L’autunno si veste dei suoi caldi colori
“Autunno. Già lo sentimmo venire / nel vento d’agosto, / nelle pioggie di settembre…” scriveva Vincenzo Cardarelli. La stagione in cui si raccolgono i frutti della terra e la natura si prepara al grande sonno invernale è sempre stata fonte di ispirazione per gli artisti, anche come metafora del tempo che scorre e del periodo della maturità che cede il passo alla fine. In effetti è un momento di transizione e di ripiegamento su se stessi, nel quale la malinconia spesso domina, ma non si accompagna necessariamente ad emozioni negative, anzi può essere foriera di solida crescita interiore.
Tradizionalmente l’autunno è l’epoca della vendemmia, delle foglie che cadono, dei colori caldi che accendono gli alberi, delle ultime attività agricole prima del lungo riposo e del silenzio… Nell’arte medioevale era rappresentato con i lavori caratteristici (si pensi ai cicli scultorei o pittorici presenti in molte chiese e palazzi), quindi con il contadino che pigia il mosto, spacca la legna, ara il campo, semina. Il soggetto allegorico per eccellenza diventa poi Bacco, il dio del vino, la cui iconografia risulta quanto mai varia. Emblematico è anche il caricaturale volto maschile composto da Arcimboldo con elementi vegetali che attingono alla più bizzarra fantasia.
In questa sede, per introdurre l’autunno, abbiamo scelto un dipinto di Paul Gaugin (Parigi, 1848 – Tahiti, 1903) che ci inebria di colori, suscitandoci tutti i sentimenti che caratterizzano tale stagione.
L’opera, intitolata “Par le courant, Automne” (Presso il ruscello, Autunno), denota uno stile essenziale, chiaramente post-impressionista, e fu realizzata a Dieppe nel 1885, in un periodo in cui il 37enne pittore cercava di superare i dissesti finanziari provocati dal crollo del mercato azionario e provava a farsi strada da solo dopo aver abbandonato moglie e figli per dedicarsi completamente alla pittura, un bisogno che poi si sublimerà nell’ossessiva ricerca di felicità e libertà allo stato puro. Ciò, come risaputo, lo porterà qualche anno più tardi a trasferirsi in Polinesia, ormai alieno al naturalismo occidentale e irresistibilmente attratto dalle figure primitive di un ambiente verace. E farà di lui uno dei fondatori dell’arte moderna.
Macchie di colore vivido – giallo, verde, rosso – ci descrivono subito un paesaggio colto nel suo trascolorare, in una metamorfosi spazio-temporale che dai fasti dell’estate scivola verso un’attonita pensosità: gli alberi, il ruscello, le rive erbose, le colline, il cielo, tutto sembra salutare in gloria la bella stagione per incamminarsi verso una destinazione ignota. Ma “l’autunno è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore” affermava Albert Camus.
Gaugin, noto per il suo rifiuto delle convenzioni dell’arte europea e la sua rinascita come uomo e come pittore a Tahiti, incarna l’aspirazione del ritorno ad un’idea romantica della vita allo stato di natura. Fu tra i primi a utilizzare il colore per fini meramente decorativi e luministici, soprattutto in chiave emotiva.
Il dipinto autunnale qui esaminato risale a sei anni prima della sua “fuga” in Polinesia, ma lascia già intuire le direzioni che la sua arte avrebbe preso, lontana da artifici e consuetudini, per “entrare nella Verità” e “diventare tutt’uno con la natura” (come scrisse egli stesso nel libro “Noa Noa”).