Missoni A/I 2025-26 secondo Alberto Caliri

“Se nel guazzabuglio di opere che verranno pubblicate cent’anni dopo la mia morte, io avessi facoltà di scegliere un libro, sapete quale prenderei? …
In questa biblioteca del futuro io prenderei, no un romanzo, nè un libro di storia…
Semplicemente, amico mio, prenderei un giornale di moda, per sapere come si vestiranno le donne un secolo dopo il mio trapasso. E tali vesti mi darebbero sull’umanità futura più informazioni che tutti i filosofi, i romanzieri, i predicatori e gli scienziati messi insieme!” (Anatole France)
Queste valutazioni, al limite del surreale, del filosofo francese, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, ci spingono a considerare la moda in modo più serio di quanto abitualmente facciamo quando definiamo la moda come un fenomeno imprevedibile, mutevole e effimero: è tutto ciò, ma non solo, è un fenomeno culturale. Un fenomeno che è necessario comprendere per avere una adeguata conoscenza del mondo moderno e post-moderno. Con ciò non vogliamo dire che la moda sia capace di darci la conoscenza assoluta del nostro tempo, ma la si può considerare una chiave importante per cogliere i cambiamenti sociali, proprio come insinua Anatole France. (Cfr Lars Fr.H. Svendsen. Filosofia della Moda)
Perché queste considerazioni? Perché talvolta esaminando le collezioni dopo una Fashion Week milanese ci viene da chiedere: cosa ci trasmette questa collezione?, vuole comunicare o evidenziarci qualcosa del momento storico che stiamo attraversando?, che cosa vuole dire a proposito delle persone che indosseranno i suoi capi?, c’è un filo conduttore che da senso alla collezione? ecc… Sono domande a cui vale la pena cercare di rispondere anche perché la collezione non solo comunica il brand, ma comunica il valore culturale e sociale del brand ed oggi queste caratteristiche pesano molto sul consumatore.
Fermiamoci allora a esaminare la collezione A/I 2025-26 Missoni. Che cosa potremmo leggervi? Cosa vorrà suggerirci Alberto Caliri nominato direttore creativo di Missoni a ottobre 2024?
Innanzitutto ci dice che è possibile mantenere l’Heritage del brand anche con un approccio più moderno e audace nella gestione del colore; nella ricerca di nuovi effetti cromatici, apprezzabili, ad esempio, nei capi da sera; nel gioco degli abbinamenti.
Poi ci parla di un certo modo di approcciarsi all’arte del vestire, quell’atto quotidiano che non è mai senza significato, anche se frettoloso. Qui appare leggero, quasi istintivo perché i capi sono sovrapposti senza troppo pensare, senza prendersi troppo sul serio; per proteggere ma anche per divertire e rasserenare: quasi un antidoto alla situazione globale tanto inquietante tra guerre e dazi.
Scopriamo anche che la collezione è come un rimedio alla cultura dell’immagine dove tutto è pensato e misurato per dare il meglio di se stessi agli sguardi altrui. Qui tutto è casuale, eppure senza stonature e forzature: le gonne corte, le grandi sciarpe, una dolcevita, un blazer, una polo, una camicia, tutto stratificato e mixato in un ordinato caos di texture diverse, di qualità visive e tattili diverse.
Una collezione che ci riporta alla ordinarietà quotidiana; capi pensati per occasioni e momenti reali e quotidiani. Ci ritroviamo ad osservarla sullo sfondo di ciò che stiamo vivendo: un momento storico non drammatico ma sicuramente incerto e abbiamo bisogno di sicurezza, di stabilità, di ritrovare le radici, di tenere i piedi ben radicati nella realtà quotidiana con i suoi, nella maggior parte, prevedibili imprevisti; e poi, partendo dalla storia personale di ognuno, costruirsi uno spazio di libertà per proiettarsi nel futuro. Ci aiutano a questo i colori terrosi e caldi che si illuminano con tocchi di luce nei capi da sera, le silhouette avvolgenti, i capispalle fascianti, la sovrapposizione dei pezzi. Tutto ciò ci trasmette sicurezza perché possiamo mixarli con libertà; utilizzare blazer senza bottoni che non ci costringono, trasformare in mini abiti, se lo vogliamo, la camicia e il maglione. Con la stessa libertà possiamo scegliere di usare stivaletti maschili, o boots da lavoro, slipper, o sandali.
Una collezione quindi che interpreta bene la storia del brand, ma la attualizza; una collezione che anche scomposta nei singoli elementi, rivela il lavoro del direttore creativo per mantenere il contatto con gli estimatori della storia di Missoni e convincere altri grazie alla moderna attualizzazione dei capi.























