Ma la Moda è moderna?
Cosa c’entra la semplice T-shirt bianca con l’anello di fidanzamento tempestato di diamanti? E cosa fa accostare al trasgressivo bikini il rigoroso hijab della tradizione islamica? E quale nesso esiste tra il reggiseno Wonderbra e l’abito tipico indiano noto come sari? Quelli citati sono solo alcuni dei 111 oggetti, tra accessori e abiti, protagonisti della rassegna “Items: Is Fashion Modern?”, che il Museum of Modern Art (Moma) di New York ha inaugurato il 1° Ottobre e ospita sino al 28 Gennaio 2018.
Per la prima volta nella sua storia la prestigiosa istituzione americana ha aperto le porte alla moda, per “dimostrare che la moda fa parte del design”, come ha spiegato la curatrice Paola Antonelli (l’italiana responsabile del dipartimento di Architettura e Design dello stesso museo, considerata una delle cento persone più potenti del mondo dell’arte), la quale ha precisato che la finalità della mostra è “anche far sapere alla gente che gli abiti hanno un impatto sia personale che globale”.
Così, attraverso i pezzi iconici del XX secolo – le cravatte di Marinella, il Little Black Dress, le borse Birkin di Hermés, le bandane, i leggins, i mocassini, gli scarponi da neve Moon Boot, le magliette polo, i jeans Levi’s 501, gli occhiali Ray-Ban Aviator, ecc. – si evidenzia come e quanto il fashion abbia influenzato ogni giorno la vita di ciascuno, oltre all’ispirazione di cui ha nutrito la creatività progettuale.
Come altre forme di design, la moda esiste nell’ambito di un complesso sistema che coinvolge politica ed economia tanto quanto tocca lo stile, la tecnologia, la cultura. La mostra del Moma pertanto esamina questo sistema articolato impiegando le cose come lenti di ingrandimento: attraverso gli stereotipi in cui si sono incarnate, ne traccia la storia e le origini partendo dalla loro forma archetipica.
L’evento newyorkese riprende nel titolo un’esposizione a cura di Bernard Rudofsky datata 1944, dedicata al tema “Are Clothes Modern?”, che si prefiggeva di esplorare i legami individuali e collettivi con l’abbigliamento dell’epoca, negli ultimi anni della II Guerra Mondiale, quando le donne imbrigliavano ancora i loro corpi in severe silhouette e gli uomini si curavano di elementi superflui come taschini, bottoni, polsini, colletti.
Gli articoli selezionati dalla Antonelli per l’esposizione in corso sono suddivisi in varie sezioni, che accendono i riflettori sull’idea di corpo mutante in termini di taglia, genere, imagine (in questa gallery troviamo, ad esempio, il reggiseno push-up), sulle nuove tecnologie (gli impermeabili/traspiranti giubbotti in Gore-Tex ne sono un paradigma), sull’emancipazione e sulla ribellione (i pantaloni in pelle o l’hoodie, cioè la felpa con cappuccio caratteristica dei teenager afro-americani, sono tra i capi rappresentativi di questi concetti), sugli oggetti recanti un messaggio (si pensi alle magliette illustrate o ai tatuaggi), sulla moda sportiva (le sneakers Converse rendono l’idea, tanto per menzionare un emblema di uso quotidiano).
Il Made in Italy è degnamente rappresentato in mostra dalle cravatte Marinella, la maison partenopea che da un secolo veste gli uomini più importanti del mondo. Questi ed altri pezzi, riuniti nella narrazione dell’evento espositivo, diventano allora una chiave per indagare non solo l’estetica che li connota e la tecnologia legata alla loro produzione, ma anche tematiche molto più ampie e trasversali, dall’economia alle labour practices, dall’ecologia al senso di responsabilità. Quindi “Items: Is Fashion Modern?” è al tempo stesso una mostra di bel design e una mostra molto seria, che prova a spiegare come l’arte, la creatività, il know-how possano aiutare tutti a essere dei cittadini migliori.
In effetti, in piena epoca trumpiana il MoMA con varie iniziative sta coraggiosamente distinguendosi tra le istituzioni culturali americane per il suo spirito anti-xenofobo e contrario all’egoistico concetto indipendentista dell’ “America first”, cosicché Paola Antonelli ha dichiarato: “Le nostre azioni non sono contro Trump. Piuttosto, sono delle manifestazioni di solidarietà nei confronti di tutti i cittadini del mondo… È un modo positivo di protestare, e non negativo. A mio parere questo approccio è molto importante perché, quando ci si trova in situazioni come quella odierna, proteste semplicemente d’attacco e negative non sono mai efficaci quanto quelle propositive, costruttive”.