La nuova moda… Tra ‘500 e ‘600
“La Nuova Moda tra Cinquecento e Seicento” è il tema dell’affascinante mostra in corso fino al 19 Ottobre a Villa d’Este di Tivoli. I tessuti selezionati per questa originale rassegna provengono dalla prestigiosa raccolta “Gandini” di Modena, tra le collezioni più importanti per la storia del costume italiano ed europeo dal Medioevo all’800, provvista di oltre 2500 frammenti di tessuti d’abbigliamento e d’arredo. Comprende in effetti velluti, damaschi, broccati, lampassi, rasi, taffetas, tele stampate, ricami, merletti ad ago e a fuselli, passamanerie, nastri, galloni e frange, vari filati e abiti, oltre a numerosi documenti sulle tecniche e testi d’epoca che testimoniano la diffusione dei modelli tramite la stampa… tutti acquisiti dal conte Luigi Alberto Gandini nel 1881-1882 e poi donati ai Musei Civici della città emiliana.
I materiali in mostra a Tivoli offrono una significativa campionatura di quel momento, tra Cinque e Seicento, che assiste ad una netta separazione tra i tessuti per l’arredo e quelli per l’abbigliamento. Gli uni in realtà conservano i fastosi disegni a grande rapporto in auge nel Rinascimento, gli altri vedono ridimensionarsi i motivi decorativi che, pur ispirandosi alla natura, si fanno sempre più astratti. I damaschi e i velluti si coprono di minute serie parallele e sfalsate di tronchetti con foglie arricciate – le mazze o i bastoni spezzati – rigidamente incasellati all’interno di maglie regolari, che talvolta prevalgono al punto da eliminare ogni elemento riconoscibile; rombi, quadrati, linee sinuose o zigzaganti si stagliano ton sur ton sfruttando il rilievo dato dai ceselli vellutati o il gioco lucido/opaco del damasco.
Alle soglie del Cinquecento la moda degli abiti di corte – e con essi anche quelli di uso più comune – cambia aspetto quasi totalmente: il taglio diviene più confortevole e allo stesso tempo più spettacolare, evidenziando alcune caratteristiche fisiche. Nei vestiti femminili è accentuata l’altezza del busto a differenza di quanto avveniva in passato, allorché il corpetto era sottolineato all’altezza del seno; le gonne e le maniche sono rigonfie e voluminose, tuttavia lasciano scoperti collo e spalle. Per l’uomo, invece, si definiscono vestiti dai tagli più aderenti e si abbandona la consuetudine di utilizzare sopravvesti ampie e panneggiate. Poi, nel secondo decennio del Seicento, i disegni fini e ricercati come gemme cominciano ad ingrandirsi e a distaccarsi: mazzi di fiori, foglie e corolle caratterizzate singolarmente si allontanano tra loro, occupando campiture precise su fondi uniti, per incarnarsi in morbidi rasi e taffetas laminati e broccati, sempre in sintonia con le direttive di una moda ogni giorno più libera dai diktat di un unico riferimento.
Nella mostra ospitata nella magnifica cornice di Villa d’Este sono esposti anche 20 dipinti circa raffiguranti abiti d’antan, tra cui spiccano un’opera di Luca Ferrari che ritrae una classica Giuditta mentre taglia la testa a Oloferne, e una scena matrimoniale di scuola veneta. Ottima scelta, dato che le vesti rappresentate in tali quadri sembrano dialogare armonicamente con i costumi di scena creati dalla storica “Sartoria Farani”, da decenni al servizio del cinema e del teatro.
I dipinti selezionati per questa mostra provengono tutti da prestigiose collezioni (pubbliche e private), tra cui quelle della Galleria Estense, dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, del Castello Odescalchi di Bracciano, di Palazzo Chigi in Ariccia, del Museo Nazionale di Palazzo Venezia e della Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Corsini a Roma, del Museo di Palazzo Ducale a Mantova, oltre che dei già citati Musei Civici di Modena. Tra i ritratti selezionati per l’esposizione va rimarcata la presenza di opere di Sante Peranda, Lavinia Fontana, Giovanni Maria Morandi e Luca Ferrari, già menzionato sopra.
Promossa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo e realizzata dalla De Luca Editori d’Arte, l’esposizione è curata dal professor Roberto Valeriani. Pregevole il catalogo, il quale fra l’altro chiosa (nel saggio di Luigi Piccolo): “Per raccontare l’evoluzione della moda e del costume in Europa dagli inizi del Cinquecento al secolo successivo possiamo tracciare tre momenti ben definiti. Il primo è caratterizzato dal Rinascimento italiano, il secolo che esalta la bellezza, la cultura e l’armonia, regole vigenti nelle corti italiane, nelle quali si formano futuri papi, cavalieri di ventura e principi. La seconda parte del Cinquecento inizia con l’avvento della Controriforma, il Concilio di Trento detta nuove regole e di conseguenza anche l’abito diventa austero e molto meno appariscente. Nella terza fase, con l’avvento del Seicento, inizia lento, ma inesorabile, il declino dell’Italia e della sua egemonia sulla moda. (…) nei ritratti del Seicento i nobili vestono alla francese o alla spagnola, la moda italiana è ormai un lontano ricordo”.
Come accennato, a Tivoli sono esposti anche diversi costumi di scena ideati dai maggiori disegnatori italiani per il cinema, il piccolo schermo e il teatro lirico: a partire dalle serie televisive de I Borgia e dell’ottimo Leonardo di Castellani fino a pellicole recenti o ai mirabili costumi di due diverse produzioni del Don Carlos di Giuseppe Verdi. In occasione della mostra l’esperto di costume e ricostruzione storica, Luca Costigliolo ha ricreato, seguendo il modello del dipinto originale esposto a Villa d’Este, l’abito della regina Cristina di Svezia.