Milano digital Fashion Week. Alcune considerazioni
Dopo le prime giornate di Milano digital Fashion Week si affollano nella mente le analisi e le valutazioni su questa nuova esperienza. Lasciamo in chiaro che lo sforzo profuso dalla Camera della Moda è stato notevole non solo per coordinare gli eventi relativi alle collezioni, ma anche per tutti gli slot che hanno popolato la piattaforma, di cui cercheremo, nella misura del possibile, di dare notizia, perché focalizzati sul fronte della ripresa e della promozione dei giovani.
Lasciamo da parte anche quelle considerazioni che il periodo del lockdown ha portata alla luce a proposito della necessità di dare alla moda, agli stilisti in primis, ritmi di lavoro più umani, tempi più lunghi e riposati per sviluppare le idee creative senza rincorrere ogni stagione tante collezioni, pre-collezioni, capsule, cruise o resort, ecc; dare ai produttori il tempo per consegnare un prodotto veramente ben fatto segno distintivo del Made in Italy; e al consumatore il tempo per “indossare”, godere riposatamente il capo acquistato.
In questo momento, già abbiamo scritto della natura dell’evento e del calendario, vogliamo focalizzare l’attenzione sulla presentazione delle collezioni della prima edizione della Milano digital Fashion Week dedicata a uomo donna pre-P/E 2021. Mettiamo in evidenza che si tratta solo di pre-collezioni, eccetto qualche eccezione, quindi di una parziale visione del lavoro creativo del brand che vedremo in toto per la donna a settembre; quasi un test di ripartenza dopo i mesi di lockdown, un modo per rimettersi in moto e riaffacciarsi sulla scena del mondo della moda.
Per evitare di dare valutazioni definitive inopportune, ci sembra di dover considerare questo evento come un esperimento sulla validità dell’utilizzo della piattaforma virtuale. C’è chi ha optato -Etro, Dolce e Gabbana- per sfilate classiche live amplificate in streaming sulle piattaforme della maison in questione e di Cnmi; tutte le altre maison storiche e brand giovani hanno scelto esibizioni virtuali realizzate attraverso cortometraggi, veri fashion film che hanno presentato le collezioni ambientandole nei modi più vari. Positivo il fatto che ogni evento, presentazione live o altro era fruibile sulla piattaforma della CNMI 24 ore su 24.
Una prima osservazione che ci sembra di dovere fare è che la formula virtuale attraverso cortometraggi penalizza la valutazione del contenuto delle collezioni. L’attenzione è distratta dalla curiosità riguardo alla realizzazione del racconto, le immagini, l’ambientazione, il contenuto culturale, piuttosto che il valore della collezione: il giudizio si sposta verso la creatività delle immagini virtuali piuttosto che sulla creatività espressa nella collezione. In alcuni casi la collezione era decisamente in secondo piano, così ci è sembrata la scelta di Prada di affidare l’espressione della collezione a creativi dell’immagine e artisti di fama: cinque diverse ambientazioni dei medesimi capi che propongono ciascuna un aspetto, una propria visione dell’uomo e della donna Prada. La visione completa e ripetuta dei vari capitoli filmati ci ha permesso di individuare l’insieme della collezione, coerente con lo stile Prada minimale, rigoroso, espresso nei colori basici, bianco, nero beige e grigio tanto nell’uomo che nella donna che talvolta si è arricchito di stampe tenue; i colori ad esempio li abbiamo apprezzati nel corto di Martine Syms.
Alberta Ferretti sceglie di mostrare la sua creatività sovrapposta a immagini della “Bella Italia”. La collezione porta il titolo di “A tribute to Italy”; didascalico il lavoro di montaggio delle immagini degli abiti con le modelle in movimento su immagini di monumenti di Venezia, Roma, Milano. Parleremo a parte della collezione.
Fabio Quaranta ci porta quasi all’origine dell’universo tra meteoriti e gas solari da cui emergono, in meno di 50 secondi di rappresentazione, pochi e ripetitivi capi che finalmente possiamo valutare nel servizio fotografico da lookbook dove appunto gli indossatori per superare le tempeste solari si sono abbigliati come i tuareg del deserto.
Altri brand hanno optato per luoghi geografici per ambientare la collezione. Santoni colloca le sue scarpe tra i colori della sua terra le Marche. Matteo Landini sceglie un camping per fare muovere i suoi capi. Sendar dopo una ambientazione nell’atelier si sposta in un prato notturno e poi in piena luce. Questo scelte di comunicazione ci sembrano troppo simili ai servizi fotografici propri delle riviste, hanno la stessa atmosfera anche se le immagini sono in movimento.
Poco coinvolgente la presentazione di Valextra che parte da un esterno sul mare con barche dalle vele gonfie e variopinte, e ci trasporta all’interno del negozio con la ripresa dell’allestimento e posizionamento delle borse sui ripieni di esposizione priva di espressione. Ciò permette ad ogni buon conto di apprezzare la varietà dei colori in cui è realizzato il prodotto.
Philippe Plein al grido “La moda è morta”, espressione già ampiamente dibattuta, celebra se stesso con un escursus della sua ascesa. Si auto-ritrae lavorando al suo prodotto e presentando la sua collezione.
I marchi giovani ambientano le loro collezioni tra la natura come MSGM con il suo corto, “Non so dove, ma insieme” dedicato ai giovani per una collezione giovane o Everyone uno short movie che svela l’inspirazione dietro alla collezione PE 2021; è il caso di Simona Marziali.
Ci fermiamo qui. Quali le conclusioni? Certamente sembra necessario trovare una formula nuova per comunicare le collezioni: le sfilate sembrano obsolete popolate da gente, specie nelle prime file, interessata al proprio tablet, a fotografare indiscriminatamente i capi, più che valutarli professionalmente: ma questo in genere è colpa degli uffici stampa. Eppure il coinvolgimento emotivo della sfilata dal vivo per buyer e giornalisti non è paragonabile, laddove i capi sono facilmente identificabili, alla visione di un cortometraggi che è tanto fredda quanto osservare il lookbook. Senza capacità di coinvolgimento e questo ci ha sorpreso persino il corto di Moschino donna e uomo, le sue sfilate dal vivo producono più spettacolo. Si tratta di trovare il modo perché la collezione possa essere valutata de visu, attraverso la presentazione in movimento o statica dove è possibile vedere il capo, toccare il tessuto e valutare le lavorazioni. Pensiamo ad esempio quanto tutto ciò possa facilitare il lavoro dei buyer. Ciò non toglie l’utilità, e pensiamo a settembre, della possibilità la CNMI sia disposta ad offrire la visione su piattaforma virtuale di tutte le sfilate e altri eventi fruibili anche in differita. Quindi la Milano digital Fashion Week va considerato un esperimento utile, ma anche un tema tutto da studiare ancora. Riteniamo inoltre che i cortometraggi possano essere utili ai vari marchi per il posizionamento del brand e rinforzo della comunicazione, ma non per un esame critico della collezione.