“L’angolo del Dandy” in mostra a Roma
“Il dandy deve aspirare ad essere sublime, senza interruzione. Deve vivere e dormire davanti ad uno specchio” sosteneva Charles Baudelaire nell’opera “Il mio cuore messo a nudo”. Il dandismo, movimento culturale e di costume che ha imposto una vera e propria dottrina dell’eleganza, nato in Inghilterra alla fine del XIX secolo, ha plasmato il pensiero e l’immaginario sia moderno che contemporaneo. La mostra “L’angolo del dandy” ospitata pressola Casina delle Civette dei Musei di Villa Torlonia a Roma, dal 4 aprile al 6 maggio 2012, invita i visitatori a partecipare a una riflessione inedita sul dandismo come filosofia esistenziale ed estetico-etica. Un percorso originale, all’insegna dello stile, unisce letteratura, arti figurative, musica e cinema attraverso il racconto della vita e delle opere di alcuni personaggi simbolo: Karen Blixen, Luigi Ontani, Erik Satie e Luchino Visconti. Ad ognuno dei quattro protagonisti verrà dedicata una settimana caratterizzata da un ricco calendario di eventi correlati alla mostra.
Le curatrici dell’esposizione, Tiziana Gazzini e Maria Grazia Massafra, hanno voluto rappresentare un pensiero esistenziale che intreccia uno stile di vita, utilizzando linguaggi trasversali; il respiro europeo dell’iniziativa ribadisce una circolazione della cultura, delle arti, della moda che non conosce confini. La mostra promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale e dall’Associazione Culturale “La coda dell’occhio” con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura gode infatti del patrocinio dell’Ambasciata di Danimarca, di Francia e della Repubblica Federale di Germania.
La stessa location che accoglie il percorso è espressione dei gusti raffinati ed esclusivi di un altro esteta, il principe Giovanni Torlonia Junior. Ciascuna sezione è rappresentata da una vetrata-icona della Casina delle Civette che fu eletta dal principe a residenza. La vetrata “Rose, farfalle e nastri” dal balcone delle rose, creata da Paolo Paschetto nel 1920, simboleggia il racconto estetico dedicato a Karen Blixen. “I pavoni” di Umberto Bottazzi, dalla stanza dei ciclamini, introducono gli studi per le vetrate d’arte di Luigi Ontani. “La finestra delle civette” di Duilio Cambellotti ben si presta a rappresentare la figura del dandy esoterico impersonata con rigore minimalista, nell’arte e nella vita, da Erik Satie.Visconti e il suo alter ego Ludwig II di Baviera vengono introdotti dalla vetrata “Il lago del cigno” realizzata dal Laboratorio Picchiarini nel 1914 (del resto, proprio alla legenda di Lohengrin, cavaliere del cigno, è dedicato il fiabesco castello di Hohenschwangau acquistato dal padre di Ludwig, re Massimiliano II).
La sezione dedicata a Karen Blixen, intitolata “I fiori del dandy” è caratterizzata dalla presentazione, da foto e riproduzioni ispirate alle composizioni floreali selvagge e trasbordanti, ascetiche e barocche che la scrittrice amava realizzare per la sua casa di Rungstedlund, vicino Copenhagen. Composizioni floreali che tuttora vengono riproposte nella casa-museo della Blixen attingendo dal giardino di fiori da taglio. Il dandismo si esprime dunque, anche attraverso opere d’arte che durano un soffio, romanzi, racconti e poesie composte con il linguaggio policromo dei fiori, che vivono appena il tempo di uno stelo reciso e che si pongono accanto alle opere “permanenti”: fra i successi letterari della scrittrice ricordiamo romanzi come “La mia Africa” o “Il pranzo di Babette” (che hanno ispirato pellicole pluripremiate) e raccolte letterarie come le “Sette Storie Gotiche” o “Racconti d’inverno”. Immagini e testi ricordano la donna elegante che ha sedotto fotografi e scrittori. In “Observations” , volume del 1959 con foto di Richard Avedon e testi di Truman Capote, l’autore di “Colazione da Tiffany” descriveva Karen Blixen con le seguenti parole: “Una figura indimenticabile, uscita fuori da uno dei suoi racconti, che il tempo ha rifinito e distillato fino alla sua essenza, come un acino diventa uva secca, le rose diventano olio (…) la vraie chose, un vero qualcuno”. Il corpo segnato da una magrezza estrema, l’espressione di un dandismo al femminile, suggeriscono il legame con una celeberrima signora dello stile, Gabrielle Chanel, che rincontreremo più tardi nella sezione della mostra dedicata a Luchino Visconti.
“La trasparenza del dandy” è il titolo della sezione dedicata a Luigi Ontani. Tra studi e vetrate, come tutti i grandi dandy, Ontani formula la sua storia e fonda la sua avventura sull’ambiguità dell’identità e della maschera. Così la maschera di “scena” e la foggia della quotidianità forniscono entrambe prospettive all’arte; il processo è dimostrato dalle immagini del guardaroba dell’artista esposte nella mostra. Il pavone, simbolo di vanità, ricorre come soggetto ed icona-guida anche nella statua in maiolica intitolata “ErmEstetica PavonDante”.
Erik Satie viveva negli anni di Montmartre, al numero 6 di Rue Cortot, in una stanza talmente piccola che lo stesso compositore la soprannominò le placard (l’armadio). La sezione intitolata “L’armadio del dandy” accoglie i paradossi estetici, esistenziali e non solo musicali di un uomo che ha portato praticamente per vent’anni lo stesso vestito e quando pioveva proteggeva l’ombrello sotto la giacca (nel placard erano conservati un numero esorbitante di ombrelli accanto a ritratti e disegni di Picasso, Picabia ed Erté). La bombetta, il bastone, il colletto più che accessori divengono parti essenziali di una personalità trasgressiva. La scelta estetica di indossare la bombetta, il colletto rigido, gli occhiali pince-nez e una giacchetta nera restituiva un abbigliamento formale che risultava eccentrico fra gli artisti dell’epoca. Satie prese parte così vestito ad “Entr’acte”, breve film di René Clair del 1924: il regista colpito dalla sua mise inserì in seguito, nelle sue pellicole, numerosi personaggi abbigliati alla stessa maniera. Eccentricità, dandismo e minimalismo caratterizzano anche la musica del compositore. La “Musique d’ameublement” è a tutti gli effetti “un accessorio estetico da consumare” e musica da vedere è anche quella del “Prélude en tapisserie” in cui alcuni gruppi di note ritornano regolarmente come i motivi decorativi di una stoffa, di una carta da parati, di un tappeto.
Proprio l’attenzione maniacale per l’estetica e per il dettaglio segnano, infine, l’opera filmica di Luchino Visconti. La grandezza degli interni, lo sfarzo regale di costumi e memorie si prestano per ricostruire il rapporto critico di Visconti con il concetto di economicità, l’anti-economia della sua messa in scena. La ricostruzione, proposta dall’esposizione, va dai riferimenti alle sete damascate e costosissime utilizzate per tappezzare l’abitazione del protagonista di “Gruppo di famiglia in un interno”, interpretato da Burt Lancaster ed ispirato a Mario Praz, ai costumi indossati da Helmut Berger nel film “Ludwig”. La mostra include l’alta uniforme e immagini del mantello utilizzato per la scena dell’incoronazione in velluto bordeaux, foderato e bordato in ermellino bianco con rifiniture in oro, entrambi disegnati dal costumista Piero Tosi e realizzati dalla Sartoria Tirelli. L’esposizione racconta inoltre, il rapporto di amicizia e di collaborazione che lega Visconti e Coco Chanel. Vengono affiancate foto degli anni ‘30 di Horst P. Horst che ritraggono il grande regista e la grande fashion designer. A Parigi, all’età di trent’anni, Visconti comincia ad avvicinarsi al mondo dello spettacolo e in particolare ad interessarsi al cinema; proprio Chanel introdurrà, quello che sarebbe diventato uno dei più grandi maestri della filmografia mondiale, nell’ambiente politico-culturale parigino e lo presenterà a Jean Renoir con cui Luchino Visconti inizia a lavorare come aiuto regista per i film “Les basfonds” e “Une partie de campagne” del 1936. Passando per l’esperienza comune al Théâtre de Paris del 1961 il sodalizio fra i due durerà praticamente per tutta la vita. Il percorso della mostra accoglie immagini di Romy Schneider che prova un tailleur Chanel aiutata da mademoiselle Coco e l’attrice vestita Chanel che discute con il regista una scena dell’episodio “Il lavoro” girato per il film Boccaccio ’70. Visconti amava ricordare Gabrielle Chanel con queste parole: “Una donna straordinaria, intelligente, deliziosa, gelosa…”.
Per scoprire gli eventi teatrali e musicali correlati alla mostra “L’angolo del dandy” è possibile visitare i siti www.zetema.it e www.museivillatorlonia.it/mostre.