La gioia del Natale è Donna
È ancora possibile la gioia del Natale? Oppure dobbiamo rassegnarci a vivere senza luce e senza speranza, quindi senza gioia? Paure e disagi sembrano squassare come non mai la nostra società: dalla crisi economica che fatica a risolversi al terrorismo internazionale che colpisce il cuore della civile Europa, cosicché siamo sollecitati a ripensare il modo stesso di vivere insieme.
Ma non ci manca qualche punto fermo, per fortuna. Il riferimento sicuro della vita è infatti la vicinanza dell’Amore (sia detto senza retorica); per chi crede è la vicinanza di Dio all’uomo. E se Lui è con noi, anche noi dobbiamo essere con Lui. E’ questa la fonte del coraggio per guardare avanti insieme con fiducia. Ed è questa la radice della nostra gioia a Natale.
Ma il Natale ci stimola sempre a riflettere, in particolare, sul ruolo di Maria e dunque di ogni donna nel mondo. In una realtà dominata da logiche maschili Dio stesso non può venire alla luce. Senza Maria di Nazareth non esiste il mistero cristiano per eccellenza. E senza la donna il mondo è misero: a salvarlo è lei con la sua capacità di umanizzare l’uomo. L’aveva ben compreso l’intellettuale russo Pavel Evdokimov, quando nel suo saggio “La donna e la salvezza del mondo” (1958), affermava che “proprio la donna, dopo avere formulato con la Vergine il fiat, è predestinata a dire no, ad arrestare l’uomo ai bordi dell’abisso, a mostrargli la sua vera vocazione”.
Al fianco della Vergine, comunque, c’era un uomo “giusto”, quel Giuseppe artigiano che conobbe il mistero della sua maternità divina, vivendole accanto e “rispettando quell’integrità che Dio affidava al mondo come uno dei segni della sua venuta tra gli uomini”, per usare le parole di San Josemaría Escrivá. Con Maria Giuseppe poteva condividere la rivelazione: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, perché ha guardato la mia piccolezza“ (Lc 1, 48-49).
In letteratura, però, ha lungamente imperato una misoginia condita di ironia e persino disprezzo, a cui le donne hanno reagito talvolta limitandosi a riprodurre l’arroganza maschile. Ma il mondo avrà sempre Maria e quindi il suo Dio: ecco l’umile madre che sta per partorire nella grotta di Betlemme in un giorno divenuto di festa per noi, in cui la nostra fragilità umana ancorata alla storia viene spazzata via da una presenza che ci supera e ci salva.
«Donna: mistero senza fine bello!», scriveva il poeta Guido Gozzano.
Mi ha colpito un recente libro dell’appassionata filosofa Annarosa Buttarelli, intitolato “Sovrane” (2013), che incoraggia ad intraprendere un nuovo inizio della convivenza umana che tenga conto della differenza femminile. Si tratta di «ripartire dalle origini dei processi e, se queste origini si rivelassero infauste, trovare la forza e l’intelligenza necessaria per crearne altri differenti». Per l’autrice, non aver tenuto conto dei corpi e dei pensieri delle donne è motivo di ogni altra ingiustizia, che non può essere sanata se non confidando in una «conversione trasformatrice». Tra i modelli femminili di sapienza al governo, Buttarelli cita figure come Cristina di Svezia, Elisabetta I d’Inghilterra, Ildegarda di Bingen, le “Preziose” dei salotti Ancien Régime tra Sei e Settecento, persino alcune amministratrici pubbliche ed operaie al giorno d’oggi.
Ad esempio Cristina di Svezia, che rinunciò al trono e si volse a Dio per “diventare sovrana per sempre”, pensava di governare il suo popolo “facendo e dicendo il vero, praticando la giustizia e il merito e camminando sapientemente nel mondo delle arti, delle scienze della filosofia, delle lettere”. In ogni tempo le donne appaiono estranee al concetto di mera rappresentanza (pilastro della moderna democrazia occidentale che tanto spesso ha bloccato la loro sovranità), per affidarsi piuttosto alla pratica delle relazioni reali: portare la sapienza al governo significa recarvi questa competenza relazionale e attenersi in ogni atto al primato della vita.
Senza donna non c’è Natale dunque. Tanti auguri a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà!