Le cose che ci salvano
“Buttare è sprecare un’opportunità, spesso la migliore. A cosa mai possono servirmi un mix assortito di cavi connettori, due lampadine a incandescenza fulminate, una bussola da carteggio, un fischietto…? Beh, è proprio questo il punto: tutto può tornare utile prima o poi. Se salvi una cosa, questa un giorno può salvare te” scrive Lorenza Gentile nel suo ultimo libro “Le cose che ci salvano” (Feltrinelli).
Non siamo all’ennesima santa crociata ambientalista pro-sostenibilità né al revival crepuscolare delle gozzaniane “buone cose di pessimo gusto”, bensì vicini piuttosto all’etica di Georges Bernanos in “Diario di un curato di campagna”: “Le piccole cose hanno l’aria di nulla, ma ci danno la pace”. O alla filosofia empirica di Piero Chiara in “Sale e tabacchi”: “È l’amore per le piccole cose a trattenerci nel mondo, a farci gustare la vita. L’amore per le cose grandi o supposte tali, ci stacca dal mondo e finisce per farci perdere il gusto del vivere”.
Senza rivelarne la trama, basti dire che il libro di Lorenza Gentile ha per protagonista la 27enne Gea, da 5 anni trasferitasi a Milano da una località di campagna dove per 22 anni era vissuta in una famiglia iperprotettiva e catastrofista, ed è quindi il racconto di una vicenda individuale e di una crescita personale, ma è anche un affresco della metropoli tutt’altro che a misura d’uomo – e tanto meno di giovane – nonché una riflessione sulle nuove generazioni ed i loro problemi di socialità, di autoaffermazione, di ricerca di un ruolo nel mondo, professionale e umano.
Gea ai più appare un tipo un po’ stravagante, che per vivere si adegua al mestiere di tuttofare, parla poco – tranne con qualche personaggio del suo quartiere con cui ha fatto amicizia e a cui dedica premure e attenzioni – e ama riparare gli oggetti. La missione che la ventisettenne si è data e in cui trova la sua ragione di vita è quella, infatti, di ridare vita e senso alle cose scartate, in una sorta di personale campagna per l’economia circolare minima. Da questo all’idea di salvare un vecchio negozio chiuso, il passo è breve.
“Si può spiegare in che consiste la magia della vita, se uno non la sente da solo nelle cose minime e quotidiane, o meglio: se non la porta in sé stesso?” scriveva Rosa Luxemburg nella lettera dal carcere a Hans Diefenbach.
“Le cose che ci salvano”, scritto con stile fluido e suggestivo, è anche un appello alla gentilezza – dei pensieri, delle parole, dei gesti – al prenderci cura di chi sta intorno a noi, persona o cosa, ad accorgerci di quanto accade nel mondo: “A volte, quando trascorro un’intera giornata senza che qualcuno mi abbia guardato negli occhi, me lo chiedo, se sono ancora al mondo. Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente, fa rumore? Io penso di no: il mondo non può esistere, se non c’è nessuno a percepirlo. E così anche noi esitiamo soltanto quando qualcuno ci guarda, quando qualcuno ci ascolta, se qualcuno riconosce che siano lì” afferma la protagonista.
Così, Gea decide di impegnarsi in prima persona a salvare il mondo in cui crede, anche a nome della sua comunità, cominciando dalle piccole cose, che sono appunto quelle che alla fine salvano noi.
Come scriveva niente meno che Vincent Van Gogh, “Fare bene le piccole cose è un passo per fare meglio le cose grandi”.