L’irresistibile shopping di Monsieur Arnault in via Condotti
Bulgari si fa impalmare da LVMH e così un altro simbolo del lusso made in Italy cambia bandiera (“Dal lusso al lutto” ha titolato Dagospia, mentre Santo Versace al contrario si è rallegrato in nome dell’europeismo: “Abbiamo bisogno di colossi europei” ha affermato).
I fatti in breve sono questi: il 7 Marzo scorso è arrivato quasi a sorpresa l’annuncio che la famiglia Bulgari, azionista di maggioranza della prestigiosa maison di gioielli e accessori d’alta gamma, ha deciso di allearsi con il gruppo francese LVMH (di cui è patron l’ultra-intraprendente Bernard Arnault). I Bulgari (Paolo e Nicola) e l’amministratore delegato Francesco Trapani hanno firmato un contratto di conferimento della loro partecipazione azionaria (pari al 50,4%) a favore del colosso del lusso transalpino, il quale rileverà il controllo dell’azienda italiana con uno scambio di titoli ed un’offerta pubblica d’acquisto per 1,83 miliardi di euro (sborsando ben 12,25 euro per azione, donde il boom in Borsa). L’operazione vale 3,7 miliardi di euro, una parte dei quali destinata al delisting da Piazza Affari, mentre 1,87 miliardi vanno ai Bulgari, che diventano il secondo azionista familiare in LVMH (col 3,5%) dopo lo stesso Arnault (47,6%) e a breve nomineranno due propri rappresentanti nel Consiglio d’Amministrazione d’Oltralpe, mentre l’a.d. Trapani tra pochi mesi andrà a capo della divisione gioielli e orologi di LVMH.
Il medesimo Trapani, cercando di prevenire piuttosto che sopire le inevitabili reazioni scorate sollevatesi in patria sull’onda dei primi comunicati stampa, ha diplomaticamente sottolineato che si tratta di una mera partnership, finalizzata a condividere esperienze con LVMH e conseguire risparmi grazie a sinergie. Insomma, un’opportunità e non una minaccia. A colpire di più, comunque, è stata la sua franca ammissione di non essere riuscito a costituire un polo del lusso italiano basato su una rete di alleanze, non avendo trovato interlocutori disponibili né un sistema-Paese adeguato ad affrontare le sfide di un mondo globalizzato. E’ questa la vera notizia da approfondire e su cui riflettere seriamente! Del resto, il fatto che Prada abbia deciso di quotarsi a Hong Kong la dice lunga sulla nostra realtà.
E allora ne approfitta Monsieur Arnault, tanto astuto quanto fornito di mezzi, che si sta sempre più rivelando il vero asso pigliatutto del lusso continentale, attuando una perfetta diversificazione dei suoi business e mostrando un palese interesse per le aziende eccellenti del made in Italy (Fendi, Emilio Pucci e Rossimoda sono già sue). Dopo Bulgari per il comparto gioielli, quale sarà il suo prossimo obiettivo di shopping nel Belpaese? Si fa il nome di Armani, ma per ora sono solo rumors. Certo che nessuno come King George consentirebbe a LVMH di consolidarsi potentemente nella moda”¦
Ma non dimentichiamo che sono anche altri gli amanti della “caccia grossa” tra i fashion brand italiani: la francese PPR di François-Henri Pinault si è già aggiudicata pezzi da novanta come Gucci e Bottega Veneta, il fondo britannico di private equity Permira ha rilevato la maison Valentino e, buon ultimo, Paris Group di Dubai ha acquisito Gianfranco Ferrè.
E noi stiamo sempre a guardare come le stelle di Cronin.