MAX MARA: sempre una sicurezza
Una campagna pubblicitaria degli anni ’70 ambientata al Grand Hotel et de Milan con alcune foto dell’altera e successivamente “oscarizzata” Anjelica Huston (con quella faccia che esprime un carattere ben deciso a non farsi intimorire e che “sposa” dunque benissimo il solido DNA della maison) con indosso abiti altrettanto volitivi; un film anch’esso “oscarizzato” –Il giardino dei Finzi Contini- dove una intensa Dominique Sanda (Così bella, così dolce, per dirla “alla” Bresson!) presta la sua modalità di porsi “allora” alla riscoperta di una femminilità senza tempo “ora”.
Questi due iconici personaggi, queste due figure -attrici e modelle- dalla bellezza particolare e non convenzionale (una sorta di elogio “anche” dell’imperfezione come la colonna sonora della sfilata evoca diffondendo le note di “Laide, jolie laide” di Serge Gainsbourg) e dall’eleganza determinata, hanno dato ispirazione alla collezione P/E 2015 di Max Mara presentata sulle passerelle milanesi.
Una perfetta sovrapposizione di memoria e attualità che, a partire dalla predisposizione a rendere sempre nuovi capi dal sapore tradizionale, adatti ad accontentare trasversalmente il gusto di tante donne da sempre innamorate del marchio Max Mara, sempre riesce a centrare l’obiettivo e a riproporre pienamente la sua identità.
Gli anni ’30 e gli anni ’70 giocati con maestria, mescolati con sapienza, evocati con intelligenza.
Ricette inusuali create proprio perché si è “bravi” a inventare reinventando, cosa non da poco. E per palati sopraffini. Che conoscono bene gli ingredienti base e non temono i confronti, osando senza paura inedite formule.
Mettendo da parte le polemiche recenti di cui si è già parlato e che fanno anche un po’ sorridere………
…….ecco le proposte del brand.
La silhouette è quasi sempre allungata -richiama più Giacometti che Botero, tanto per dire!-, ma i volumi vengono dati dal movimento che, cammin facendo, gonfia ed enfatizza le stoffe cascanti e fluide come le sete e i cady.
Le lunghezze sono praticamente tutte sotto il ginocchio, anzi, ancora più giù. Quasi a simulare figurini usciti da una penna delicata e pudica.
Molte le piccole stampe geometriche tono su tono vagamente puntiformi e molti i fiori -in micro questi ultimi rimandano a certi macro di Andy Warhol- sia nei toni pacati sia in quelli più accesi. E, quando sfilano i fiori, rosa carico, verde mente, giallo ocra, compaiono dalla testa ai piedi, dai cappelli agli stivali, passando anche dalle cinture -spesso a vita alta, le gonne e i pantaloni-. Abiti come prati, come giardini, come serre. Capelli lisci che spuntano da tese larghe simili a croccanti corolle, calzature che, amalgamate al tutto, appaiono come protesi imprescindibili.
Bellissimi i panta-tailleur bianchi dalla gessatura appena tratteggiata e le camicie bon-ton dal collo a nastro che completano l’insieme.
In evidenza l’eterno gioco dei contrasti, del positivo/negativo, dei profili -tantissimi e sottili-, delle gibigianne create dal lucido e opaco di certi tessuti, dello stile ora pretty ora bourgeois, ora scherzoso ora sofisticato.
I bordi di certe giacche rievocano quelli visti nel film di De Sica “ispiratore” di tanta finezza, in quelle partite a tennis così rispettose, in quelle biciclettate a perdifiato nei vialetti ghiaiosi.
Un mondo che pare perduto ma che, anche solo attraverso un dettaglio reinterpretato, riesce ad affacciarsi ancora.
E poi il classico double per gli iconici caban -spesso imitati, mai raggiunti- e la riscoperta dell’alcantara, duttile e facile da lavorare. Trattata come se fosse suède, sostituisce la pelle nei piccoli blouson dal tratto militaresco, negli indiscutibili trench primaverili, nelle sontuose gonne plissettate lunghe fino al malleolo. Perfino negli smoking che si propongono imperiosamente nella loro intramontabile beltà -neri ma “spalancati”, proprio come gli occhi di una indimenticabile Morticia Addams….-
Una donna sicura di sé, quella che emerge da tutto ciò.
Una donna che non teme il tempo che passa perché lo sa ben governare. Che possiede la capacità di evadere, ma sa rimanere coi piedi ben per terra. Che finge di osservare distrattamente il paesaggio attraverso il finestrino di un treno, ma ne conserva l’intatta percezione.
Che ama tantissimo sognare e immaginare situazioni nuove, ma che trova conforto e piacevolezza anche nel ritornare a casa.