La grazia e la passione: simboli d’amore al dito
“Le cose più rare del mondo, dopo la facoltà di raziocinio, sono i diamanti”: così recita un’antica massima francese, di cui senza dubbio ancora oggi possiamo condividere la validità. In effetti, di diamanti, o meglio di anelli con diamanti, vogliamo narrare di seguito, per dare espressione ai gioielli che da sempre più si legano al sentimento principe dell’amore, nonché per spiegare come abbiano assunto questa peculiare valenza.
Dalla notte dei tempi il dono di un anello sancisce una promessa (non necessariamente affettiva), fino a quando entra definitivamente nei costumi galanti del corteggiamento dal Quattrocento in poi, per gusto e consuetudine dei ricchi ceti nobiliari di tutta Europa. Il diamante, in particolare, era ritenuto la pietra per eccellenza da incastonare nel pegno d’amore in virtù della sua straordinaria resistenza fisica, metafora perfetta per rappresentare la perseveranza del cuore e la fedeltà coniugale.
Anche gli antichi Romani, comunque, celebravano le loro nozze pagane con lo scambio di un cerchietto di ferro per suggellare il reciproco proposito degli sposi di rispettare il contratto matrimoniale e per benedire un nuovo legame di sangue tra due famiglie. Questa tradizione, poi ripresa dalle prime comunità cristiane, si è evidentemente tramandata fino ai nostri giorni.
Sveliamo subito una curiosità relativa alla prescrizione cattolica di infilare la fede nell’anulare: essa deriva da un antico rito della liturgia che, invocando le tre persone della Trinità corrispondenti alle prime tre dita, assegnava al quarto dito l’anello. Secondo una leggenda più romantica, invece, l’anulare sarebbe stato preferito in quanto collegato direttamente al cuore tramite la “vena dell’amore”.
Nel Seicento, comunque, non è rara l’usanza bizzarra di portare la vera sul pollice. Il Rinascimento fu per gli orefici un periodo davvero “d’oro” per il gran numero di anelli impreziositi da gemme commissionati per le feste di fidanzamento e gli sposalizi dei rampolli di principi e sovrani. In quegli anni i gioiellieri utilizzavano soprattutto il diamante nella sua forma ottaedrica naturale: il poliedro, consistente in due piramidi unite alla base, veniva montato con la parte inferiore completamente incassata, mentre quella superiore sporgeva intera dal castone creando giochi di luce con le sole quattro facce in vista.
Fu nell’ultimo scorcio del Quattrocento che, grazie alla messa a punto del taglio “a tavola”, cioè in quadrato, si verificò una svolta sostanziale nelle tecniche di valorizzazione dei diamanti: la cuspide della pietra grezza veniva spianata mediante lo sfregamento con polvere di diamante, primo passo importante verso l’arte moderna della sfaccettatura, quindi verso la completa rivelazione del “fuoco” e della brillantezza celati nel cristallo.
La raffinata arte rinascimentale portò anche alla realizzazione di un tipo di anello nuziale assolutamente innovativo: l’anello a segreto (detto altresì gimmel, cioè gemello), formato da due cerchi che si aprivano a ventaglio su di un perno collocato alla base, così da lasciare visibile un unico anello all’atto della chiusura. Suggestiva invenzione, questo gioiello alludeva chiaramente, in termini simbolici e materiali, all’inscindibilità del vincolo matrimoniale.
Parimenti, nello steso periodo godettero ampia fama tra i nobili d’alto rango gli anelli con diamanti appuntiti, che potevano essere impiegati per scrivere frasi sentimentali su vetro. Un ottimo esempio di questo vezzoso genere di corrispondenza ci viene addirittura dall’austera Regina Elisabetta I d’Inghilterra che amoreggiava con il favorito Walter Raleigh a colpi di anello appunto (una sorta di scambio di SMS su schermo vitreo ante litteram?).
I grandi orafi del Cinquecento poi, sublimi maestri del cesello, seppero esaltare ulteriormente i pregi del diamante ricorrendo all’espediente di includere una finissima lamina d’argento nella montatura allo scopo di sprigionare dalla gemma tutto il suo splendore.
Uno dei secoli più prodighi per gli anelli di fidanzamento o matrimonio fu però il Settecento, allorché la clamorosa scoperta delle miniere diamantifere brasiliane lasciò intravedere la possibilità di ampliare notevolmente l’offerta. L’intraprendenza creativa e commerciale di molti ottimi gioiellieri, unita al diffondersi di nuove mode e nuovi costumi (come il proliferare di eventi mondani serali, a seguito dei sensibili miglioramenti apportati ai sistemi di illuminazione), decretò il successo delle rutilanti gemme, e fra queste, il carismatico diamante in primis come indispensabile accessorio estetico e status-symbol.
Quest’ultimo ruolo di emblema di ceto lo acquistarono ancor più, tuttavia, nella società ottocentesca, dove la Rivoluzione Industriale aveva aperto a molti la via della ricchezza, una ricchezza da ostentare indossando preziosi grondanti di gemme. Il taglio a brillante con 57 faccette era già allora il più praticato e richiesto: inventato dal veneziano Peruzzi nel Seicento, venne perfezionato solo nel tardo Ottocento con la nobilitazione definitiva della lucentezza e del “fuoco”.
Nel Novecento, grazie alle floride miniere scoperte in Africa Meridionale alla fine del secolo precedente, si arrivò finalmente al pareggio tra domanda e offerta di diamanti, tanto che essi poterono divenire accessibili ad un pubblico mai così vasto, anzi una scelta quasi obbligata per giovani coppie.
Grandi furono i meriti in questo senso anche della rivoluzione tecnico-stilistica operata da Tiffany, la celebre gioielleria newyorkese, che elaborò una strabiliante montatura “aperta” in cui la pietra è praticamente sospesa tra sei rebbi sottili o uncini di platino sopra una fascia liscia. Tale costruzione valorizza tutto il “fuoco” del diamante da ogni punto di vista, su ciascuna delle molteplici faccette esposte. E se con la montatura di vecchio stampo solo la faccia superiore si offriva interamente alla vista e quindi molte imperfezioni della gemma restavano ignorate, quella di Tiffany rappresenta la “cartina di Tornasole” per i diamanti di qualità superiore, dal momento che consente di valutarne assai facilmente il colore, la purezza ed il taglio.
Oggi il taglio delle pietre è quanto di più vicino si possa immaginare alla perfezione matematica, con tagli a smeraldo, quadrato, baguette, goccia, navette, assolutamente irreprensibili, tali da mettere in serio imbarazzo anche la milionaria più decisa a regalarsi il meglio.
E’ stato così, commentiamo al termine di questo articolo, che lungo questo percorso storico e culturale i diamanti sono diventati i compagni prediletti delle signore dell’alta società, fino a far dichiarare qualche decennio fa alla divina Marilyn Monroe che “diamonds are a girl’s best friend” e, in particolare, a far assurgere l’anello di fidanzamento con diamanti ad indiscusso simbolo d’amore anche del ventunesimo secolo, malgrado i flussi e riflussi delle mode.