Mani preziose tra i fiori
L’antica Villa Margon, nei pressi di Trento è una residenza signorile edificata intorno al 1540-50 per iniziativa della famiglia veneta Basso (estintasi nel1596). Passò poi nelle mani di diversi casati nobiliari tra cui i Fugger, i Lodron, i Lupis e i Salvadori che la mantennero fino al 1989. Immersa in un paesaggio favoloso, può vantare anche un vasto parco di circa 135 ettari con alcune specie autoctone. La storica
dimora è stata sede, tra l’altro, del Concilio di Trento (1545-1563), e ospita un interessante ciclo di affreschi dedicato alle imprese dell’imperatore Carlo V. Altri pregevoli dipinti murari raffigurano scene bibliche, cicli della natura (i Mesi), tradizioni contadine. Non mancano preziosi arredi e va segnalata altresì una cappelletta cinquecentesca – ma rifatta nell’Ottocento in stile neogotico – dedicata alla natività mariana. All’esterno, il portico è sormontato da raffinati loggiati ispirati alle ville veronesi rinascimentali, mentre la loggia è affrescata con rappresentazioni di assedi di città. L’elegante residenza, che dagli anni ’90 è sede di rappresentanza del Gruppo Lunelli, è stata recentemente oggetto di restauro a seguito di un attento lavoro di ricerca storico-artistica.
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I ricami antichi evocano mani femminili delicate e gentili, un animo sensibile e devoto, atmosfere da fiaba soffuse di fioche luci naturali o di candele, ambienti nobilitati da un lavoro prezioso, da tramandare di
generazione in generazione, per rendere gloria al casato e a Dio.
La Chiesa cattolica, promuovendo il senso del sacro, ha sempre attribuito un valore particolare ai segni, non solo in ambito liturgico, ma anche nella vita di ogni giorno. Quindi, nelle funzioni religiose si indossano paramenti raffinati in quanto segni distintivi del sacro che esprimono la fede di chi li porta e richiamano la dignità e il decoro della realtà trascendente, ma pure in ambito domestico si adottano accessori di notevole simbolismo teologico oltre che di sommo pregio estetico, specialmente quando riguardano alti prelati o personaggi di elevato lignaggio.
Lo splendido tessuto che ricopre il letto e i sedili nell’elegante sala del Nuovo Testamento di Villa Margon è un capolavoro di ricamo ad ago del XVII secolo eseguito dalle talentuose mani di Anna Claudia e Margherita Rothier, appartenenti alla cerchia familiare dell’abate Luca Ferrari, appassionato d’arte, uno dei vari feudatari del Vescovo di Trento che tra il Seicento e il Novecento si alternarono come titolari del suggestivo luogo (1).
In particolare, il copriletto era parte del corredo nuziale di Margherita (andata in sposa a Francesco Lupis nel 1689). Lo ornano deliziosi mazzetti di fiori, ciascuno diverso dall’altro, squisitamente annodati da nastri in tinte pastello. Tale tessuto appare in ottimo stato di conservazione e rappresenta un eccellente esempio di “pittura con l’ago”, che si fregia di rose, fiordalisi, garofani, gigli, gelsomini, viole, foglie e altri esemplari floreali, oltre all’usuale repertorio iconografico ispirato alla natura intrecciata all’allegoria mistica, esaltata da colori brillanti, vividi, all’interno di cornici dorate, su elegante fondo nero.
Il risultato della perizia artigianale di tali virtuose ricamatrici, oltre che di pazienza, è un quadro di musiva
leggiadria e complessità, in cui ricorrono alcuni tipi di punti molto raffinati. In definitiva, anche in questi ricami naturalistici come in altre parti d’arredo prezioso vige una precisa simbologia che suggerisce spunti di meditazione etico-religiosa. Le violette, ad esempio, per la dolce fragranza e le dimensioni modeste,
incarnano l’umiltà del Figlio di Dio che si è fatto uomo, mentre le rose rosse richiamano da un lato la Passione, dall’altro il Bene assediato dal Male. I gelsomini, invece, alludono al concetto di fede e il garofano rimanda alla redenzione dell’anima, mentre i giacinti azzurri evocano il Paradiso ed i tulipani l’amore di Dio (2).
Del resto, secondo San Francesco di Sales, considerato padre della spiritualità moderna, la meditazione è
come una passeggiata in un bel giardino dove è possibile cogliere un mazzolino di devozione – “cueillir un petit bouquet de dèvotion” – e il gesuita Leroy Alard, proponendo i fiori quali paradigmi per la perfetta
condotta morale del cristiano, scriveva che “non esiste fiore così piccolo o così comune dal quale le persone non possano trarre qualche lezione salutare” (3). Si può ricordare, infine, l’immagine dell’hortus conclusus citato nel Cantico dei Cantici (4,12): “Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata”, tanto che l’abate Adamo di Perseigne nel suo “Mariale” descrisse la Vergine come un giardino chiuso dove fiorivano il giglio bianco della purezza, la violetta dell’umiltà, la rosa rossa della carità.
Anche in questa sala splendida di Villa Margon, dunque, ogni bellezza è corrispondenza, segno. E, come
afferma Lecomte du Nouy (4), “non è l’immagine che ci facciamo di Dio che prova l’esistenza di Dio… E’ lo
sforzo che facciamo per creare questa immagine”.
Note:
1. Cfr. Clemente Lunelli, “La raccolta d’arte dell’abate Luca Ferrari”, 1688, in «AU della Accademia Roveretana degli Agia). Contributo della Classe di scienze umane, di lettere ed arte [Fasc. A]» (ISSN: 1122-6072), s. 6 vv.
14-15 (1974-1975), pp. 99-115
2. Cfr. Filippo Picinelli Milanese, “Mondo Simbolico”, 1653
3. Cfr. Leroy Alard “La Sainteté de la Vie tirée de la considération des plantes”, 1641
4. Cfr. Lecomte du Nouy “L’homme et sa destinée”, 1947