Mario Boselli: il made in Italy si confronta con l’Oriente
Il presidente della Camera nazionale della Moda fa un bilancio. Per la prossima stagione vita alta, più colore, rigore e eleganza. Parla del confronto con la Cina e la Russia e spiega la differenza tra presentazione, più fredda e la sfilata, che punta all’emozione.
Incontro il cav Borselli, industriale tessile e presidente della Camera Nazionale della Moda, sempre elegante, in prima fila a quasi tutti gli eventi della moda. Si congratula con gli stilisti e poi di corsa alla sfilata successiva. Gli chiedo un’intervista. E lui è sempre gentile, dice di sì. Bevendo un cappuccino di corsa, fa un bilancio della manifestazione orchestrata da lui, ed è contento. I suoi tessuti piacciono. Poi cominciamo l’intervista.
Quest’anno si è registrato un aumento delle presentazioni. E’ cambiato qualcosa? Le sfilate non convincono più, pur essendo più emozionali?
“Le sfilate rappresentano ancora oggi lo strumento di comunicazione più importante per il settore moda. Aldilà di tutte le polemiche rimane il fatto che, soprattutto quelle milanesi, sono forse, attualmente, uno dei modi più avanzati e concreti per presentare i nuovi prodotti ai due “canali” che hanno maggiore influenza sui consumatori finali: la distribuzione mondiale e i media. Sono comunque un grande sostenitore delle presentazioni, nonostante abbiano un impatto emozionale meno forte, offrono numerosi vantaggi. Orari più flessibili e possibilità di analizzare con maggiore calma le caratterisciche degli abiti, toccarli ed apprezzarne l’aspetto materico. E poi fattore non del tutto scontato, la presentazione costa meno”.
Abbiamo notato uno stacco tra le griffe di lusso – all’interno del pret-à-porter donna – e altre griffe, più generaliste. E’ così?
“Il calendario di questa edizione di Milano Moda Donna è forte e ben equilibrato. Presenta un’anima duplice con le grandi griffe internazionali nei giorni centrali e finali della kermesse, mentre le proposte dei marchi più commerciali hanno sfilato durante i primi due giorni”.
Guardi che s’è visto di tutto a Milano Moda Donna. Dagli stracci a una moda di lusso.
“Non sono d’accordo. Tutto ciò che è stato presentato a Milano Moda Donna fa parte del pret-à-porter di alto livello. Gli stilisti, che abbiamo visto in pedana, hanno saputo articolare le loro collezioni in maniera differente: hanno sfilato le prime e le seconde linee delle griffe più importanti del panorama delle moda internazionale. Alcune collezioni possono piacere di più rispetto ad altre, ma il livello dei capi presentati è sempre alto”.
C’è una presenza massiccia di orientali, cinesi. C’è stata anche la manifestazione della via della seta. Che si sta cercando di fare? Di avvicinare la Cina all’Italia o di conquistare il mercato cinese?
“C’è una fascia di mercato con gusto cosmopolita e voglia di novità. Siamo favorevoli ad ospitare tanti stranieri, purché di livello. E’ vero che la Cina e l’India spesso vengono percepite più come competitors che come possibili partner, soprattutto per la massificazione di prodotti, per la contraffazione e per le tecniche di unfair competition in tema di dumping. Ma il sistema farebbe bene a riflettere anche sulle possibilità che offrono i nuovi mercati”.
Anche la Russia è un mercato interessante. E qui sono stati presentati stilisti russi. C’è uno spazio a Mosca per il lusso italiano?
“Stiamo collaborando da tempo con Aleksander Shumsky ideatore della Russian Fashion Week. Nell’ottobre del 2005 sei case di moda italiane hanno sfilato durante la settimana della moda russa nella splendida cornice della piazza Rossa. Quest’ultima edizione di Milano Moda Donna ha ospitato i defilé di tre stilisti russi: Julia Dalakian, Larissa Pogoretskaya e Max Chernitsov, che hanno chiuso la settimana della moda milanese con una sfilata collettiva, nell’ambito di una giornata dedicata all Russia. La Russia rimane ad oggi uno dei più importanti mercati di esportazione della Moda Italiana (il suo pil ha valori superiori al 3%) e rappresenta sicuramente un mercato prioritario dove incentrare la promozione dei nostri prodotti, soprattutto pret-à porter di lusso, quei capi di alta qualità definiti più volte il bello e benfatto italiano”.
Non c’è più l’ombelico scoperto. Bene. La vita è tornata alta, anzi altissima, stile impero e noi donne non siamo abituate a questo. Perché quest’inversione di tendenza?
“Si tratta di una di quelle repentine inversioni di tendenza tipiche di questo settore. La moda come la storia spesso presenta corsi e ricorsi, che servono a stimolare gli acquisti”.
Quale altra tendenza per la prossima collezione estiva?
“Si è respirata una nuova aria di ottimismo. Le collezioni si sono ispirate ai momenti d’oro del pret-à porter, a quegli anni ’60 caratterizzati dalla serenità e dalla serialità. Perfino i materiali si rifanno alle innovazioni di allora, le plastiche pure o le sintesi, il jersey. Le stampe occupano la scena almeno quanto le tinte unite. Si è assistito al ritorno del colore. E’ tutto un susseguirsi di bande contrastanti, di turchesi e rossi, di verdi lime e gialli solari”.