Jean Patou: ai primordi della donna in sportwear
Se anche privo del clamore che accompagnò la sua principale contemporanea Coco Chanel, Jean Patou rimane l’inventore incontrastato di un ramo del guardaroba femminile mai preso in considerazione fino ad allora. Stiamo parlando dell’abbigliamento sportivo, la cui prima icona diventa la celebre campionessa di tennis Suzanne Lenglen. Patou inventa quindi un nuovo tipo di donna e si inserisce in un periodo in cui la pratica di discipline sportive quali il golf, il tennis, lo sci e il nuoto diventano una moda diffusa tra le signore dell’alta società.
Patou è anche il primo a porre le proprie iniziali sugli abiti, creando così il concetto di griffe e ancora a lui si deve l’utilizzo del jersey di Rodier in colori speciali quali il beige, il verde e il blu ancora prima di Chanel.
Come molti altri stilisti suoi contemporanei, anche Jean Patou si ispira alle avanguardie artistiche dei primi decenni del “˜900 e in particolare all’Art Déco. Lega il suo nome a quello di due protagonisti dell’arredamento francese degli anni ’20, Louis Sue e André Mare, fondatori della Compagnie des Arts Francaise. La convinzione su cui si basa il lavoro dei due designer è che lo stile francese nell’arredamento debba nascere con il mobile di lusso ma diffondersi con quello di serie. Patou affida loro la progettazione della sua casa e del suo atelier, nonché l’ideazione dei flaconi dei suoi profumi. Nel ’25, infatti, lo stilista francese dà vita ad una serie di profumi e cosmetici e nel 1930 passa alla storia con la fragranza Joy, ancora oggi la più cara sull’intero mercato mondiale.
Oltre a porsi come precursore dello sport wear, Patou veste anche l’aristocrazia e le dive più in vista dell’epoca, creando abiti da sera preziosissimi, realizzati con innovativi ricami stilizzati di materiali inattesi e indossati con splendide pellicce. Tali creazioni sono rese possibili anche grazie al legame con la fondazione russa Kitmir che gli permette di introdurre nell’alta moda rare lavorazioni di tipo folcloristico, atte a sublimare sontuosi abiti per dame seducenti e femminili, opera che gli vale l’appellativo di “sarto delle regine”.
Alla sua morte, nel 1936, l’atelier passa al cognato Raymond Barbas e attualmente la direzione è nelle mani del genero di questi, Jean de Mouy. Nel corso degli anni, in qualità di assistenti o praticanti, sono passati dalla maison Patou nomi del calibro di Bohan, Tarlazzi, Gaultier e Lacroix, a testimonianza della qualità e del valore di un nome non sempre annoverato tra i grandi ma che di questi fa sicuramente parte.