L’emigrazione interpretata da Stella Jean
Nell’ attesa per accedere alla location della sfilata dì Stella Jean per la presentazione della collezione P/E 2016 a Milano Moda Donna, è stato divertente osservare le molte persone che indossavano capi della stilista italo-haitiana. La conclusione ricavate sono due. E’ difficile portare i capi di Stella: ci vuole molto charme per risultare eleganti; qualcuna ci riesce con grande successo, molte scivolano nel kitck. La seconda considerazione è che la stilista sta creando uno stile: gonne di linea corolla -dove l’orlo si ferma appena sopra il ginocchio-, molto femminile e molto bon-ton; colori accesi; la camicia di taglio maschile, a quadri o liscia, sta diventando grazie a lei una esigenza del guardaroba femminile.
Stella Jean ci ha abituati a collezioni con un mixage di elementi che lei stessa definisce un ponte tra culture. E’ la sua una volontà espressa di dimostrare, attraverso il suo lavoro, che è possibile la tolleranza, il rispetto tra le varie popolazioni, la valorizzazione – come fa sapere attraverso una nota che suona a proclama etico -di artigianalità di comunità indigene che rischiano di perdersi; tutto ciò mira nei desideri della stilista “a generare impresa e auto sostentamento nelle comunità locali, evidenziando la forza motrice femminile, tramite la consapevolezza e l’orgoglio delle proprie risorse al fine di innescare un meccanismo d’indipendenza che scardini il fallimentare assistenzialismo”.
E’ il suo un codice etico forte e significativo che si esprime in un codice estetico molto definito fatto di eleganza e pudore, di femminilità accentuata ma non ostentata, dove l’abito esalta la corporeità, ma non scopre il corpo.
Lo stile di Stella può piacere o meno. Ciò che è certo è che le sue collezioni hanno un contenuto, sono intelligenti, fanno pensare, stimolano a volersi appropriare del bello di cui si nutrono altri popoli, a conoscere da dove nascono certe abilità per costruire oggetti di adorno anche con materiali poveri, per tessere fili coloratissimi, ecc.
Anche nella collezione P/E 2016 la stilista ha dimostrato la sua sensibilità sociale. Ha attinto l’ispirazione da un problema attuale, l’emigrazione, ma ha anche fatto un passo indietro, quando i migranti eravamo noi italiani delle zone rurali più povere verso il continente americano, il Sud e il Nord America, così come oggi lo sono gli Africani verso l’Europa e ancora i giovani italiani, magari laureati al Politecnico o alla Bocconi, verso l’Inghilterra.
Il filo conduttore della collezione è quindi l’esodo, l’emigrazione; innanzitutto il grande esodo, a partire dal 1876 e fino al 1929 e poi in misura minore dopo la fine delle seconda guerra mondiale, verso l’America del Sud, Argentina, Brasile, i Paesi andini. Da questi Paesi la stilista attinge a piene mani per costruire una collezione coloratissima, giovanile, talvolta ironica ma rispettosa di ogni popolo, sempre attenta alla precisione sartoriale del capo. Il dramma del viaggio è rappresentato nelle stampe che raffigurano le marce migratorie di famiglie con relativi fardelli. Riconosciamo il Brasile nelle balze carioche di stoffa o di rafia multicolore, negli ampi gonnelloni che evocano le monumentali ‘Signore di Bahia’. I Paesi andini sono ricordati dal caratteristico porte-enfant artigianale che diventa mantella e dalle scene di vita, dipinte e ricamate a mano; non mancano le donne che indossano la peculiare bombetta, e portano grandi colli ricamati, casacche rigate e gonne ad anfora annodate da cinture di fortuna.
L’approdo negli Stati Uniti è ricordato dal bomber college e dalle camicie over da cowboy; e dagli abiti femminili adorni di rouches delle donne di fine ottocento anche esse impegnate nella conquista del selvaggio West.
Le giovani italiane che partono per Londra dovranno fornire il loro guardaroba di un trench e di rigorose camicie da uomo.
Il filo conduttore così importante non ci fa dimenticare gli aspetti più prettamente stilistici della collezione. La linea si sbizzarrisce tra gonnelloni gonfi e gonne ad anfora di lunghezza maxi e midi prevalentemente, talvolta mini; chemisier morbidi e casacche rigate oltre le camicie over; spesso il tutto arricchito da balze di raffia coloratissime sulle gonne e sui corpini , rouches e applicazioni di pietre e ricami.
La scelta degli accessori conferma il percorso della stilista di spaziare su un total look che, come dicevamo prima, diventa uno stile inconfondibile. A ciò si accompagna il desiderio di utilizzare, trasformandoli in oggetti fashion, pezzi artigianali che Stella Jean scopre viaggiando indefessamente alla ricerca di piccoli capolavori fatti anche con materiali di scarto. Utilizza i tessuti del Burkina Faso e le pelli conciate in Etiopia per le borse; fa realizzare clutch in papier-mâché fatto di sacchi di cemento riciclati e amidi di origine vegetale e le fa dipingere a mano ad Haiti. Fa indossare alle modelle collane e bracciali in plexiglass impreziosito da applicazioni in fer forgé: per ottenere il risultato voluto ha chiesto a fabbri di Croix-des-Bouquets, nei sobborghi di Port-au-Prince, di forgiare il ferro da fusti di petrolio riciclato. Il fer forgè ritorna sotto forma di “chicchi di caffè” in collane, bracciali e orecchini; anche il corno di bue dipinto a mano è il materiale per bracciali e orecchini.
Le modelle sfilano con sandali alti e pianelle con frange in rafia colorate; zoccoli rigati e ricamati; sandali “ragnetto” multicolore con tacco in rafia.
Tra gli accessori troviamo gli ear cuff , l’orecchino gioiello da indossare unico che non richiede i buchi e che è oramai un must have, sono in fer forgé realizzati artigianalmente e manualmente a Jacmel. Visierine in papier-mâché riciclata, realizzate a mano ad Haiti; mezzelune anni ’50 utilizzate come fermagli per capelli, realizzate in paglia o tessuto e ricamate a mano; occhiali in legno e sughero completano la gamma di accessori della collezione.
Chiude la sfilata una passerella di modelle a piedi nudi che indossano di costumi da bagno, bikini e costumi interi anni ’50; una cintura in vita anche sulla pelle nuda assoggetta la camicia da uomo, fresca e ampia, da indossare quando il sole si fa pericoloso.