MODA: oltre il sogno, la realtà dei dati
Troppi (compreso qualche addetto ai lavori, per non dire dei politici) dimenticano o forse ignorano che il nostro Fashion System non è solo glamour e frivolezza, fiere delle vanità e diavoli che vestono Prada, passerelle di vip e sensazionali party (ingredienti che comunque non ci facciamo mancare!), ma pesa notevolmente – in senso più che positivo – sulle performance economiche nazionali. Hermes Lab ha stimato, per conto della Camera Nazionale della Moda Italiana, che il nostro settore del tessile, dell’abbigliamento, della pelletteria e delle calzature chiuderà il 2014 con un fatturato di circa 62 miliardi di euro, registrando una crescita del 4,2% rispetto ad all’anno scorso. A fronte di un mercato interno stagnante, a brillare è sempre l’export che segna un rimbalzo del 4,8%, sfiorando la quota record di 47,4 miliardi e così aggiudicando al settore il vanto di un surplus della bilancia commerciale di quasi 20 miliardi: un risultato strepitoso che riconosce alla nostra industria della moda la leadership mondiale, in primis nei segmenti haut-de-gamme. Agli smemorati e a chi si fa incantare dai lustrini ricordiamo che il Sistema Moda Italia conta di fatto quasi 50 mila aziende e più di 410 mila addetti, che anche negli “anni horribiles” della crisi hanno sfornato oltre 50 miliardi di fatturato, ben più della metà legati all’export. Il trend positivo in atto è stato confermato dalla Fashion Week milanese in Settembre che, secondo gli analisti pur sempre prudenti in un clima di perdurante incertezza, ha lasciato intuire le opportunità all’orizzonte per le nostre aziende lungo tutta la catena produttiva: un segnale incoraggiante per le tante piccole e medie imprese (molte realtà artigianali), soprattutto a monte della filiera, che hanno sofferto non poco nell’ultimo quinquennio (drammatico il periodo 2009-2012), tuttavia hanno saputo resistere continuando a rappresentare la struttura portante dell’industria della moda italiana.
Il Belpaese, a cominciare da Governo e sistema creditizio, dovrebbe puntare su queste aziende manifatturiere con più decisione, valorizzandone le competenze specialistiche straordinarie, quel know-how unico che, come si suol dire, il mondo ci invidia. E tenendo presente che spesso i loro problemi, oltre che imputabili alla crisi, sono strutturali, specie per le unità di minori dimensioni, ovvero derivano da un cambiamento di processo produttivo e di posizionamento verso l’alto (donde varie cessazioni di attività e perdite di posti di lavoro). Inoltre, come non perde occasione di sollecitare il Presidente di Sistema moda Italia Claudio Marenzi, restano sul tappeto le questioni fondamentali della certificazione d’origine dei prodotti italiani e dell’abbattimento dei dazi (problema, quest’ultimo, che tanto nocumento ha già recato alle nostre imprese: basti menzionare che l’azzeramento dei dazi nei confronti del Pakistan ha provocato un incremento delle importazioni tessili del 28% da quel Paese e, se si deliberasse altrettanto con il Vietnam, i danni non farebbero che lievitare). Marenzi ha anche parlato di “escalation terribile” a proposito delle sanzioni UE contro la Russia: “L’eventuale inasprimento delle sanzioni sarebbe un suicidio per noi Europei. La bilancia commerciale statunitense nei confronti di Mosca è un decimo di quella europea e non possiamo permetterci di rischiare così tanto: è indispensabile trovare soluzioni differenti. Per il nostro settore, poi, l’eventuale bando totale dell’import si tradurrebbe in un tracollo e la politica avrebbe sulla coscienza la perdita di un numero elevatissimo di posti di lavoro”. Infine, per un quadro sintetico del recente andamento dell’industria italiana del tessile-moda, si veda questa tabella i cui valori sono espressi in milioni di euro (fonte: rielaborazione dati Istat a cura di Exportiamo). Forza Moda!