L’ eleganza allo specchio
Ad uno squisito arbitro di eleganza quale fu il grande fotografo, scenografo e costumista inglese Cecil Beaton (1904-1980), Rizzoli USA ha dedicato la ristampa di “The Glass of Fashion”, in un’edizione davvero sontuosa che sulla copertina rossa riporta un delizioso figurino di Balenciaga. Affettuoso ritratto di un’epoca e dei suoi protagonisti, questo libro del 1954, ormai un classico, fu pubblicato per la prima volta in Italia da Garzanti nel 1955 col titolo “Lo specchio della moda” (mirabilmente tradotto da Ada Fava) e ancora oggi rappresenta una valida guida di stile e di vita tout court, proposta da Beaton con garbo e senza velleità dandistiche.
In sostanza, raccontando “una storia personale di 50 anni di gusti che cambiano e delle persone che li hanno ispirati”, come spiega il sottotitolo, il volume ci esorta all’eccellenza, ovvero alla bellezza, allo stupore, alla dignità, in breve a valorizzare la nostra personalità, liberandola così dalla mediocrità circostante che sembra inghiottire e omologare tutto. In 18 capitoli, splendidamente illustrati da oltre 150 disegni dello stesso Beaton, scorrono i caratteri e le influenze di “giganti” della prima metà del ‘900 come Chanel, Dior, Schiaparelli, Balenciaga, la divina Marchesa Casati, oltre a tanti altri forse meno noti oggi, ma ugualmente importanti in termini di incidenza che hanno esercitato sulla moda del nostro tempo.
Per noi il “succo” di quest’opera colta e brillante di Beaton è che solo il gusto personale potrà salvare la moda e l’umanità stessa: “Soltanto il gusto personale può creare veramente lo stile o la moda, perché non si preoccupa di procedere sulla scia degli altri” scrive il geniale fotografo, per cui dunque, “qualsiasi cosa scelga una persona di gusto, la scelta sarà sempre dettata da un profondo istinto, da un bisogno spirituale che stima e valuta veramente quella particolare cosa”. E poi spiega in modo esemplare: “Il gregge che segue il gusto senza speranza di raggiungerlo mai, non arriva a questa distinzione perché non fa nulla per coltivare seriamente se stesso o la sua latente personalità”.
Cecil Beaton fu davvero un uomo di sommo fascino e rara eleganza, dotato di un buon gusto senza pari che, assieme alla solida preparazione tecnica, concorse senz’altro a farne un “mito” ed a fargli vincere ben due premi Oscar come costumista (per “Gigi” nel 1958 e “My Fair Lady” nel 1964: chi non ricorda l’abito in bianco e nero indossato da Audrey Hepburn in quest’ultimo film?). Così, divenne un’icona di moda egli stesso, considerato un dandy forse contro le sue stesse intenzioni, dal momento che il suo credo estetico rimase sempre questo: “E’ proprio nell’atto della scelta che manifestiamo il nostro io più profondo e l’individualista riesce a farci vedere l’oggetto prescelto con occhi nuovi, con i suoi stessi occhi”.
Beaton disegnò anche scene e costumi teatrali, come quelli per una produzione della “Turandot” di Puccini al Metropolitan Opera House di New York e poi al Royal Opera House a Londra. Suo è persino l’abito accademico della University of East Anglia.
Arguto e creativo, lavorò a lungo per “Vogue” realizzando foto entrate nella storia, giocate su singolari accostamenti, spesso ironici, che gli permisero di unire il mondo scenografico alla vita quotidiana. I suoi ritratti (solo per citarne alcuni, ricordiamo Marilyn Monroe, Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Audrey Hepburn, i fratelli Marx, Natalie Paley, Greta Garbo) sono all’insegna di metafore armoniche dove i personaggi della cultura e dello spettacolo sono raffigurati insieme ai gesti, alle espressioni e agli oggetti che li caratterizzano. Comunque Beaton non si limitò esclusivamente alla moda e al mondo dello spettacolo, ma fu altresì inviato di guerra (tra il 1939 e il 1945 ricoprì il ruolo di fotografo ufficiale del Ministero dell’informazione Britannico).
Dalle star hollywoodiane alle top-model, dai tableaux vivants a scene belliche, immortalò veramente di tutto soffermando il suo sguardo, infine, soprattutto sull’avanguardia artistica: Pablo Picasso, Getrude Stein, Jean Cocteau, Salvador Dali, Lucien Freud, Henry Moore, Igor Stravinsky, Francis Bacon. Addirittura Keith Richards, Mick Jagger e Andy Warhol posarono per lui.
Per concludere, un aneddoto riguardante il ritratto che Beaton fece della nostra Marchesa Casati: l’eccentrica nobildonna si infuriò per una foto (divenuta poi celeberrima) scattata senza la sua autorizzazione e, per vendicarsi dell’offesa subita evocò con una tavoletta ouija gli spiriti infernali contro Beaton. Ma evidentemente egli era immunizzato contro simili attacchi!
Fotografo, scrittore, caricaturista, illustratore, scenografo e costumista, Cecil Beaton sicuramente riuscì a vivere all’altezza delle sue convinzioni. In effetti scrisse che bisogna essere “audaci, diversi, assolutamente non pratici, e asserire l’integrità dell’intenzione e dell’immaginazione contro coloro che si muovono al sicuro, le creature dei luoghi comuni, gli schiavi dell’ordinario”. Con la sua arte e la sua vita straordinaria all’insegna dell’eleganza ci riuscì.