Milano Fashion Global Summit 2012. Nasce una nuova via della seta?
I lavori dell’undicesima edizione del Milano Fashion Global Summit -organizzato da Class Editori in collaborazione con The Wall Street Journal, la Camera Nazionale della Moda Italiana e Merrill Lynch i giorni 7-8 settembre u.s al Paslazzo della Borsa di Milano- vanno considerati come un ulteriore approfondimento di quanto già messo a fuoco in ottobre del 2010 nel Global Summit svolto Shanghai durante l’Esposizione Universale e poi a Firenze in dicembre del 2012. Se i primi due eventi sono da considerarsi un approccio al mercato cinese, il clima di Milano 2012 è stato quello di una mutua volontà di cooperazione “perché questo porterà sviluppo reciproco a entrambi i Paesi” come ha concluso il primo intervento della mattinata Du Yuzhou del China Textile and Apparel Council, e presidente della China National Garmeny Association, in un’approfondita analisi della situazione macroeconomica della Cina nel momento attuale di crisi.
Conoscersi e Cooperare sono le parola chiave, da segnare in rosso, che potrebbe riassumere il significato delle due giornate. Mettere a fuoco queste possibilità era evidentemente nell’intendo degli organizzatori del Summit: il titolo è sembrato da subito emblematico in questa direzione: “Cina e Italia, due sarti in un mercato globale. Nuove sfide, nuove opportunità di business e partnership”. Questo intento è stato confermato dal ricco programma e dalla presenza di relatori, imprenditori, consulenti e rappresentanti delle istituzioni italiani e cinesi -difficile nominare tutti e tentare di sintetizzare i loro interventi- in un confronto che non potrà che avere conseguenze positive. I rappresentanti cinesi hanno fatto, da parte loro, uno sforzo per mostrare con oggettività i chiaroscuro dell’economia e della società del loro Paese e palesarsi come partner affidabili. Ma hanno anche hanno voluto esibire le loro aziende, leader del settore del fashion, per presentarsi non solo come fruitori di abbigliamento e di accessori di lusso, ma anche come produttori capaci di affiancarsi all’Italia: interlocutori attendibili per ripristinare l’antica via della seta – ricordata da molti relatori – che univa strettamente Cina e Italia in tempi passati.
Ma vediamo i dati forniti dai relatori/imprenditori cinesi Miao Hongbing, presidente di Beijing White collar fashion ha detto: «I marchi cinesi sono molto giovani, dal 1999 al 2011 il numero delle aziende di abbigliamento in Cina è passato da 2 mila a 120 mila. mentre l’importo complessivo delle vendite al dettaglio di abbigliamento è di circa 178,7 miliardi euro pari all’8% del totale delle vendite al dettaglio dei beni di consumo in Cina” Ha suggerito poi la necessità di puntare sulle consumatrici che hanno un’età media compresa tra i 25 e i 50 anni, quelle che sono inserite nel mondo del lavoro e hanno una maggior capacità di acquisto”. Forte del fatto che il consumo dei beni di lusso in Cina è passato nel 2011 alla cifra di 8,3 miliardi di euro -ed è destinata a diventare nel 2012 circa 11,4 miliardi di euro-, Miao Hongbing ha chiesto agli imprenditori italiani collaborazione e interscambio di know how per la promozione e diffusione dei marchi cinesi a livello internazionale. Dal canto suo Zhou Yan, presidente di Dalian Sunfed fashion, ha evidenziato che la collaborazione con l’Italia risale al 1998 per la fornitura di materie prime ed ha chiesto alle aziende italiane aiuto concreto per lo sviluppo degli accessori, del concetto di brand e per l’espansione sui mercati internazionali. Xia Hua presidente di Beijing Eve fashion, presentando le proprie iniziative a favore di dieci giovani designer cinesi durante l’edizione di febbraio della London Fashion Week.di, ha insistito sul tema dell’aiuto per l’espansione sui mercati. Dal canto suo Wu Jianmin, presidente di Shandong Showlong fashion ha voluto mostrare di essere all’altezza di grandi possibili partner italiani presentando il suo impero costituito da otto brand per cui lavorano complessivamente 10 mila dipendenti. Più mirato a mostrare la qualità e lo stile raggiunto è stato l’intervento di Zhang Zhifeng, designer e fondatore del marchio di alta moda Ne.Tiger, che nella serata del 7, nella sala Tiepolo di Palazzo Clerici a Milano, ha presentato la sua collezione di alta moda.
Di rimando i relatori italiani, per bocca del Cav. Boselli, presidente della Camera delle Moda, hanno ribadito di voler considerare come punto di partenza degli accordi la presenza di griffe cinesi sulle passerelle italiane e di aziende italiane in manifestazioni cinesi ed hanno comunque rilevato una crescita in qualità dell’industria moda cinese dal momento che le esportazioni di tessuti pregiati made in Italy verso la Cina sono cresciute. Boselli non ha però mancato di rilevare che gli accordi devono poggiare su basi solide:” si tratta di stabilire un percorso fatto di accordi, partnership, joint-venture,fino ad arrivare anche alla possibilità di considerare l’intervento sui capitali». Questa idea è stata ribadita da Cleto Sagripanti, presidente di Anci,” Imprese italiane e cinesi devono stabilire una vera alleanza ed è importante che si investa anche nel nostro paese, salvando la filiera produttiva” e si è spinto a chiedere “ai fondi di investimento di scommettere sulle realtà italiane entrando nel loro capitale e aiutandole a crescere non solo in Cina ma anche nel resto dell’Asia”. Questa prospettiva è stata sottolineata anche da Paolo Zegna vice-presidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione -che avverte-« bisogna guardare al paese asiatico non solo come grande bacino di clienti o fornitori, ma anche per un interscambio delle quote azionarie».
Gianluca Brozzetti, ceo di Roberto Cavalli ha richiamato la necessità di garantire da parte della Cina, pari opportunità alle aziende italiane che vogliono entrare in Cina, agevolandole nei modi seguenti: abbassare ulteriormente le tasse d’importazione, ancora troppo alte; snellire la burocrazia bancaria, troppo complicata;facilitare i visti per chi vuole lavorare nel Paese Migliorare le norme sulla proibizione dei falsi.
I dati sul mercato interno cinese sono stati confermati da una ricerca di Ibg-International brand growers che spinge le previsioni fino al 2015. Roger Vickery, chairman dell’Ibg ha spiegato che “nel 2011 il mercato del lusso in Cina è cresciuto del 30%; nel 2015 ci sono ottime possibilità che possa appropriarsi del 20% del fatturato globale dei beni di lusso. Sarà infatti soprattutto l’Asia, insieme a paesi come Africa e Sud America, a trainare la crescita mondiale nel 2025, dovuta soprattutto all’aumento di miliardari in queste zone del mondo”; e avverte “è questo il momento giusto per rafforzarsi in questo territorio. In futuro le misure protezionistiche potrebbero aumentare” I dati di crescita del mercato del lusso cinese sono confermati da Paola Durante, managing director investment bank divisionand head of corporate broking di Bank of America, Merrill Lynch per l’Italia. Pur constatando che il consumo del lusso sta rallentando, ha affermato che questo non impedirà, secondo le previsioni da lei riporate, che il mercato del lusso cinese arrivi già nel 2015 al 22% del mercato globale, di fatto a medio termine avrà oltre 180 milioni di potenziali consumatori di prodotti di lusso «Bisogna cogliere le opportunità E’ da segnalare inoltre che le griffe occidentali hanno ancora ampio spazio per crescere perché non in tutte e 60 le città minori, ma di dimensioni simili a Milano le griffe sono arrivate” Il suggerimento di puntare verso queste città è stato espresso anche Wu Jianmin, Presidente, Shandong Showlong Fashion Co., Ltd.
I dati positivi del mercato cinese non vanno letti solamente a vantaggio dei grandi marchi del lusso; anche le piccole e medie imprese possono tentare di entrare nel mercato asiatico e cogliere questa opportunità, ma per questo ha affermato Paolo Zegna è necessario fare squadra perché non è possibile affrontarlo singolarmente. Un esempio di modalità è il progetto Storytalia di Confindustria che prevede l’apertura in alcune città chiave del mondo di concept store multibrand non solo del settore moda, ma anche del design e del food.
Questi i dati più significativi per affrontare il mercato cinese emersi dal convegno. Si tratta ora di rendere operative le collaborazioni intraviste.