La moda della moda
“Il fenomeno dell’abbigliamento e del suo essere legato a dimensioni molto profonde del nostro carattere, del nostro umore, del nostro essere- nel- mondo, mi è sempre sembrato un dato non eliminabile e di notevole importanza, non solo per me stesso ma per ogni mio prossimo”. Da un testo, non recente, ma sempre attuale di Gillo Dorfles “La moda della moda”.
Le parole di Gillo Dorfles introducono ad un’interessante e multiforme lettura, in cui l’autore, con il suo acume infallibile, offre un’analisi della storia e dei significati della moda, indagandone gli aspetti sociali, esistenziali e stilistici.
“La moda della moda” si presenta come una raccolta di articoli e saggi apparsi negli anni su importanti testate giornalistiche e riviste di moda, tra cui Vogue, Donna, Grand Bazar, Corriere della Sera. L’opera è divisa in 35 capitoli, ciascuno dei quali affronta il rapporto di dipendenza/interdipendenza esistente tra il fenomeno moda e i diversi aspetti della realtà, sociologici, antropologici o spirituali che siano.
Uno dei primi aspetti analizzati da Dorfles è la liceità del connubio Moda-Arte: si può parlare di un’arte che è di moda o di una moda che è artistica? Una risposta definitiva e convincente a tale interrogativo non è facilmente realizzabile, ma una possibile chiave di lettura a tale querelle coincide con una caratteristica fondamentale del fenomeno moda: la transitorietà.
La moda è per definizione temporanea, soggetta a cambiamenti stagionali, ravvisabili nelle varie collezioni presentate annualmente dagli stilisti, e, in un’ottica più ampia, vittima di sconvolgimenti epocali, ascrivibili a fenomeni sociali ed economici di vasta portata. È proprio per tale motivo che la moda per certi versi non può essere considerata una forma artistica per eccellenza, se paragonata agli storici pilastri della pittura o della scultura. ” La moda è come l’olio e non come il vino: invecchiando non migliora ma peggiora. Nessuno crede che un abito si possa conservare in banca in attesa che il suo valore aumenti come avviene con un Klee o un Pollock” (pag. 7).
Quindi come considerare tale fenomeno? Per Dorfles ” la moda … può essere uno dei parametri di confronto tra le arti durature e quelle effimere, tra la non arte commercializzata e l’arte ritenuta indipendente e sovrana” (pag. 7-8). In definitiva, nel tentativo di scostarci da quell’idea del Bello assoluto, “ormai irrecuperabile”, dovremmo accettare la semplice realtà di un fenomeno di piacere e soddisfacimento estetico che per sua natura è immediato e transitorio.
Altro aspetto determinante trattato dall’autore nel corso dell’opera è il significato profondo della moda, da un punto di vista sia sociale sia esistenziale. Quali sono le motivazioni di questo contraddittorio fenomeno nelle varie epoche? La prima risposta a tale interrogativo è di stampo sociologico, l’abito come simbolo di una precisa condizione sociale. E se nel corso del tempo la funzione di status symbol è scemata per il livellarsi delle gerarchie di casta, ” rimane comunque il fatto che anche ai nostri giorni la Moda non è solo un fenomeno frivolo, epidermico, salottiero, ma è lo specchio del costume, dell’atteggiamento psicologico dell’individuo, della professione, dell’indirizzo politico, del gusto …” (pag. 9). Da tali riflessioni consegue una lettura dell’abito più marcatamente esistenziale, la moda come mezzo di creazione e affermazione della propria personalità. È davvero possibile costruire e palesare una condizione così intima e profonda come la personalità attraverso oggetti che per loro stessa natura sono labili e caduchi? Nella misura in cui un simile atteggiamento porta a costruire un’immagine di sé il più aderente possibile alle proprie inclinazioni, la risposta a tale interrogativo è affermativa. E non si parla di una mera immagine superficiale ma di una forma che “è costituita dalla confluenza di fattori naturali, ambientali, e anche, non lo si può negare, artificiali” (pag. 84).
Nel corso della lettura, Dorfles si sofferma sui rapporti tra moda e cinema, moda e musica, moda e sport. L’autore pone l’accento sulla reciprocità di tali relazioni, ossia quanto la moda possa influire sul successo di un particolare genere musicale o di un particolare sport e quanto, parallelamente, l’affermazione di un preciso cantautore o di una pratica sportiva possa ripercuotersi sulle mode del momento. Sono senz’altro due facce della stessa medaglia e ancora una volta è evidente e innegabile il potere che contraddistingue il fenomeno moda.
L’ultimo capitolo del libro è intitolato “La Moda del futuro”. Gillo Dorfles, sulla base delle attuali condizioni e di una possibile mentalità degli uomini in un futuro prossimo, ritiene che potrebbero rivelarsi due direttrici fondamentali del costume. Da una parte l’uniformarsi del vestiario maschile e femminile per quanto concerne le condizioni di vita lavorativa, e dall’altra l’accentuarsi delle diversità negli abiti serali, da cerimonia. “Se i nostri bisnonni appaiono ai nostri occhi come rivestiti di abiti estremamente cristallizzati e formalistici, … , non fa specie pensare che i nostri pronipoti, pur mantenendo e anche esaltando la fantasiosità del loro abbigliamento edonistico, siano invece costretti a limitare quello destinato al lavoro e all’attività quotidiana, secondo una norma che oggi può sembrarci coercitiva, ma che domani potrebbe invece diventare del tutto accettabile” (pag. 133).