N-U-De da Pakistan, Colombia, Russia e India
Durante l’ultima giornata della Milano Fashion Week al centro sfilate in via Gattamelata, si è respirata un’aria veramente “International”. La Camera della Moda ha voluto dedicare infatti l’intera mattinata ad alcuni New Upcoming Designers (N-U-De) internazionali selezionati dalla stessa CNMI.
Riflettori puntati quindi sui giovani stilisti dal Pakistan, dalla Colombia, dalla Russia e dall’India, in un incontro tra culture, come afferma il Cavalier Mario Boselli, che solo in apparenza sono lontane, ma che hanno ancora tanto da dire. Sicuramente un’apertura culturale, ma, soprattutto, economica, volta ad incrementare le collaborazioni tra il mercato tessile italiano e quello di nuovi Paesi emergenti in questo settore.
Per la moda pakistana è stato un vero e proprio battesimo, dove in una sfilata collettiva si sono susseguite le creazioni di tre stilisti emergenti e per la prima volta sulle passerelle milanesi. Qualche spunto interessante è arrivato dalla presentazione di Rizwan Beyg, che ha presentato la sua collezione “Salt” tutta giocata sul bianco naturale e sui toni neutri, dove ha colpito la preziosità dei tessuti e delle fibre, le sete, i cotoni, i velluti. Collezione ricchissima di ricami e di pietre preziose, in particolare di perle che impreziosivano gli strappi e le ruches degli abiti e adornavano collane e orecchini molto, anche troppo, voluminosi.
Maheen Khan, soprannominata la signora del glamour di matrice orientale, ha presentato una collezione minimalista, sobria ma al tempo stesso onirica e suggestiva. La stilista ha messo in scena un gioco di contaminazioni reinterpretando gli abiti tradizionali femminili come il kameez, lunga e ampia tunica, e l’angrakha, tunica con pantaloni pigiama. Forme semplici e tradizionali, con una pallette di colori molto varia: dai colori della terra fino ad arrivare al giallo acceso e al viola.
Deepak Permani, ha lanciato uno spirito giocoso e allegro in passerella. Interessanti alcune forme degli abiti, i volumi a scatola e le linee giocose, meno convincenti i colori: troppo abbaglianti e appariscenti così come i motivi decorativi tipici della tovaglia pakistana (proprio quella che si mette a terra per servire cibo e vivande!), scelti dallo stilista per adornare gli abiti della collezione. Più adatti invece su accessori come borse o collane.
Per l’India hanno sfilato le collezioni dei marchi Atsu e Azara. Anche in questi abiti si riconosce un omaggio al Paese natio, dove la tradizione degli abiti indiani rivisitati in chiave contemporanea non diminuisce però il distacco con quello che è un gusto tipicamente europeo. Interessanti quindi alcuni particolari, la ricchezza dei tessuti, la seta, il cotone, il jersey, così come l’artigianalità che traspare dai ricami. Molto belli alcuni abiti lunghi, ricchi di veli lunghi fino ai piedi e di trasparenze che comunque danno sempre un effetto di sobrietà e mai di nudità.
Per la Colombia si sono susseguite le collezioni di Isabel Henao, Leal Deccarett e Beatriz Camacho. I colori forti e divertenti che solitamente caratterizzano gli abiti colombiani sono stati qui mitigati e utilizzati solo per particolari o accessori. La palette base andava dai colori della terra, al nero, il grigio, il viola. Shorts abbinati a giacchette, gonne a tubo anni ’50, camicie sfiziose, tuniche abbinate a leggings lavorati ed impreziositi da pietre. Divertenti gli accessori creati dagli stilisti, come un groviglio di fili colorati per collane o cinture.
Le creazioni delle russe Lena Karnauhova e Masha Kravtova a primo impatto sono sembrate più vicine a quello che è un nostro gusto europeo. In particolare molto bella la collezione “Air-Adjective” della prima, che già dal nome rende l’ispirazione principale che caratterizzava tutti i suoi abiti. Sulla passerella, infatti, gonne dal volume verso l’alto, come fossero piene d’aria, abiti a palloncino e capi multistrato che danno un’idea di libertà di movimento e leggerezza. Inoltre la stilista ha spaziato in continui giochi di trasparenze con la seta sapientemente coniugata con tessuti più pesanti in uno stile molto raffinato. Più architettonici i capi creati dalla seconda stilista, che ha puntato su proporzioni e dimensioni esagerate. Sono apparsi quindi inusuali corsetti uniti a esoscheletri che creavano gonne dalle forme arrotondate, colletti altissimi, pizzi, ricami. Meno azzardati i colori, che riprendevano i toni del bianco, dell’azzurro e del beige.
In generale, l’intento della Camera della Moda nel promuovere queste sfilate è stato raggiunto. Da una parte gli stilisti selezionati hanno avuto una grande visibilità e dall’altra, pur nella diversità in termini di cultura o anche di canoni estetici, possono essere stati fonte di arricchimento e di ispirazione anche per i nostri stilisti. Certo è che la distanza, dal punto di vista del gusto, è una realtà che non si può nascondere e solo il consumatore potrà dire quanto spazio effettivamente potranno avere queste creazioni sul mercato italiano e più in generale quello europeo.