L’onda lunga della Cina sulla nostra Couture
E’ stata la mostra dell’anno al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York: “China: Through the Looking Glass” ha esplorato le influenze dell’estetica cinese sull’immaginario occidentale, a cominciare dalla moda. In modo sofisticato e coinvolgente, ha evidenziato il fascino misterioso che l’Oriente ha sempre esercitato sulla nostra cultura, sin dai primi rapporti commerciali ai tempi dell’Impero Romano che portarono in Europa la seta, passando per le suggestioni orientaliste di fine ‘800 in Francia e Inghilterra, per giungere ad oggi, allorché il gigante asiatico è un protagonista indiscusso della scena globale.
Curato dal “padrone di casa” Andrew Bolton, l’evento del Met ha potuto fregiarsi dell’allestimento artistico (esotico e multimediale) del regista cinese Wong Kar Way (quello che ha diretto “In The Mood for Love”, per intenderci).
Il risultato è stato un felice accostamento di abiti di grandi stilisti a pregiati oggetti provenienti dalle Chinese Galleries dello stesso museo newyorkese e dal Museum of the Beijing Palace (Pechino), tra cui costumi tradizionali, porcellane, dipinti, giade. In totale erano 140 i capi di haute couture e pret-à-porter di griffe come Cristobal Balenciaga, Travis Banton, Bulgari, Sarah Burton per Alexander McQueen, Callot Soeurs, Cartier, Roberto Cavalli, Coco Chanel, Christian Dior, Tom Ford per Yves Saint Laurent, John Galliano per Christian Dior, Jean Paul Gaultier, Valentino Garavani, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli per Valentino, Craig Verde, Guo Pei, Marc Jacobs per Louis Vuitton, Karl Lagerfeld per Chanel, Jeanne Lanvin, Ralph Lauren, Christian Louboutin, Martin Margiela, Alexander McQueen, Alexander McQueen per Givenchy, Edward Molyneux, Kate e Laura Mulleavy, Dries van Noten, Jean Patou, Paul Poiret, Yves Saint Laurent, Paul Smith, Van Cleef & Arpels, Vivienne Tam, Giambattista Valli, Vivienne Westwood, Jason Wu, Laurence Xu.
Il confronto/dialogo tra gli uni e gli altri ha messo in luce profonde analogie tra l’immaginario legato alla Cina e la nostra moda, la quale ha “reinventato” creativamente (sin troppo creativamente talvolta) le suggestioni ricevute. Il titolo cinese della mostra, tradotto in ideogrammi, è “Mirror Flower Water Moon”, un’espressione che evoca i concetti di riflessione e fascinazione caratterizzanti il proficuo incontro tra due culture.
Molto apprezzata è stata la sezione filmica in cui il regista Wong Kar Wai ha composto un’opera unica attraverso spezzoni di pellicole sia sue sia di colleghi connazionali (Zhang Yimou, Chen Kaige, Ang Lee), stimolando una serie di riflessioni parallele su alcuni periodi particolari della storia cinese: la Cina Imperiale, la Repubblica cinese, la bufera socio-politica internazionale della Shanghai tra il 1920 ed il 1940 e quello della Repubblica Popolare cinese.
Speciale attenzione è stata dedicata anche ad alcuni personaggi cult cinesi, dalla celebre attrice Hu Die (nota come la Farfalla Wu), Oei Huilan (l’ex-moglie del noto diplomatico Wellington Koo) e Soong Mei-Ling (consorte di Chiang Kai-shek).
Non c’è dubbio: al Met la Cina era davvero vicina!