La’ dove vola la creatività
Il cuore del design batte a Milano. L’edizione 2011 del Salone del Mobile, che ha compiuto 50 anni accogliendo ben 340mila visitatori in sei giorni (oltre la metà provenienti dall’estero, vale a dire 160 Paesi diversi), è la dimostrazione di come il nostro Paese, quando fa sistema, centra tutti gli obiettivi e va oltre le aspettative. Il capoluogo lombardo, in particolare, ha confermato la sua capacità di diventare il baricentro mondiale del mondo della creatività, della cultura, dell’industria, dello shopping in occasioni ben specifiche: le sfilate di moda e le esposizioni di design appunto, ovvero tutto ciò che fa della creatività e dello stile fenomeni culturali non fine a se stessi, ma dotati di sottofondo pragmatico solido. Così, se l’aspetto fieristico di tali manifestazioni resta sostanziale, è sempre accompagnato da momenti mondani e riflessive che stimolano un flusso di idee e di vivacità.
Cosa ci insegnano queste esperienze positive? Che dovremmo puntare maggiormente su “magneti” a così alto potere attrattivo, in grado di alimentare un indotto di cospicue proporzioni con effetti leva grandiosi e, soprattutto, di stimolare altra innovazione, inventiva, fantasia, gusto, in un circolo virtuoso che coniuga sapere umanistico e scientifico, portando in primo piano la componente estetica del prodotto seriale.
La Milan Design Week è stata una vetrina impeccabile dell’eccellenza italiana, superando a pieni voti la sfida di comunicare al mondo il know-how del nostro sistema arredo, fatto di qualità top, ampi assortimenti, immagine di prestigio tale da permettere a molti oggetti made in Italy di entrare nei più autorevoli musei del pianeta. Nei giorni scorsi la città ambrosiana appariva quasi “trasfigurata”, divenuta “museo diffuso” per la presenza su tutto il suo territorio di decine e decine di mostre, installazioni, workshop, proiezioni, concerti, eventi vari che, se non hanno distratto l’attenzione dalla “stella polare” del Salone (ovvero il polo fieristico di Rho-Pero, nei padiglioni progettati da Massimiliano Fuksas), hanno portato “l’onda creativa” delle migliaia di visitatori a lambire ogni angolo metropolitano.
Esportati in tutto il mondo (per un valore di 10 miliardi di euro), i mobili italiani sono ambasciatori del gusto tout court del Bel Paese, del suo stile di vita, della sua passione per le cose belle e ben fatte. Non è un caso se la dimora del Sultano del Brunei è arredata con oggetti brianzoli o se gli infissi del restaurato Cremlino sono made in Italy. In effetti, così come nella moda, anche nell’interior design siamo capaci più di tutti non solo di realizzare pezzi classici con materiali di alta qualità, ma anche di “fare ricerca”, studiare e applicare nuove forme e materie d’avanguardia, ricorrendo alla collaborazione dei migliori creativi internazionali che, anche quando sono stranieri, si imbevono totalmente dello spirito italiano, nella costante consapevolezza che la casa è prima di tutto un luogo di affetti e di emozioni in cui l’estetica è un gioco di armonie. Non dimentichiamo poi l’estrema flessibilità delle nostre aziende, le quali praticano, oltre alle produzioni standard, lavori su misura in grado di soddisfare le esigenze più peculiari. Si tratta di imprese che, nate artigianali, si sono poi sviluppate su dimensione industriale, ma hanno conservato tutto il know-how della loro tradizione talvolta centenaria. Insomma, anche se lo stacco culturale da ieri a oggi è evidente, potremmo dire che mentre i mobilieri non si vergognano di farsi chiamare ancora così, nella moda i sarti hanno voluto diventare stilisti, perdendo forse un po’ della loro sapienza manifatturiera e del contatto con la realtà empirica.
Quello del mobile-design è dunque un settore che dimostra come si possa essere performanti anche in periodi di crisi. E forte di questo, il Presidente Assarredo Giovanni Anzani ha chiesto al Governo di farsi promotore in sede comunitaria di una maggior tutela della proprietà intellettuale, di una certificazione di qualità dei materiali (anche in termini ecologici), di una garanzia di tracciabilità della produzione, non solo a vantaggio delle imprese, ma anche dei consumatori.
Ci esorta a vivere lo spazio come metafora, ad arredare le stanze della mente, a scoprire gli arcani interiori in cui nascono e crescono le passioni: la formula vincente del Salone del Mobile, in fondo, è tutta qui.
“Insomma, anche se lo stacco culturale da ieri a oggi è evidente, potremmo dire che mentre i mobilieri non si vergognano di farsi chiamare ancora così, nella moda i sarti hanno voluto diventare stilisti, perdendo forse un po’ della loro sapienza manifatturiera e del contatto con la realtà empirica.”
NON HO MAI LETTO NULLA DI PIU’ VERO.
Vincenza