MODA: a ciascuno la sua storia
C’era una volta il cinema che parlava di moda o comunque vestiva alla moda – chi non ricorda il tubino nero di Givenchy indossato da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”? – mentre ora è la moda a ricorrere sempre più al cinema per auto-celebrarsi e promuoversi all’insegna dello storytelling, arricchendo e qualificando così la propria vision.
In altri termini, se prima il grande schermo ci restituiva la visione sensual-futuristica di una giovane Jane Fonda in abiti Paco Rabanne per “Barabarella”, oppure l’icona aristocratica di Grace Kelly in “Caccia al ladro” con l’algida classe sottolineata dai capi di Edith Head, o ancora l’immagine intrigante di Richard Gere in “American gigolò” con quel fascino irresistibile a cui tanto contribuirono i vestiti di Giorgio Armani; se poi fu la volta dei film dedicati a modelle, creativi e indotto vario, a partire da “Cenerentola a Parigi” del 1957 per arrivare ai recenti “Il diavolo veste Prada”, “The September Issue”, “Prêt-à-Porter”, “Sex & The City”, per non dire dei patinati docu-film che ritraggono stilisti entrati nel mito come “Valentino, l’ultimo imperatore” o “Lagerfeld Confidential”, nonché biopic di ultima generazione quali “Coco avant Chanel”. L’amore prima del mito” sulla romanzesca vita di Mademoiselle o “Yves Saint Laurent” sull’omonimo couturier francese che rivoluzionò le fondamenta della moda; ora invece è scoccata l’ora del cinema di moda commissionato da una maison che, per non sembrare troppo autoreferenziale, ambisce ad andare oltre.
Oltre cosa? Oltre il suo atelier, oltre la sua “bella gente”, oltre i suoi bilanci dai troppi numeri, oltre i suoi stessi concept stilistici… Per raccontare altro, per esempio come va il mondo giù dalle passerelle. E’ quanto cerca di fare Prada già dal 2012, componendo le tessere di un mosaico che alla fine vuole risultare un affresco critico dell’universo femminile al giorno d’oggi. All’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia sono stati presentati nell’ambito della rassegna delle Giornate degli Autori gli ultimi due lungometraggi del ciclo “Miu Miu Women’s tales” (otto storie in totale): “Spark and light” della regista di origine coreana So Yong Kim e “Somebody” diretto dall’americana Miranda July. L’uno appare come un viaggio surreale in cui i paesaggi islandesi si fondono con i ricordi della protagonista, l’altro (un inedito assoluto) suonava molto di avanguardia, avendo come protagonista un sistema di messaggistica inventato dalla regista stessa, finalizzato alla consegna dei messaggi faccia a faccia anche quando non si può o non si vuole essere presenti fisicamente. E’ un modo per narrare, non senza ironia e disincanto, l’ansia unanime di comunicazione, tecnologia, avatar e outsourcing, in un futuro onirico che forse è già dietro l’angolo.
E la moda che c’azzecca con tutto ciò, potrebbe chiedersi taluno? In effetti per questo corto Prada ha dispiegato la calda collezione autunno-inverno 2014/15 di Miu Miu unitamente a deliziosi capi vintage e streetwear ispirati alla quotidianità, quasi a sottolineare il bisogno di ripercorrere il tempo a ritroso e recuperare l’attimo fuggente della propria parabola creativa.
Giorgio Armani, invece, ha scelto Toronto, in Canada, per presentare il 6 Settembre scorso “Films of City Frames”, un progetto per sostenere il mondo del cinema attraverso il racconto imperniato sulla collezione eyewear “Frames of Life”. Sviluppata in collaborazione con Luxottica e Rai Cinema, l’iniziativa prevede la proiezione di cortometraggi realizzati da studenti talentuosi di sei scuole di cinema internazionali (di Roma, Hong Kong, Parigi, Londra, New York e Los Angeles) a cui è stato chiesto di cogliere paesaggi metropolitani e situazioni di forte impatto emotivo, guardando il mondo con il “sistema ottico” di Giorgio Armani come filtro percettivo. Cosa si cela infatti dietro quelle lenti scure: quali storie, quali pensieri, quali sentimenti? Gli occhiali di “King George” assurgono quindi a pretesto per scrutare il mondo, dal momento che sono gli accessori con la maggior capacità di caratterizzare il volto delle persone: sono sì lo strumento attraverso il quale osservare la realtà, ma servono anche per catturare sensazioni e vivere avventure nelle varie città che sono set dei sei film.
E che film! Il primo short movie della serie ha per protagonista-testimonial niente meno che il premio Oscar Paolo Sorrentino ed è diretto da Piero Messina, giovane assistente del regista napoletano, che si è ispirato al romanzo “Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinand Céline, utilizzando sequenze inedite de “La Grande Bellezza”. In definitiva, quello che gli stilisti cercano con operazioni come questa è soprattutto di avere l’opportunità di comunicare la loro storia in maniera esteticamente più ricca e completa. Proprio perché espressioni e simboli di bellezza, i fashion brand aspirano ad integrare la loro immagine sostanziandola di contenuti che possano veicolare, specialmente al pubblico giovane di tutto il mondo, i loro valori, il loro bagaglio di heritage, il loro concetto di lifestyle. Ecco perché la comunicazione di moda in futuro sarà sempre più impostata sullo storytelling che sappia unire ai mezzi tradizionali (foto, immagini, video) un elemento di interattività per attrarre e fidelizzare il più ampio target di clientela o comunque di fan appassionati.