La moda vincente di Victoria&Albert
Si deve anche e soprattutto alla moda lo straordinario riconoscimento (giunto a sorpresa, ma non troppo) ottenuto dal Victoria&Albert Museum, che è stato nominato Museum of the Year 2016 dall’Art Fund d’Oltremanica per qualità, innovazione e numero di visitatori. Solo per riferirsi alle più recenti esibizioni, è sufficiente menzionare “Alexander McQueen: Savage Beauty” (visitata da quasi mezzo milione di persone) o “The Fabric of India” oppure citare l’apertura dei nuovi saloni dedicati all’arte europea tra 1600 e 1815, per capire le risorse, lo spazio e il livello che questa istituzione museale londinese è in grado di dedicare alla moda, al design, all’arte di ogni tempo.
Il premio Museum of the Year, quest’anno consegnato dalle mani della Duchessa di Cambridge Kate Middleton, è una delle benemerenze più importanti al mondo nel suo settore, accompagnato dall’attribuzione di una somma in denaro pari a 100mila sterline, una cifra che il nobile V&A ha deciso di devolvere, con beau geste degno di sottolineatura, a musei più piccoli. «C’è una lunga lista di strutture che meritano ancora di più questi soldi» ha affermato il direttore del Museo Martin Roth, annunciando la creazione di un dipartimento ad hoc per collaborare con altri enti museali britannici. «Questa necessità –ha aggiunto – è ancora più forte oggi dopo Brexit, per cui abbiamo bisogno di solidarietà, di lavorare insieme».
Tra le altre nomination dell’Art Fund vi sono state la galleria d’arte contemporanea Arnolfini di Bristol, la York Art Gallery, fresca di espansione dei suoi spazi, il Jupiter Arland, un parco provato che ospita sculture vicino a Edimburgo, il Museo Bethlem, a sud di Londra, che illustra la storia dei trattamenti psichiatrici nei vecchi manicomi.
E’ il caso di ricordare che il Victoria and Albert Museum contiene la più grande e completa collezione di abbigliamento di tutto il mondo, allestita in una grande sala circolare vicino ai disegni preparatori di Raffaello per la Cappella Sistina. In definitiva, questo luogo è un autentico scrigno di tesori, oggetti deliziosi e preziosi che raccontano 3000 anni di civiltà umana all’insegna del bello: ceramiche, mobili, vestiti, vetri, gioielli, accessori, fotografie, sculture, prodotti tessili e dipinti venuti dal’intero pianeta.
I pezzi forti della ricca collezione di moda sono rari modelli del ‘600, abiti “Mantova” del ‘700, nonché quelli da sera degli anni ’30 e’60 del ‘900. Non mancano poi le pioneristiche minigonne di Mary Quant e i sempre più numerosi esemplari del XXI secolo, in cui stili, materiali e culture hanno raggiunto una diffusione e una commistione come mai prima grazie alla facilità delle comunicazioni. Naturalmente un doveroso omaggio al gusto British è reso da un tributo espositivo a fenomeni stilistici peculiari come il New Romantic, lo stretch, il “dress to sweat”, il Gotico, il Glam Fetish, ma il tributo maggiore è forse rivolto a Vivienne Westwood, maîtresse à penser del costume punk e del decostruttivismo estetico, sulla cresta dell’onda da decenni (fra l’altro il suo legame con l’Italia è sempre stato intenso).
Per il 2016 il V&A ha ideato nuovi eventi originali, tra cui “Undressed: A Brief History of Underwear” (fino al 17 Marzo 2017), che esplora l’intimo legame della lingerie con la moda e il suo ruolo nel plasmare il corpo secondo un’ideale di gusto, con il taglio, la conformazione e l’ornamento che sottendono questioni di genere, sesso e moralità.
Sino al 6 Novembre si è tenuta “Engineering the World: Ove Arup and the Philosophy of Total Design”, una mostra dedicata ad Ove Arup (1895-1988), che fu un pioniere dell’approccio multidisciplinare al design, definendo il modo in cui il processo creativo è praticato oggi. L’esposizione londinese mette a fuoco la filosofia di Arup, evidenziando le sue idee attraverso materiali d’archivio inediti, tra cui progetti molto noti come la Sydney Opera House.
“L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo!” (Fëdor Dostoevskij). Il premio andato all’efficiente V&A Museum per le sue mostre di moda e design, in fondo, vuole solo confermarcelo.