La Moda che visse due volte
E’ un fenomeno sempre sulla cresta dell’onda, tant’è vero che la Fiera di Forlì gli ha dedicato una mostra-mercato ad hoc giunta ormai alla 18a edizione: si tratta di “VINTAGE! La moda che vive due volte”, in programma dal 18 al 20 Settembre. Qui c’è veramente da sbizzarrirsi tra abbigliamento, accessori, bellezza, gusto, grandi firme della moda, stile di vita e musica, tutto rigorosamente “d’annata”.
L’invito infatti è a compiere un’esperienza sensoriale, emotiva e intellettuale tuffandosi nel periodo che va dagli anni ’20 agli ’80, attraverso non solo la moda, ma anche il modernariato, gli articoli da collezionismo, i profumi, i capi sartoriali dell’epoca, i pezzi di design, gli oggetti d’uso di quei decenni e il modo in cui sono stati abbandonati, riutilizzati, custoditi, rivenduti, con un occhio di riguardo al mercato che si è creato intorno ad essi, dove il passato è fonte continua d’ispirazione.
Tra gli eventi collaterali alla fiera si distingue la rassegna “Grandi sarti italiani. Ineffabile desiderio di bellezza”, che testimonia come la moda sia analisi, ricerca incessante, un viaggio attraverso tagli e cuciture per circondarsi di bellezza: ore e giorni spesi a studiare volumi e ricami, ovvero trasformare tessuti in eccellenze artigianali, realizzando creazioni su misura per donare eleganza ed armonia al corpo femminile. L’archivio A.N.G.E.L.O. (una biblioteca materiale della storia della moda con 100mila capi e accessori a disposizione di tutti gli operatori del settore fashion per la ricerca ad uso stilistico) ha selezionato 15 raffinati pezzi di grandi sartorie italiane attive dall’anteguerra agli anni ’60, ormai dimenticate, che grazie ai loro capolavori e alla manualità dei propri artigiani hanno contribuito a porre le basi del “Made in Italy” nel mondo.
Nel suo comparto, la manifestazione forlivese risulta essere la prima in Italia per numero di visitatori e la terza per “anzianità” con una media di circa 15mila visitatori per volta. In effetti si articola in più aree: oltre al vintage in senso stretto con i suoi cimeli che hanno segnato un’epoca e sono rimasti nella memoria collettiva grazie alla qualità superiore con cui sono stati prodotti, è prevista un’area “remake” basata su un nuovo modo di guardare al futuro: le sartorie creative, piccole aziende artigiane e designer, mettono in vendita qui le loro creazioni frutto di rielaborazione di materiali datati o dismessi, siano essi tessuti, legno, carte da parati o pvc. Tutto può avere una nuova vita e creare diverse forme d’arte!
Partito da un’esigenza di risparmio, il vintage è oggi amatissimo soprattutto dai giovani, i quali considerano terribilmente di moda quei capi unici, simboli dello stile di un tempo, che hanno fatto furore e rivivono in nome di un sano desiderio di personalizzazione dello stile. Il vintage è poi un formidabile patrimonio storico e culturale. L’abito o l’accessorio d’annata si differenzia dal generico “seconda mano” per il valore che progressivamente ha acquisito nel tempo in virtù delle sue doti di non-riproducibilità con i medesimi standard elevati in epoca moderna. In effetti la sua peculiarità è di essere testimonianza del costume di un tempo andato e di aver segnato profondamente alcuni tratti iconici di un particolare momento storico della moda, del costume, del design.
Per gli abiti vintage esistono pure negozi on line, dove però si smarrisce un po’ dell’atmosfera incantata dei negozietti disseminati, ad esempio, nel centro storico di una grande città, dove si possono sfiorare le piume di cappelli indossati secoli fa, toccare le impalpabili sete di una volta o provare una bombetta londinese originale.
Oggi l’afflusso a manifestazioni di questo genere e ad altri mercatini sparsi sul territorio segna altresì un rifiuto della moda massificante e una voglia di senso di appartenenza nonché di ritorno all’ieri ed ai suoi solidi valori. Capi sartoriali d’epoca o collezioni di oggetti-simbolo della nostra cultura sono richiestissimi anche dagli stranieri: è per questo motivo che, nonostante la crisi economica, il commercio in questo settore resiste egregiamente.