La Moda paga, la Cultura anche
Sarà Bulgari, la storica maison romana di alta gioielleria, a finanziare il restauro da 1,5 milioni di euro della scalinata di Trinità dei Monti in Piazza di Spagna, nel cuore della Capitale. L’operazione di recupero della “mitica” rampa durerà circa 3 anni e sarà lo speciale tributo della famosa azienda alla Città Eterna in occasione del suo 130° anniversario, celebrato quest’anno in pompa magna con vari eventi. Così, dopo Laura Biagiotti (Cordonata del Campidoglio), Fendi (Fontana di Trevi), Diego Della Valle (Colosseo), un altro grande nome italiano di fama mondiale ha deciso di investire in cultura tenendo alto il vessillo del made in Italy, simbolo universale di qualità artistica e artigianale, bello e ben fatto.
In verità, sono sempre più numerose le aziende di moda – si ricordino anche gli importanti contributi di Brunello Cucinelli (riqualificazione del borgo umbro medioevale di Solomeo e Arco Etrusco di Perugia), Prada (Ca’ Corner della Regina a Venezia), Renzo Rosso (restauro del Ponte di Rialto a Venezia) – che hanno compreso come la cultura possa essere una grande opportunità di sviluppo non solo sociale, ma anche economico per il nostro Paese, e in questo ambito fanno convergere sostanziosi interventi e strategie di comunicazione, dando segnali forti, sul cammino di precursori come Illy (e prima ancora Olivetti) che hanno considerato la cultura un moderno ed efficiente strumento di Corporate Social Responsibility, in grado di essere allo stesso tempo strumento di Corporate e Marketing Communication, e di Comunicazione Interna e Business-to-Business.
Ha suscitato non poco clamore, pochi mesi fa, la “sfida” indirizzata da Diego Della Valle allo stilista Giorgio Armani perché si facesse generoso mecenate di Milano restaurando niente meno che il Castello Sforzesco, esortazione a cui però “re Giorgio” non ha replicato. Ma non è detto che anch’egli non si risolva a lanciarsi nell’iniziativa, visto che gli effetti positivi per il suo brand, costi a parte, sarebbero enormi. Gli imprenditori più sensibili e illuminati hanno infatti capito che la cultura può essere un autentico volano di crescita per le imprese, in ottica di costruire e posizionare il marchio, differenziarsi dai concorrenti, distinguersi in un mercato globale dalle regole sempre più dure, valorizzare le persone. Se è vero che le idee sono la chiave di volta per affrontare la competizione globale, la cultura è il motore più potente per attivarle e diffonderle.
Così, nella nuova realtà dell’economia dell’immateriale, la cultura può veramente tradursi in valore aggiunto puro, passando dallo stato di “magnifico lusso”, che solo pochi sanno intendere e che si possono permettere, a fattore innovativo capace di offrire forme alternative di vantaggio competitivo in un ambiente sociale ed economico in continuo divenire. All’estero, comunque, già da decenni le maison di moda, e non solo, sono impegnate in modo forte e sistematico nel sostegno alla cultura, profondendovi ingenti risorse (umane e finanziarie) e ricavandone un sicuro tornaconto in termini reputazionali e di immagine, oltre che di solida fidelizzazione dei pubblici esterni ed interni.
In effetti molte aziende ormai sanno che, tramite un’oculata strategia di comunicazione basata su un network relazionale di ampio respiro, possono massimizzare e allargare gli effetti dell’investimento in cultura alle diverse sfere aziendali. Esistono persino delle società di consulenza ad hoc che supportano le imprese in questa attività di mecenatismo, ponendosi come obiettivi quelli di moltiplicare le potenzialità dell’investimento così da produrre risultati tangibili per l’impresa stessa, per il territorio e le istituzioni, nonché costruire valore nel tempo; fare della storia, dell’identità, dei valori e delle competenze dell’azienda un elemento distintivo e qualificante in chiave competitiva; facilitare il dialogo tra imprese, istituzioni culturali e pubblici di riferimento creando modelli di scambio efficaci e proficui.
Ora anche la nostra politica sembra finalmente essere arrivata a comprendere l’importanza di favorire operazioni di investimento in cultura da parte di privati, sebbene con una certa “timidezza” iniziale (l’essenziale è partire comunque). Basti pensare che dal 2014 le aziende ed i liberi professionisti della Toscana hanno la possibilità di pagare meno tasse se decidono di investire in cultura e tutela e valorizzazione del paesaggio. La Giunta Regionale ha infatti approvato il Regolamento di attuazione della Legge n. 45 del 2012, che offre uno sconto sull’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Spendi mille e ne scali duecento, il succo è questo. Per il primo anno a disposizione c’è complessivamente un milione di euro per il credito d’imposta, un milione di entrate a cui la Regione rinuncerà.
Questo ed altro per la nostra grande bellezza…