La fotografia di moda nel ‘900
Fu agli inizi del secolo scorso che la fotografia di moda assunse un ruolo determinante per lo sviluppo e la crescita delle riviste di settore. Sino ad allora i “manuali” di stile, come ad esempio Harper’s Bazaar, fondata 1867, e Vogue nel 1892, raccontavano la moda attraverso l’uso di bozzetti, figurini e stilismi vari. La fotografia conferì in breve tempo ai giornali una notevole acquisizione di potere e un’evoluzione ragguardevole, affascinante e nuova.
Vogue poté avere un fotografo eccellente, il barone Adolphe de Meyer che, trasferitosi a New York nel 1914 per ragioni della rivista, adottò un metodo di lavoro la cui peculiarità fu “catturare” i modelli nel loro contesto naturale. Al magazine occorreva materiale di qualità per un decisivo avanzamento e Meyer fu acuto nel determinare una linea tecnica e strategica all’avanguardia.
Negli anni trenta nacquero i primi studi fotografici per la realizzazione di servizi specifici che si svilupparono tra Berlino e Parigi. Emerse in quel periodo una nuova generazione di fotografi, grazie anche al russo George Hoyningen –Huene, figlio unico del barone Barold Theodor Hermann. Huene iniziò la carriera di fotografo a Parigi, nel 1920, divenendo nel successivo 1925 capo fotografo per l’edizione francese di Vogue. Fu lui a portare la Haute Couture dalla ville lumiere all’America.
Altri nomi autorevoli sulla scena artistica del tempo furono il londinese Cecil Beaton che, assunto da Vogue nel 1927 come disegnatore, divenne in breve tempo uno dei fotografi di punta dell’edizione britannica; Edward Steichen, celebre per essersi avvicinato alla fotografia abbracciando il movimento pittorialista la cui prima copertina a colori per Vogue usci nel 1932; il surrealista Man Ray Hamilton; l’ ungherese Martin Mukancsi, strepitoso nel catturare le immagini in movimento nonché grande ispiratore di Richard Avedon e Henri-Cartier-Bresson.
Nella Londra dell’immediato dopoguerra uno dei protagonisti indiscussi fu John French – la cui collezione,dopo la sua morte, fu donata dalla moglie all’ Albert & Victoria Museum-, pioniere di uno stile di fotografia di moda considerato ideale per le riproduzioni sui quotidiani; French utilizzava luci naturali riflesse a basso contrasto.
Il dopoguerra fu il periodo in cui lo stilista Christian Dior fece largo uso di foto di moda per lanciare il suo “New Look” affidandosi ad artisti di fama mondiale del calibro dello statunitense Richard Avedon. Avedon, cominciò la sua carriera nella marina mercantile, assegnato alle autopsie e alle carta d’identità, per poi divenire un’autorità nel campo della fotografia di moda.
Altri del periodo furono Irving Penn, morto novantaduenne a New York dopo una vita spesa per la fotografi. Penn esordì come illustratore per Harper’s Bazaar e lavorò per Vogue come assistente del direttore artistico Alexander Liberman: le sue opere sono esposte oggi nei più importanti musei del mondo; Norman Parkinson, anch’egli nella squadra di Harper’s Bazaar e successivamente di Vogue; Bert Sterns, uno degli ultimi fotografi ad immortalare Marilyn Monroe.
Negli anni sessanta, complice il clima di ribellione giovanile, gli scatti si fecero sempre più audaci. Protagonista di questa realtà fu il fotografo berlinese Helmut Newton che si affermò per lo stile originale, crudo, sintetico e provocatorio. Si iniziò anche ad avere un approccio alla valorizzazione della personalità delle modelle fotografate; interpreti di questo nuovo modo di lavorare furono gli inglesi David Bailey, Terence Donovan e Brian Duffy, soprannominati “i terribili tre.”
Fu Il fotografo milanese Gian Paolo Barbieri ad inaugurare, nel 1965, la prima copertina di Vogue Italiana, con le campagne pubblicitarie delle nostre grandi case di moda, Valentino, Armani, Versace, Ferré.
Negli anni settanta ed ottanta l’indotto moda crebbe esponenzialmente; nacquero innumerevoli nuove testate giornalistiche, aumentarono le pubblicità ed i cataloghi e nuovi nomi costellarono l’universo della fotografia: Davide Sorrenti, morto ventenne per overdose; il controverso Oliviero Toscani, gli statunitensi Anne Lebowitz e David Lachapelle. Herb Rittz, di Los Angeles, classe 52’, fu uno dei nomi più ammirati per le sue foto in bianco e nero ispirate allo stile della scultura greca classica.
Oggi la nascita del digitale ha trasformato l’immagine fotografica stravolgendone i canoni tradizionali, le immagini degli shooting fotografici – termine che letteralmente indica l’atto di sparare-, fanno il giro del mondo con rapidità estrema, e se da un lato questo strumento rischia di bruciare l’indotto in tempi record, dall’altro, innegabilmente favorisce la possibilità di interscambi culturali.
Funzione principale della fotografia di moda è diventata ottenere risultati strategicamente persuasivi mediante progetti di comunicazione all’avanguardia orientati al raggiungimento di un numero sempre maggiore di fruitori. Le immagini creano realtà oniriche e favoleggianti, suggestioni, schematismi grafici e sculture di idee. Non rappresentano solo un abito, raccontano relazioni, stati d’animo, emozioni, documentano, incitano e inneggiano a suggestioni, stili di vita e atmosfere da sogno.
Del resto, la moda, non ha bisogno di molte parole.