Le donne di Guido
Le opere dello scultore-orafo Guido Angeletti sono una sintesi eloquente di cosa significhi potenza plastica associata all’urgenza della contemporaneità. E cosa c’è di più pressante oggi della condizione della donna e del suo ruolo in questo mondo?
Nella loro apparente spontaneità e immediatezza queste sculture lucenti come gioielli sono rivelatrici di un forte spirito innovatore innestato su una fine sensibilità, che trova la sua cifra elettiva nella semplicità e nella purezza delle linee, nel tentativo di rompere schemi mentali preconcetti per ridare respiro alle forme ed ai pensieri. Per Angeletti non è tanto la materia, sebbene evoluta, a rendere moderno un oggetto, quanto la sua costruzione nello spazio attraverso nuove modalità, slanci vitali, palpiti universali. Ecco perché la sua arte attira sia l’osservatore più aperto e smaliziato, intollerante di ogni retorica, sia un pubblico avvezzo alle convenzionalità del gusto.
In effetti, pur rifacendosi a modelli noti, Angeletti sembra ricercare soluzioni originali coniugando nitidi stilemi classicisti con tentazioni simboliste ed espressioniste. Tanto più che in lui la fantasia non è meno imperiosa della ragione, né meno ardita della perizia tecnica delle sue mani (il metodo prediletto è quello della fusione in allumino e bronzo con la tecnica della cera persa).
Le sue donne, in particolare, possiedono un’aura metafisica, talvolta idealizzate nel mito o esaltate come apparizioni poetiche, talaltra trasfigurate in un sogno ad occhi aperti sulla realtà quotidiana, mai rinnegate, nemmeno quando in apparenza evocano geometrici manichini. Ferme nel loro dinamismo volumetrico (il che suona quasi un ossimoro), palesano una tensione drammatica poderosa, sorvegliata tuttavia da forme ligie ad un precetto stilistico che nasce da un’intima persuasione.
Dai suoi materiali (metalli, ma anche vetroresina) Angeletti trae un microcosmo pulsante che a volte pare lanciare un urlo e a volte chiudersi nel silenzio pudico dei sentimenti, in cui ogni tratto è concepito per offrire testimonianza di umanità e verità.
In queste sculture, dove le lucidature a specchio si alternano a testurizzazioni e patinature classiche, si avverte sovente l’eco di un conflitto fra due opposti, permanenza e caducità, bene e male, vero e falso… E su questi profondi dissidi l’artista ha definito la propria identità culturale ed emotiva, in un dialogo con la natura femminina che scaturisce dall’inconscio, ovvero dai più profondi recessi della memoria atavica, per affidarsi ad allusioni metaforiche che attingono al presente.
Angeletti dimostra così come la sua arte abbia qualità estetiche pari a quelle morali, superando la durezza della materia e affidando ad essa i moti di persone dalla forza antica, la cui energia è quella dell’eterna lotta della libertà con le costrizioni, della autonomia di pensiero nella dinamica soggettiva con i problemi di ogni giorno.
L’amore disinteressato per ogni creatura vivente, nella fattispecie “le nostre donne” nella loro fragilità, ma anche nella loro potenzialità creativa infinita, è il fil rouge di queste preziose opere, che racchiudono situazioni spesso ardue e figure intimamente complesse in una dimensione di purezza e semplicità che invita al riscatto.