La forza della visione.Intervista al Maestro Flavio Lucchini
Flavio Lucchini – artista, art-director e personaggio che ha influenzato potentemente il mondo dell’editoria, della grafica, della cultura – ci ha concesso questa intervista che introduce all’importante antologica dedicatagli da Sabbioneta, la “citta ideale” in provincia di Mantova concepita dalla straordinaria “visione” urbanistica di Vespasiano Gonzaga nel XVI secolo. L’abito idealizzato, metafora della società contemporanea, fil rouge della ricerca estetica di Lucchini, entra così a Palazzo Ducale, con installazioni site-specific in dialogo con le antiche stanze e le tracce del passato che ancora lo anima. La mostra “Sul sogno del corpo che abita nella città ideale di Sabbioneta” (dal 23 al 28 Settembre, inaugurazione il 22), a cura di Anna Vergine e Gabriele Fallini, ripercorre le tappe del percorso artistico di Flavio Lucchini con le opere – dipinti, altorilievi, sculture, quadri digitali – realizzate dai primi anni ’90 ad oggi. In effetti Lucchini, fondatore di testate innovative che hanno inciso a fondo nella moda (Fantasia, Amica, Vogue Italia, L’Uomo Vogue e tutti i titoli del gruppo CondéNast, Donna, Moda ecc.), all’apice della carriera editoriale ha riscoperto la passione per l’arte, per cui l’abito femminile, “oggetto” attorno a cui per tanto tempo egli ha costruito riviste di successo, viene sublimato in strumento di indagine, di riflessione, in un ideale della moda che trascende dal tempo limitato a cui essa è destinata per definizione.
Che evoluzione hanno avuto le riviste di moda in Italia? Cosa pensa delle attuali? Cosa Le piace di più e di meno?
I fashion magazine sono poco cambiati da quando ho cominciato io con Amica e si assomigliano tutti: moda, femminismo, attualità, psicologia, salute, ecc. È aumentato il gossip, la moda é più popolare e democratica, l’erotismo é sdoganato. Sono le componenti di sempre. Ora forse c’é più attenzione a quello che succede fuori dall’Italia.
Come si declina la creatività in un fashion magazine che ambisce al top qualitativo?
Un magazine fashion legge le mode come sintomi del cambiamento. Deve puntare sull’arte, sulla cultura, sull’immagine, sulla evoluzione delle arti e della comunicazione in genere, anticipare e sottolineare le tendenze. Deve trovare una sua identità originale, unica, attenta in tutto alla qualità. Oggi ci sono troppi cloni.
Le nuove tecnologie che impatto hanno avuto sull’editoria di moda, in positivo e in negativo?
Anche se le tirature sono diminuite, sono aumentate le testate, soprattutto per merito dei magazine allegati ai quotidiani. Con le nuove tecnologie i giornali sono più rapidi e facili da fare, l’impaginazione si é liberata e semplificata, si sono arricchiti di contenuti e di siti e app multimediali. Ma i prezzi sono troppo alti soprattutto davanti alla temibile concorrenza di computer e tablet che ti portano riviste di tutto il mondo in casa in un click.
Cosa L’ha allontanata dal mondo della moda? Quali stimoli sono venuti meno? Che cosa L’ha attratta di più nell’arte?
Considero la moda una forte componente del cambiamento sociale. Fenomeni come quelli dei Beatles, gli Hippy, la moda militare, il casual, raccontavano ciò che stava succedendo nella società, persino nella politica, con un linguaggio immediato, universale, comprensibile a tutti, che segnava la differenza tra il mondo nuovo dei giovani e quello degli adulti. La moda si sforza sempre di differenziare i figli dai padri, ma oggi i segnali sono molto deboli e trasversali. L’arte mi permette di osservare in modo distaccato tutto questo, mettendo in luce della moda a volte la componente artistica, a volte ludica, a volte sociale o politica o altro.
Il Suo percorso artistico ha punti di tangenza con la moda?
È dalla moda che sono partito, cercando di far capire, come art-director e come artista, che la moda fa parte della vita di tutti noi. Non cambia solo l’aspetto esteriore, ma “segna” l’epoca in cui viviamo come l’arte, l’architettura, la tecnica, la politica. L’arte contemporanea è, ancora di più, testimonianza dei tempi in cui viviamo. Io, avendo vissuto la moda in una posizione privilegiata, “dovevo” testimoniarlo, riconoscendo a molti stilisti una capacità da artisti e non solo da artigiani. L’abito, come il corpo, esprime sentimenti, emozioni, relazioni, condizioni sociali, e può essere motivo per fare “arte”. Io metto insieme l’una e l’altra, unendo in un certo senso il mio mestiere di ex-giornalista a quello di artista.
Quali stilisti ammira di più oggi in Italia?
Gli stilisti possono essere il tramite per il successo di molte aziende, il che vuol dire sviluppo, lavoro, benessere, stile, Made in Italy nel mondo. I più famosi sono anche quelli che segnano il tempo in cui viviamo. In questo senso ne ammiro molti. Uno per tutti, Giorgio Armani. Questo non esclude che anche dei giovani sconosciuti siano dei veri e propri artisti.
Esteticamente cosa La ispira di più?
La vita tutta é argomento per l’arte. Io osservo, annoto, viaggio. Ultimamente sono stato attratto dai grattacieli di Dubai come dai burqa, due aspetti contrastanti della contemporaneità.
Cos’è per Lei l’arte? La ritiene un mezzo o un fine? Cosa persegue con essa?
Un mezzo per dire a se stessi che l’uomo, a differenza degli animali e delle piante che semplicemente vivono, é un essere pensante, diverso, incredibile, misterioso…