Moda, lavori in corso
Il volano della globalizzazione, a prescindere dagli stop-and-go imposti dalla crisi economica, sta facendo sì che nel settore della moda e del lusso in generale siano in atto alcuni fenomeni destinati a traghettare le realtà più evolute verso traguardi completamente nuovi, in termini soprattutto di marketing. Cosa vediamo?
Vediamo che le grandi aziende si stanno muovendo sempre più verso il controllo diretto della qualità e quantità dell’assortimento nei punti vendita, centralizzando il potere decisionale e ridimensionando l’autonomia dei partner retail.
Vediamo che un’adeguata gestione della supply chain rappresenta per le imprese una fonte di vantaggio competitivo, specialmente nelle produzioni più innovative, dove a vincere è chi sa rispondere rapidamente ai cambiamenti della domanda. L’obiettivo non può che essere quello di una logistica appropriata che sappia ridurre o eliminare del tutto il cosiddetto “lean time gap”, ovvero il tempo che occorre per produrre e commercializzare un articolo (un tempo che purtroppo è di solito più lungo di quello che il cliente è disponibile ad aspettare).
Vediamo poi che le imprese puntano ormai quasi tutte sui social media, pur cercando di preservare i codici aspirazionali della comunicazione. In particolare, attraverso il web tentano di differenziarsi sul triplice livello dei contenuti, del linguaggio e dei servizi, al fine ultimo di instaurare un rapporto costante e reciproco con i clienti. Ancora poche, però, riescono ad impiegare strumenti realmente avanzati in grado di garantire una certa efficacia (Web 3.0, caratterizzato dal massimo grado di interazione con i clienti, funzionalità commerciale ed informativa, personalizzazione dei servizi, attività di transmedia-storytelling).
Vediamo anche che le aziende del lusso a fronte di nuove sfide investono sempre più in competenze, ossia in persone “che sanno, che sanno fare, che sanno essere”. E’ finita l’era di un fashion system dominato da creativi e imprenditori egocentrici. Oggi sono necessarie risorse umane dotate di apertura mentale e spirito innovativo, capaci prima di tutto di ragionare velocemente e definire subito il prodotto ad hoc per un certo target ottimizzandolo allo stesso tempo rispetto alle questioni di industrializzazione.
Ultimo ma non ultimo, vediamo il successo delle imprese che scelgono di posizionarsi intorno ai valori ambientali, etici, sociali, mantenendo la propria identità di marca e imbevendola dei concetti di Corporate Social Responsibility. In sostanza, sull’onda della recessione economica, i brand si sono sentiti in dovere di offrire ai loro clienti sempre più sensibili ed esigenti, oltre a forti contenuti di prodotto tali da giustificare il prezzo elevato, anche un valore della proposta aziendale complessiva, ovvero nuovi significati su cui innestare motivazioni all’acquisto innovative ed emozionali come l’etica, l’ecologia, l’esperienza, la comunità. La Corporate SocialResponsibility si configura così non come un semplice elemento di marketing o un mero approccio gestionale, ma come una strategia concreta ed autorevole di posizionamento, che va di pari passo con le performance reddituali: più aumenta la reputazione di un’azienda, più in alto salgono i suoi fatturati.
In conclusione, essere un’azienda del lusso destinata a vincere la sfida del futuro significa proporsi non come una sorta di ente benefico, bensì come una struttura socialmente responsabile, che si pone il problema della sostenibilità sotto ogni aspetto, che rispetta i clienti finali, quelli trade, tutti gli stakeholder. Insomma Brunello Cucinelli docet (e la quotazione in Borsa prevista nel 2012 è lì a dimostrarlo).