Mercato e canoni estetici.
Elsa Schiapparelli affermava che non sono i vestiti a doversi adattare al corpo, ma è quest’ultimo a doversi adattare ad essi. La storia del costume ci insegna che in fondo ciò è vero: certi canoni estetici di bellezza femminile succedutisi nel tempo possono essere interpretati come conseguenza di un certo modo di vestire. L’uso del corsetto ad esempio, ha determinato che si imponesse come bello il corpo femminile dalla vita sottile e i fianchi rotondi. Così l’abito che scaturisce dalla rivoluzione francese con la vita segnata sotto il seno per nascondere una gravidanza e allo stesso tempo non comprimere il ventre, impone come canone estetico il ventre rigonfio; tanto da indurre molte donne a mettere un cuscinetto (ventres potiches) per simulare una condizione non vera.
“Il corpo è oggetto privilegiato della Moda. E’ un elemento plastico che senza posa si trasforma sulla scia delle nuove norme che via via emergono”-afferma L.Fr.H. Svendsen nel suo libro Filosofia della Moda (Ed. Adelphi).
Questa affermazione trova un riscontro immediato nella polemica e richiami di questi ultime settimane sul tema della anoressia e delle donne curvy. E’ chiaro che il modello veicolato dalle passerelle – un corpo magro e ossuto adatto a evidenziare il contenuto stilistico dell’abito-, ha influito sul canone estetico imperante diffondendo, specialmente tra le adolescenti, la necessità di essere magre a tutti i costi: il tema dell’anoressia nasce anche, ma non esclusivamente -e lo diciamo per non colpevolizzare esclusivamente il mondo della moda- da questi canoni diffusi.
Ma ecco che ultimamente proprio il mondo della Moda assurge a difensore e diffusore di un nuovo canone estetico: se ne sono fatti portavoce Altaroma con una mostra fotografica (cfr. articolo di Imore “Il corpo delle donne è vita“), ma anche portando in passerella modelle un po’ più rotonde ( Gattinoni in primis) e Vogue Italia con un servizio fotografico di cui abbiamo ampliamente parlato ( cfr. articolo di Imore “Curve…pericolose”). Ovunque si inneggia alle taglie superiori alla 46; si guarda ad un nuovo modello di bellezza femminile più rotonda e morbida.
Ma ci si è insinuato un dubbio. Si tratta veramente di una preoccupazione “etica” o possiamo avanzare l’ipotesi che ci siano altre motivazioni? Pensiamo di sì; perché la fetta di mercato delle taglie superiori alla 44 è grandissima, e in tempi di crisi non si può andare per il sottile; bisogna cercare di conquistare anche target a cui non si è fatta attenzione fino ad ora.
Per comprendere, dal punto di vista aziendale questo passaggio, abbiamo voluto ascoltare Elena Miroglio che con lo storico marchio “Elena Mirò” ha avuto il coraggio di portare già da qualche anno, sulla passerella delle sfilate fashion di Milano Moda Donna, proprio le taglie più morbide per dimostrare che anche con qualche kilo in più si può essere seducenti: eleganti e alla moda .
Elena Miroglio insignita nel 2007 del titolo di Cavaliere della Repubblica per il contributo dato dal marchio Elena Mirò e dall’azienda al fine di “emancipare le donne da un concetto estetico costrittivo, ci conferma che attualmente “la donna con qualche kilo in più è mitizzata e proprio per questo motivo è fondamentale non farla diventare un fenomeno da circo, bensì va considerata come le altre, normale”. “Proprio per questo -continua- ci sembra che per Elena Mirò oltre alle curve è tempo di parlare di prodotto, di valorizzare il prodotto perché alla fine non si tratta di mostrare dei corpi o delle modelle, si tratta di vendere dei capi d’abbigliamento. Proponiamo un prodotto che sia riconoscibile per lo stile, con capi adatti a diverse fisicità che valorizzino la bellezza della donna, una bellezza che definirei “˜quotidiana’. Mi sembra di poter dire che bisogna proporsi di normalizzare queste taglie “
Ci scambiamo opinioni sulla comunicazione di moda e raccolgo qualche considerazione.
Riguardo al servizio di Vogue, mi conferma che ” Il fashion- sistem non ama particolarmente le curve. Vogue ha voluto fare un passo lungo per essere la prima a cogliere un fenomeno di mercato importante che non poteva essere più ignorato”.
Sulla comunicazione di moda in generale sottolinea che è nel linguaggio della moda provocare attraverso le foto spostando l’attenzione dal prodotto ad altro: la provocazione -stupire con la provocazione- è un driver importante per vendere. Ma ci tiene a sottolineare che la filosofia dei marchi Miroglio è quella di vendere capi per donne normali, e per questo la loro comunicazione è lontana dalla provocazione. Concludiamo la nostra chiacchierata con un confronto della cultura della femminilità tra Cina ed Europa. “Quando si parla di curve si può arrivare, anche senza rendersene conto, alla volgarità. Se 10 anni fa andava di moda il minimalismo, oggi c’é una femminilità più ostentata anche nelle giovani e la volgarità chiaramente rafforza l’immagine della donna oggetto. In Cina gli elementi di femminilità sono altri: le donne tendono a essere più coperte e per questo appaiono meno volgari”.