La Persia è di moda
“Là fuori, oltre a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì” scriveva il sommo poeta mistico persiano Rūmī. In effetti sono molti, negli ultimi tempi, i terreni di incontro tra Italia e Iran, l’antica Persia, compreso il settore della moda. La rimozione delle sanzioni internazionali legate al programma nucleare iraniano hanno spianato la strada ad una ripresa dei rapporti commerciali e culturali, oltre che politici e diplomatici, tra il grande Paese medio-orientale e l’Occidente, per cui l’Italia ha tutto da guadagnare. Assistiamo così a presenze, scambi ed eventi che ci vedono in prima linea sia qui che là per raccogliere i dividendi dello sviluppo economico e del fermento intellettuale dell’ex-impero degli Scià.
Ricordiamo innanzitutto che, dopo la firma di un accordo Italia-Iran sull’industria della moda promosso dai due governi, a fine 2016 diverse aziende italiane di vari ambiti merceologici (filati, tessuti, abbigliamento uomo, donna e bambino, macchinari, calzature) hanno partecipato ad una missione esplorativa in Iran organizzata da Sistema Moda Italia in collaborazione l’omologa Federazione iraniana (Teheran Garment Union) e con il supporto dell’Agenzia ICE a Teheran, per toccare con mano la realtà distributiva locale e raccogliere importanti informazioni per un’adeguata strategia d’ingresso nel mercato, in ottica di rapida internazionalizzazione (l’occasione è stata ideale per incontrare esperti di normativa doganale, tutela dei marchi, marketing, finanza, tendenze del design tessile e fashion, ecc). Grazie ad incontri bilaterali, alcune imprese italiane sono riuscite ad avviare relazioni con potenziali partner iraniani in grado di seguire ed espandere la presenza delle nostre collezioni nel Paese asiatico. Claudio Marenzi, Presidente di Sistema Moda Italia, ha osservato che “le recenti aperture politiche e la parallela evoluzione negli stili di vita e nei modelli di consumo, così come considerazioni di carattere socio-demografico (su 80 milioni di abitanti l’età media si attesta intorno ai 28 anni), concorrono a rendere l’Iran particolarmente attraente per i prodotti Made in Italy”. In particolare, nel corso di quella visita è emersa chiaramente la mancanza di concorrenti per un prodotto di qualità top come il nostro, in un mercato dalle straordinarie opportunità.
Brand internazionali come Dolce e Gabbana, Giorgio Armani, Versace sono ben noti ai giovani iraniani che, in molti casi, sono distanti da quell’etica religiosa che ha costituito le fondamenta della Repubblica Islamica. Molti di essi amano indossare capi d’abbigliamento in stile occidentale e diversi negozi, in particolare a Teheran, propongono vestiti all’ultima moda.
Versace, dopo Cavalli, ha recentemente inaugurato una boutique monomarchio nella capitale, in quella Via Alef che un giorno non lontano potrebbe diventare la Via MonteNapoleone iraniana. “Siamo convinti che il made in Italy potrà avere un futuro veramente interessante nel mercato iraniano“, ha spiegato Elias Saramin, businessman italiano, già designer di Versace e Cavalli e attualmente consulente generale del gruppo KelideTalaei (che ha ottenuto l’esclusiva sia di Versace sia di Cavalli) per la Repubblica islamica. Ha quindi aggiunto: “L’Iran è un mercato molto vicino a quello italiano per cultura, per gusto, per la gioia di vivere, anche se purtroppo all’estero si hanno idee molto stereotipate di questo Paese. La cosa più difficile, in un’operazione partita quando era ancora in corso l’embargo, è stata proprio quella di convincere gli imprenditori italiani a puntare su un Paese ben diverso da quello descritto per tanti anni“.
Alcune settimane fa il Gruppo Safilo ha invece siglato un accordo di distribuzione esclusiva per il mercato iraniano con Maxivision, che opera in loco con ‘Noor Gostaran Azin Aryan Company’, player attivo nel mercato eyewear. Così ora Safilo può offrire anche qui il suo portafoglio di marchi, con pezzi da novanta come Elie Saab, Dior, Fendi, Jimmy Choo, Givenchy, Céline, Boss, Max Mara, Pierre Cardin, Marc Jacobs, ecc. Il costo di abiti e accessori non sembra un problema per un ceto benestante e amante del lusso, formatosi nonostante o forse grazie all’embargo e alle ristrettezze economiche. D’altro canto Camicissima, brand italiano di camiceria e abbigliamento maschile con circa 250 store a livello mondiale, ha già aperto sei monomarca nel Paese medio-orientale che decisamente si sta confermando tra i più dotati di una clientela raffinata e attenta al lifestyle, cosicché il suo progetto retail in Iran ha in programma di raggiungere i 20 negozi entro il 2021.
Del resto a Homi, la rassegna internazionale e degli stili di vita che si tiene a Milano, è arrivata per la prima volta una pattuglia di cinque grandi buyer iraniani spinti anche dalle stime che prevedono per l’export italiano verso l’Iran un ammontare di quasi 3 miliardi di euro di qui al 2018. In particolare l’interesse verte su, per usare le parole di Seyed Hossein Fanaei, direttore generale di Damoon, una società numerosi punti vendita in Iran, “tutto quello che interpreta il design e la creatività italiana purchè prestigioso e di alto livello“. E gli ha fatto eco così Mohammand Nikmohammadi, titolare di Arian Planing, contractor per la progettazione di interni e l’arredamento di catene alberghiere e negozi: “L’ideale per noi è trovare quel prodotto italiano, nuovo e di design, che porti però una griffe affermata e conosciuta anche da noi”.
Vogliamo segnalare inoltre un concorso svoltosi a Teheran, nell’ambito del recente Fajr Fashion and Clothing Festival, a cui ha partecipato l’Istituto Europeo di Design (IED) con sede a Milano, ma attività didattiche svolte in varie città italiane ed estere (tra cui adesso anche Teheran), con l’obiettivo di importare in Iran non solo i capi delle firme italiane più rinomate, ma anche la cultura e le competenze che vi stanno dietro, in modo da farle incontrare con il gusto locale e favorire nuovi trend di moda nel mondo islamico. “Molti amano la moda italiana, ma ad essere importati sono soltanto i prodotti e non la conoscenza e l’eredità culturale da cui origina questo successo” ha spiegato Sadra Shariatmadari, marketing manager di alcuni brand italiani come Geox, Liu-jo, Marina Rinaldi, Boggi Milano. Ha poi precisato che “ci sono due università con corsi di moda a Teheran, ma la maggior parte degli studenti frequenta corsi privati. Il mercato per i giovani stilisti è già saturo in Italia, mentre ci sono molti produttori in Iran che ne cercano e vanno a trovarli in Turchia”. Insomma, anche per il know-how italiano, oltre che per il management e la comunicazione visuale, si potrebbe spalancare per la moda italiana un altro ricco mercato. Convinto che la creatività italiana e quella iraniana potrebbero fare insieme grandi cose, lo stesso Shariatmadari invita a puntare sullo straordinario gusto estetico delle donne di Teheran, che sanno trasformare il velo imposto dalla legge statale in un complemento chic, da declinare vezzosamente in mille modi.
A sottolineare il reciproco interesse tra Italia e Iran è il caso di ricordare, infine, che nel 2017 il nostro Paese è ospite d’onore alla Fiera del Libro di Teheran, mentre la Persia per un anno intero è protagonista dei diversi eventi in programma nella rassegna culturale “Stupor Mundi” a Casalmaggiore (CR). Pertanto non possiamo che concludere citando un altro antico poeta persiano, il grande Khayyām, che scriveva: “Un giorno che tu abbia trascorso senza amore / Non v’è per te altro giorno più perduto di quello”.