La Bontà della Bellezza
Lo diceva già Platone: “Il bello è l’aspetto visibile del bene e il bene, per farsi riconoscere, è bello”.
Cercare il significato profondo di questo concetto è da sempre motivo di studio, di introspezione, di approfondimento da parte di poeti, filosofi, scrittori.
L’argomento è quasi inenarrabile….
E poi, per caso o per altro, ci si scontra con qualcosa che ne è la prova tangibile, la sorprendente testimonianza, la rassicurante certezza.
“La bellezza non ha causa: esiste..”, scriveva una delicatissima Emily Dickinson.
“Parlo della bellezza, non ci si mette a discutere su un vento d’aprile. Quando lo si incontra ci si sente rianimati….”, affermava uno sferzante Ezra Pound.
“Perché ricerchiamo quella rivelazione, quell’epifania che definiamo bellezza?….Perché ricercare e custodire la bellezza è la via privilegiata per onorare il compito che attende la nostra vita….”, ci mostra la seconda di copertina dell’ultimo libro di Vito Mancuso, “La via della bellezza”.
“Gioire al cospetto di quelle opere e di quegli eventi capaci di stringerci il cuore”……
Che meraviglia!
Abbiamo avuto la fortuna recentemente, nell’ultimo scorcio dell’anno appena passato, di emozionarci almeno tre volte per qualcosa di simile….
-Una fredda ma luminosa mattinata di fine Novembre ha fatto da sfondo all’esperienza di un percorso davvero unico.
A Bergamo, nella sede dell’ospedale Humanitas Gavazzeni, già di per sé meravigliosa a vedersi, ha preso il via l’esperimento -che durerà fino a Dicembre 2019 e che si protrarrà poi in altra modalità per tre anni- dell’incontro tra arte e “cura”.
Sì, la bellezza terapeutica.
25 capolavori dell’Accademia Carrara di Bergamo -prestigioso fiore all’occhiello della città- vestono in un formato maxi le pareti degli ospedali Humanitas Gavazzeni e Castelli per portare conforto e lenire le attese di chi vive momenti di ansia e di sofferenza. 400 metri quadrati di arte e dettagli inusitati -grazie alla attenta riproduzione in scala “over” di ogni pennellata- dove il concetto del “prendersi cura” è messo al centro di tutto.
LA CURA E LA BELLEZZA, il titolo. Ed è già questo un programma…..
“San Gerolamo che leva la spina al leone”, di Roger van der Weyden e bottega, troneggia e fa da protagonista per la sua intrinseca simbologia; “Le nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria” di Lorenzo Lotto incantano mentre si fa la coda per prenotare una visita; “Le storie di Virginia” di Botticelli, nel loro grandioso snodarsi lungo il corridoio che porta alle palestre di riabilitazione, alleggeriscono la fatica di chi è precario nei movimenti; il “San Sebastiano” di Raffaello, col suo languido e penetrante sguardo, allevia i pensieri di chi si trova ad attendere esiti ignoti; la “Veduta della piazza grande di Bergamo” di Costantino Rosa, con il suo significato di allegra coralità, fa del bar della struttura ospedaliera un punto d’incontro rilassante e libero da tensioni…..
E poi Canaletto, Bellini -la sua gigantesca “Madonna col Bambino” blocca lo sguardo e risolleva anche l’animo più cupo!-, Hayez, Antonello da Messina….
Tutti vengono coinvolti -le opere sono stare selezionate e scelte da medici, infermieri e dipendenti Humanitas-, tutti ne fruiscono -didascalie chiare ed esaustive spiegano e accompagnano ogni pezzo-, tutti ne traggono beneficio -ogni visitatore e/o paziente può godere di ciò-.
L’idea di “fidarsi e affidarsi”, il desiderio di “qualcosa di bello da creare”, la fiducia del concetto di “cura come relazione” e della sua sinergia con la bellezza….sono i concetti espressi da Giorgio Gori, sindaco della città, per descrivere la passione e la dedizione messe in questa esperienza.
Lenitive le parole di Giuseppe Fraizzoli, Amministratore delegato di Humanitas Gavazzeni e Castelli: “Occorre accorgersi della persona -non dimenticarsi di lei- e la mostra ha l’obiettivo di rendere palese come il lavoro del medico racchiuda in sé il valore del “fare il bene” anche attraverso lo sguardo. Esiste una bellezza intrinseca al gesto medico, al tratto di chi si prende cura dell’altro”.
Orgoglioso e felice il volto di Giampietro Bonaldi, Direttore Operativo di Accademia Carrara mentre spiega che: “Il legame fortissimo tra cura e bellezza che si è evidenziato in questa avventura straordinaria ci ha fatto pensare a una sorta di nuovo e inatteso mecenatismo”.
Sì, abbiamo pensato noi nell’apprestarci ad uscire per rientrare nella nostra quotidianità.
Siamo sempre stati certi che ogni persona sia un’opera d’arte meritevole di essere amata, trattata, curata….come tale. Di grande consolazione aver visto come questo sia nel cuore di molti.
-Da Bergamo….a Napoli….passando per Milano….
Una donna travolgente e carica di energia ci ha raccontato un progetto di bellezza “diversa” e “rinnovata”.
Nella centralissima sede milanese del CIAL -Consorzio Imballaggi Alluminio- si è tenuta il 3 di Dicembre la conferenza stampa di presentazione di NAPOLI EDEN -anche in questo titolo una promessa non indifferente!-, il lavoro artistico di Annalaura di Luggo (promosso e sostenuto dal CIAL) volto a trasformare quattro luoghi topici di Napoli grazie a installazioni interamente “costruite” con materiale di scarto -in una perfetta idea di economia circolare- per (ri)dare vita a ciò che pareva non averne più.
La vulcanica artista, già avvezza a iniziative fuori dal comune (“Ho lavorato con i ciechi, e gli occhi che non vedono accendono una luce interiore…”), ha come scopo un riutilizzo consapevole -una trasfigurazione- dell’inutilizzato per fare di esso un’opera d’arte.
L’alluminio usato in ambito artistico per dare a Napoli, con la sua “capacità di rigenerazione incredibile”, un volto festoso -dal 7 Dicembre 2018 al 10 Gennaio 2019- dove scompaiano gli stereotipi ed emerga il “desiderio di un mondo migliore”.
L’alluminio pensato come elemento di rottura, forte ma malleabile, opaco ma luminosissimo, discreto ma attraente….
Quattro luoghi simbolici, abbiamo detto. Quattro installazioni diffuse in altrettante piazze storiche. Quattro opere incredibili descritte con tale enfasi emotiva da poterle intuire prima ancora di averle viste….
Un’ipotesi di “giardino artistico” dove riuscire a trovare, riciclando e modificando con creatività il “dimenticato”, motivo di riscatto e di rinascita.
Il rimando metaforico è sotto gli occhi di tutti. E fa volare!
L’appassionata artista coinvolge tutti i sensi, utilizza le tecniche più disparate, scolpisce, fotografa, filma…..in una instancabile ricerca di senso, in una disseminazione preziosa di luci abbaglianti, di gibigianne gentili, di colori inattesi…..
Ci piace riportare parole che ci hanno colpito:
“….Napoli Eden è il modo in cui l’utopia dell’arte traduce il suo non luogo, che nella fantasia, nel reale, in ciò che non serve ad un bisogno specifico….insegna la bellezza del gesto, del dono, in una città bene di tutti e non casa di nessuno…..dove frammenti scintillanti danno il via a un nuovo big bang….linguaggio trasversale capace di dare luce ad una riflessione sul tema della rinascita e della responsabilità civile e sociale…”….
Ecco allora la prima a Piazza Municipio: TRÌUNPHUS.
Un gigantesco cubo che, come una “casetta/rifugio”, offre due ingressi per potervi accedere.
“Entrare dentro lo scarto per capire”…..
Lamelle leggere di alluminio poste sul tetto, luci nascoste per rendere magico l’impatto scenografico. Il tempo sospeso, lo spazio reso contemplativo, la sosta complice di lentezze ritrovate.
PYRAMID, la seconda, in Galleria Umberto I.
Un altissimo albero/non albero, integrato alla magnificenza della “sede ospitante”, alla cui realizzazione -con scarti di alluminio- hanno partecipato i bambini e i ragazzi dei quartieri spagnoli in un gioco corale e terapeutico.
“Tutto si trasforma e in questo divenire può stare il divenire di tutti noi.” “Sulla sua sommità…..una stella cometa che indichi una strada…”….
Un’opera piccola e interattiva, dallo spirito carnevalesco e gioioso, la terza: GÈMINUS, posta a Largo Baracche.
Vedo/Non vedo, luce e buio, occhi che custodiscono, iridi che catturano….
“Napoli emerge attraverso l’innocenza di una nuova visione e dallo scarto, dal rifiuto; da ciò che è apparentemente degrado rinasce in un nuovo possibile Eden”….
Per finire, uno slancio verso il cielo. Svettante e sinuosa l’opera denominata HARMÒNIA, in Largo Santa Caterina.
Un intreccio colorato di tubi flessibili e luminescenti a dare significato a tutta l’operazione artistica dell’eclettica Annalaura in quanto “nella finzione dell’albero metallico si racchiudono i motivi fondanti di un’opera d’arte concepita con criteri poetici di cui sono componente fondamentale gli scarti dei processi produttivi….ricchezza che utilizzata nel linguaggio alto dell’arte diventa esemplare e stilistica”.
A conclusione della rutilante manifestazione, intorno a PYRAMID, una sfilata di dodici indossatrici -a simbolo dei dodici mesi dell’anno- coordinate dalla nota costumista Graziella Pera darà vita alla visione di abiti scultura realizzati in alluminio riciclato.
Uno scalpiccio dei piedi sui tappeti metallici, un volteggiare musicale delle inusuali “stoffe”, una rincorsa tra uno specchio e una piccola lastra……
Facile ritornare con la memoria all’uomo di latta del Mago di Oz.
Tante lotte, tante sofferenze, tanti cedimenti, ma poi, in premio, un cuore pulsante foderato di seta pronto a vivere di nuovo la bellezza dell’incontro…..
-Ancora freddo, ma ancora sole nel cuore del parco Sempione, a Milano. Un 5 Dicembre dal clima quasi gentile, foriero di momenti tiepidi nelle ore a venire.
Siamo in anticipo rispetto all’inizio dell’atteso appuntamento con altra bellezza, ma ne siamo quasi contenti. Una breve passeggiata nei dintorni della Palazzina Appiani -luogo preposto per “l’incontro”-, uno sguardo frettoloso ai pochi frequentatori del parco nell’ora mattutina, una boccata di verde offerta dalle piante secolari affinché i polmoni ringrazino….
Arriva un’auto scura. È lui. È il Maestro.
Scende con la baldanza di un ragazzo, con l’eleganza di sempre, con il sorriso di chi ne ha padronanza.
Oggi viene presentato dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte il libro di Gian Luca Bauzano, lodevole firma del Corriere della Sera e appassionato studioso di moda e cultura di moda, dedicato a Roberto Capucci e alla sua arte.
“LO SCULTORE DELLA SETA Roberto Capucci, il sublime nella moda”. Questo il “morbido” e accattivante titolo del volume della collana “Mestieri d’Arte” curata dalla Fondazione Cologni per Marsilio Editori.
Siamo qui in tanti -il parterre è davvero prestigioso- per onorare questo evento e per omaggiare il “Tesoro Vivente” (così la definizione che il Giappone attribuisce ai suoi più illustri e prodigiosi talenti).
Abbiamo sperimentato personalmente e a lungo nel tempo la meraviglia di lavorare con lui e con le persone a lui vicine, ma stringergli la mano è ogni volta un’emozione.
Ascoltiamo con attenzione le parole spese da Alberto Cavalli, Direttore Generale della Fondazione Cologni e di Franco Cologni, Presidente della medesima. Sono parole affettuose, chiare, emblematiche. Hanno il sapore di chi è abituato a descrivere ogni volta in maniera diversa qualcosa che ha sempre da rivelare qualcosa d’altro.
Assaporiamo in perfetto silenzio quel che Capucci racconta riguardo al momento in cui ebbe il privilegio di salire sui ponteggi del restauro della Cappella Sistina per toccare con la punta delle dita il famoso “rosso bello”, il rosso di Michelangelo, ancora da lui inseguito…..
Ci soffermiamo a sfogliare il bel libro dalla carta elegantemente patinata e a seguirne lo svolgersi mentre il suo autore ne descrive con voce squillante e incisiva il ricchissimo contenuto.
La storia di un racconto di vita, di premi, di successi, di ricordi, di colori, di forme, di viaggi, di fantasie, di sperimentazioni nella bellezza. La storia dell’amore per il disegno preciso, per il tratteggio vibrante, per la manualità instancabile. La storia di un patrimonio straordinario che, sotto forma di materiale spesso inedito, diventa “pozzo” inesauribile da cui attingere e attingere e ancora attingere….
E poi abiti meravigliosi, segreti rivelati, sogni esplosi, dettagli messi in evidenza per ispirare e seguirne la scia….
“Una sorta –parole di Franco Cologni– di poetico manuale per giovani creativi….perché Roberto Capucci, raffinato interprete dell’alta maestria italiana, ha saputo scrivere parole che oggi i giovani dovrebbero imparare a memoria: arte, mestiere, talento, competenza, lavoro, visione, coraggio, bellezza”.
Ancora lei, la bellezza. C’entra sempre, e non ci si stanca di nominarla. Nella sua prorompenza non è mai esagerata, nella sua intensità non è mai invadente.
Ci chiama ogni volta che si affacci al nostro sguardo ed è, come dice Kant, “oggetto di compiacimento universale”.
Che sia un buon anno quello appena iniziato, dunque.
E -a questo punto- anche bello.