La moda a Milano: ricerche e nuove prospettive
La volontà di Milano di essere la città trainante per il mondo della moda, si riflette anche nello sforzo delle Università milanesi di operare un approfondimento teorico e multidisciplinare del sistema moda. Politecnico, Bocconi e Università Cattolica hanno costituiscono un consorzio, aperto ad altre unità di studio del territorio, per un approccio più completo e unitario alla ricerca e alla formazione nel campo della moda.
Interessanti indicazioni emerse dalle ricerche presentate in vari convegni internazionali. Il futuro della figura dello stilista.
Cogliere le diverse istanze che gli studi interdisciplinari delle università milanesi stanno offrendo al sistema istituzionale della moda italiana, è già un modo tentare una soluzione ai problemi che globalmente il Made in Italy si trova ad affrontare. Milano deve essere il crocevia di una sfida di rinnovamento, di presa di coscienza e soluzione dei problemi e lo sta affrontando attraverso le sue università, che chiedono in cambio, agli attori del mondo della moda,una maggiore apertura al dialogo.
Qualche settimana fa un convegno presso lo Iulm, e con parole di Gilles Lipovetsky, evidenziava i fattori su cui si deve orientare la moda del futuro. Il sociologo francese ha identificato nell’ “avvento del consumatore” l’elemento determinante di una svolta. Saranno le abitudini del consumatore a determinare i cambi sostanziali del mercato. Il consumatore, ha effermato Lipovetsky, ha sviluppato la capacità di mescolare categorie di prodotto, di prezzi e di valori estetici; ha imparato a personalizzare dell’uso dei marchi con il conseguente distanziamento dallo stilista; tenderà sempre di più all’ “emozionalizzazione” del lusso e ciò porterà ad un consumo diffuso, cioè in tutti i livelli della società, ma sporadico, e quindi imprevedibile, di oggetti di lusso. (www.imore.it/artman/publish/article_189.shtm)
Altre indicazioni sono venuti dal Convegno promosso da Somedia “Quale moda”, che grazie un’analisi della Bocconi relativamente ai posizionamenti delle aziende di moda italiane, ha evidenziato le possibilità di sviluppo di alcune fasce di marchi rispetto ai competitori stranieri, ma anche uno dei fattori critici delle aziende italiane e cioè la distribuzione. <a href=”http://it.imore/artman/publish/article_189.shtm
Di interesse, i suggerimenti del Convegno della Cattolica “Geografie del vestire”, nella sezione dedicata alla presentazione di alcune ricerche delle tre Università milanesi Politecnico, Bocconi, Cattolica.
Politecnico e Cattolica, con un diverso approccio, specifico alle loro competenze, hanno affrontato il tema della “Cross Fertilization”, cioè del trasferimento di conoscenze culturali e tecnologiche tra vari settori merceologici del Made in Italy. Se la Cattolica ha affrontato l’approfondimento del concetto teorico del termine, il Politecnico, partendo dalla convinzione che gli scambi sono possibilità di “scintille di nuove innovazioni”, ha individuato, studiando casi concreti di trasferimento di conoscenze, cinque livelli di attività dove la fertilizzazione incrociata può essere applicata con successo, dando luogo ad innovazioni: processo progettuale, processo produttivo, offerta dell’azienda sul mercato, comunicazione, servizio.
Approfondendo il concetto di “cross fertilization” la ricerca della Università Cattolica, ha evidenziato la sua applicazione preferenziale e di assoluta importanza nei punti nodali e centrali di ogni campo operativo in cui si può sezionare la totale complessità di un settore merceologico, perché in tal caso l’effetto innovativo che produce viene moltiplicato in ampiezza ed efficacia.
Con riferimento alla moda, le cosiddette professioni creative, e in particolare quella del fashion designer, sono fortemente interessate ai processi di “cross fertilization”. Se così dovesse avvenire, le conseguenze sul piano pratico saranno di questo tipo: nel campo specifico, l’attenzione di sposterebbe dallo stilista ad un gruppo progettuale; lo stilista sarà non un creativo puro, ma un innovatore, o almeno dovrà contemperare la creatività con altre istanze tecnologiche o produttive. Cambierebbe quindi il profilo professionale del fashion designer e di conseguenza bisognerebbe attivare un nuovo percorso formativo per questa figura professionale.
La riflessione teorica che le tre ricerche hanno evidenziato, ha portato come conseguenza immediata all’avvio di un Master per la formazione di figure professionali nuove, in grado di gestire varie professionalità, la creatività e i problemi di produzione o di distribuzione.