Le sfide di AltaRoma
La domanda viene spontanea. AltaRoma ha tolto dal suo logo il lemma AltaModa, con l’intento quindi di focalizzare la sua attenzione su altro; e ciò è sempre più evidente: attenzione ai giovani e alle artigianalità romane.
Ma allora ha senso mantenere un numero così ridotti di passerelle di collezioni di alta moda? Non sarebbe economicamente più conveniente lasciare in mano della Chambre syndicale de la haute couture di Parigi, l’onere definitivo, come già fa, di decidere quali maison anche italiane possono fregiarsi del titolo di maison di haute couture e quindi offrire ad esse il palcoscenico delle passerelle parigine?
Nonostante tutto, AltaRoma sembra rispondere di no. Roma ha storia, tradizione e realtà di altissima sartorialità e artigianalità ancora attuali che la direzione dell’ente romano, sotto la spinta del Presidente Silvia Venturini Fendi, intende conservare e sviluppare. Non a caso tra gli eventi dell’edizione di gennaio 2017, accolto al MAXXI il Museo nazionale delle arti del XXI secolo progettato dall’architetta Zaha Hadid, ha destato molto interesse il talk ,“Roman’s Romance”, moderato da Giovanna Melandri, attuale presidente della Fondazione legata al Museo, con la partecipazione Silvia Venturini Fendi, Maria Luisa Frisa, Pierpaolo Piccioli. Se Silvia Veturini Fendi ha voluto ricordare che “Roma è una città deputata ad accogliere la moda…..,….. un palcoscenico ideale per la creatività, dove vivere e trarne ispirazione”, il direttore creativo di Valentino ha evidenziato che “per Roma l’Alta Moda è un fattore di identità. Esiste una scuola romana”, espressione questa coniata da M. Luisa Frisa. Del resto basta ricordare che sono romani alcuni tra i nomi dei talenti più importanti del panorama contemporaneo del fashion, da Frida Gannini allo stesso Piccioli, Alessandro Michele, Maria Grazia Chiuri , Marco De Vincenzo.
Certo la sfida di AltaRoma non è in relazione alla promozione dei giovani stilisti, che sembra compito più semplice, ma in relazione alla haute couture e sarà quella di dimostrare la capacità di produrre un calendario di richiamo. La manifestazione può rimanere eclettica-come è attualmente; da una parte l’incubatore per i giovani con vocazione al prêt-à-porter, poi le iniziative e attività connesse alla moda in Città. Roma è ricchissima di tante espressioni di creatività e artigianalità, strade, botteghe, atelier, boutique del lusso che durante la manifestazione sono aperte significativamente al pubblico; però devono essere messe in grado di intercettare -è una sfida definire come sia possibile-, anche le migliaia di turisti che popolano Roma allo stesso modo a fine gennaio come in qualsiasi epoca dell’anno.
Terzo ambito l’alta moda. Questo settore dovrebbe essere lo zoccolo duro della manifestazione, quello che sostiene e presta visibilità ai giovani e aggiunge alla città di Roma un nuovo titolo, non solo città di arte, centro di religiosità, ma città della moda. Il calendario di gennaio 2017 è stato troppo esiguo, anche perché sono anche venuti a mancare nomi abituali come Antonio Grimaldi, che sfila a Parigi e Raffaella Curiel impegnata forse nel nuovo assetto del suo atelier. Basterebbero gli attuali couturier, più gli italiani che sfilano a Parigi, Giambattista Valli, Armani Privé, Valentino, Francesco Scognamiglio, e gli stessi Antonio Grimaldi e Raffaella Curiel oltre ad alcuni stranieri per avere un calendario in grado di competere con Parigi, l’altra e unica città sede dell’alta moda. Si dice che l’Alta Moda si fa a Parigi e basta; Roma deve dimostrare di essere in grado di far rivivere l’atmosfera degli anni ’50, quando gli atelier romani erano l’Alta Moda, quella che richiede tante ore di lavoro, quella che è fatta per una cliente ben precisa. Solo un calendario interessante può attirare la stampa internazionale che da Parigi si sposta a Roma per le sfilate in calendario, ma anche per dare un’occhiata alle nuove leve.
Ma cosa è disposta a dare Roma per attirare Maison di questo tipo? Non è possibile pensare che vogliano sfilare nel Guido Reni District, location di architettura postindustriale, adattissime per i giovani, ma poco decorose per nomi come Valentino o simili, dove solo le luci puntate sulla passerella fanno dimenticare la povertà dell’ambiente. Quali investimenti si è disposti a fare, per far girare per alcuni giorni attorno a Roma l’attenzione della stampa e di tutti quei personaggi, specialmente del mondo dello cine e dello spettacolo, che sono quelli, assieme a pochi altri nel mondo, a poter acquistare capi di alta moda. Quali investimenti si è disposti a fare per promuovere scuole che formino couturier, creatori di un bello di lusso, innovatori e sperimentatori di soluzioni stilistiche che solo il fatto a mano può dare? Scuole insomma che richiamino giovani con voglia di dedicarsi con passione all’arte dell’ Alta Moda?
Ecco la sfida! Come trasformare Roma nella capitale dell’alta moda con i riflettori sulla Città anche se per pochi giorni? Come legare l’alta moda romana a Roma città d’arte? La sfida non è solo per AltaRoma e le istituzioni, da Roma Capitale e Regione, al Ministero dello Sviluppo Economico e dell’ICE. “ Roma necessita di creare sistema.” ha ammonito Silvia Venturini Fendi. E tutto il settore Moda che deve fare sistema intorno a Roma per preservare un spazio di eccellenza del Made in Italy; e questo per le ricadute che la haute couture può avere anche su aspetti più commerciali della moda come è il prêt-à-porter. Se si vuole mantenere alta la qualità del prodotto italiano “il bello ben fatto” è necessario mantenere il luogo dove il prêt-à-porter può specchiarsi e attingere; è necessario mantenere alta l’asticella dell’eccellenza e ciò anche a vantaggio dei giovani stilisti. Il lavoro che comporta l’alta moda permette di imparare cosa significa sperimentare nuove soluzioni stilistiche, cosa è la perfezione dell’artigianalità, cosa significa ricerca artistica, cosa significa rivisitare la tradizione in chiave contemporanea, cosa significa ispirazione, creatività , fantasia ecc.
E tutto ciò si impara da maestri, non sui libri.