrazia, e di conseguenza erano cambiati i gusti e le esigenze. I nuovi borghesi volevano apparire, avevano il bisogno di palesare l’abbondanza in cui vivevano anche attraverso l’abbigliamento. E lo stile di Elsa non era per niente in linea con il nuovo pubblico, in quanto troppo raffinato e incomprensibile ai più. In questo contesto trovò terreno fertile la nascita del New Look e di figure come quella di Christian Dior che esaudivano le richieste della clientela pagante attraverso abiti che assecondassero desideri di opulenza e apparenza.
“1947, quando suonarono le campane a morto, quando il New Look, abilmente immaginato, superbamente finanziato e, infine, lanciato con un fracasso assordante di pubblicità, diede il colpo finale alla più breve esistenza di tutta la storia della moda”.
Il breve ed incisivo commento della Schiaparelli, contenuto nelle sue memorie, sul mutamento di quegli anni fa intuire quanto il suo genio creativo fosse inadeguato alle nuove esigenze dell’emergente ricca borghesia internazionale.