La grazia del cuore
La pittura di Giorgio Volta, stimato cardiologo di origini lombarde e veneto d’adozione, irradia gli stessi sentimenti di serenità, pace, speranza che egli sa trasmettere anche ai suoi pazienti: valori che superano le barriere della ragione per raggiungere subito ogni cuore.
I suoi soggetti sono soprattutto paesaggi padani colti nel fascino dei loro momenti più intimi e dei loro aspetti meno appariscenti. Impressiona l’estremo realismo, quell’attenzione al particolare dettata da un gusto impressionistico-fotografico per la natura (sicuramente ereditato dal padre Carlo Mario, illustre medico, amministratore pubblico e grande appassionato di fotografia), rivelatore di una sensibilità – propria di chi ha interiorizzato totalmente il posto in cui è nato – che fa distinguere in tutte le sue sfumature e caratteristiche un elemento tipico di quel luogo. Ma nel caso di Volta questa capacità è anche quella di riconoscere e pennellare in ogni nuance il colore della nebbia, del Po, della luce, della terra, della vegetazione.
“Ricordo le notti in cui accoccolata sulla poltrona di vimini guardavo mio papà che, tornato da una giornata di lavoro, disegnava sul tavolo della cucina sfumando alberi e acqua e cielo con le dita e la polvere di pastello” racconta sua figlia Emanuela, architetto e ceramista (l’Archigiana). “Stavo lì, silenziosa e curiosa, a guardarlo disegnare fino a notte fonda. Quel lavorare di notte aprendo gli occhi su paesaggi e colori, faceva scivolare via facce e rumori e preoccupazioni, liberando la mente nel silenzio della casa”.
In effetti Giorgio Volta sa cogliere magicamente ad ogni sguardo l’autentico genius loci di quella pianura che in tempi remoti fu mare, di quel cielo che fu specchio della Creazione, di quei boschi che nutrirono il mito. Le sue muse non hanno mai abbandonato la sua terra natale punteggiata da lanche di fiume, anche se sfuggono ai passanti distratti dei tempi moderni: solo gli occhi del cuore possono ancora coglierne la presenza silente.
Nelle opere di Volta, per lo più realizzate con la tecnica del pastello, ricorrono alberi nudi, coperti di galaverna, case senza tempo, avvolte nell’incenso delle brume, ombre sospese tra cielo e terra, che paiono assorte nei ricordi di un passato onirico, golene gonfie di luci e vapori, campi argentati di neve, cieli nitidi ed aurorali che evocano un eden della memoria. E, osservando tali immagini, si arriva a percepire i sussurri del vento, i sospiri delle foglie rimaste sullo scheletro delle piante, i silenzi di atavici numi, i luccichii dei cristalli di brina sull’erba, la sonnolenza letargica del giorno e la calata furtiva della notte, la dolcezza dell’eternità. Volta si conferma dunque il pittore della “grazia padana”, perché i suoi paesaggi essenziali, oltre che dipinti, sono poesie, estensioni dell’anima di questa terra.
E a proposito di poesia, il cardiologo-pittore di recente si è convertito anche ai versi, preferendo declinarli in rima per conferirvi più ritmo e musicalità, quasi fossero piccole marce o filastrocche da declamare ai suoi nipoti (infatti, un po’ è così). Anche qui tornano le emozioni e gli ideali a lui cari, le immagini del tempo e dell’umanità che si rinnova, ma soprattutto la natura nella sua lirica quotidianità: “Nel bosco c’è tanta pace / qualche raggio di sole trapassa / il tetto di foglie che tace / nella carezza del tempo che passa / Un solitario grido d’uccello / il gorgoglio di un ruscello / Un ramo spezzato / un fungo un fiore un sasso / un frutto ancora non nato / l’impronta di un passo / Il bosco custodisce la pace / di una umanità che tace / i tronchi alti verso la luce / le foglie a terra per costruire un tappeto / per condurti in luoghi di pace / a scoprire un nuovo segreto / Nel bosco cammina l’uomo solo / che vuole spiccare il suo volo / verso una nuova vita / alla ricerca della pace interiore / perché la sua pena sia finita / per ritrovare un nuovo amore / Il bosco ti accoglie silenzioso” / e ti abbraccia con dono prezioso”.