Moda e memoria a Milano
Dopo anni di avanguardia si percepisce nell’aria un sentore di transizione, dove l’estetica è il portato di una reinterpretazione creativa del passato. Il linguaggio è quello della sintesi, teso a gettare le fondamenta di una casa futura non tanto concreta quanto metaforica. Questa casa – luogo di passaggio per neo-nomadi dai gusti tecno-funzionali raffinati – appare l’unica proiezione plausibile di un sé bisognoso di spazi in cui conciliare praticamente e velocemente pieni e vuoti, intensità e trasparenza.
E’ la sensazione con cui abbiamo seguito il Salone Internazionale del Mobile di Milano (22-27 Aprile), uno degli eventi più amati dagli operatori del settore e non solo, sempre accompagnato da momenti di mondanità e pure di riflessione, all’origine di nuovi flussi di idee e vivacità.
Sullo sfondo c’è Milano, città “icona dell’immagine” per eccellenza, capitale di moda e design, dove da sempre la cultura genera denaro (non sempre vale il viceversa) e dove si elabora ogni estetica vincente dopo aver distillato i trend provenienti da ogni parte del mondo, mediandoli fra arte e industria.
Il Salone del Mobile, in particolare, rappresenta il cuore pulsante di un organismo planetario che il capoluogo lombardo con la sua cultura nutre di buon gusto in una sorta di mito immaginifico, in cui business e valori, utile e bello convivono armonicamente.
All’origine di tutto, forse, è l’eleganza innata di questa città che le storiche sartine hanno esaltato nei loro leggendari modelli. Il nostro blasonato “sistema moda” ha attinto a questa tradizione artigianale il suo proverbiale senso di disciplina formale coniugandolo con la sapienza imprenditoriale.
Milano, che pure sconta carenze strutturali e disservizi paradossali, che fuori si mostra siliconata di cemento ma riservata nei suoi giardini segreti, conserva ancora molto dell’antico fascino legato alla sua memoria storica, continuando a calamitare interesse e affari anche quando non risponde alle aspettative della metropoli internazionale che aspira ad essere. Così, ci si stupisce che tuttora non sia realtà il progetto cittadino di un Museo della Moda, che racconti la storia di questo fondamentale settore. Spesso ci si dimentica che il prestigio del made in Italy ebbe i suoi albori nella produzione di boutique, forte di una notevole duttilità e possibilità di sperimentazione nel campo sia dei materiali che dell’estro sartoriale.
“La moda è fatta per passare di moda” affermava Cocò Chanel. Sì, ma la memoria deve restare.
E allora che sia almeno questo Salone del Mobile con le sue manifestazioni collaterali, così come fa Palazzo Pitti a Firenze, a catalizzare l’attenzione sulla cultura del prodotto italiano! La moda in senso lato, intesa come abiti, gioielli, accessori, è in fondo un fenomeno culturale fondato sulla creatività, al pari del design, una creatività che non deve essere fine a se stessa, ma rispondere ad una vocazione pragmatica, in cui la conoscenza e la disciplina giocano un ruolo essenziale, oltre la facile immagine di italianità che pur sempre funziona.