Oh! Mirabili visioni
Il Museo del Bijou di Casalmaggiore vuole stupire e deliziare ancora una volta il suo pubblico proponendo una mostra davvero sofisticata e charmante, dedicata al grande bijoutier americano Kenneth Jay Lane (1932 –2017), ottimamente curata da Maria Teresa Cannizzaro con la collaborazione di Fiorella Operto (associazione Passato e Futuro). L’accattivante titolo dell’evento, che durerà sino al 4 novembre, è: “Brillanti illusioni – Omaggio a Kenneth Jay Lane”.
Amatissimi dal pubblico americano, i “gioielli falsi” (noti come costume jewels, fashion jewels, jewels of Hollywood) furono per molto tempo un classico prodotto d’importazione in USA, ma col tempo divennero anche manufatti a stelle e strisce, fabbricati da esuli in fuga dall’Europa sconvolta da fascismo e nazismo o da orafi americani colpiti dalla Grande Depressione, disposti a riciclare la loro arte per creare oggetti dal costo accessibile. In effetti non si può comprendere pienamente il successo di Kenneth Jay Lane se non si conosce il contesto che lo ha preceduto e favorito. Ebbene la fortuna che arrise alla “fake jewelry” alleandosi con la storia volle che gli Stati Uniti al tempo della grave crisi bloccassero le importazioni di beni di lusso, incluse le stoffe stampate, per cui i sarti e gli stilisti d’oltreoceano non poterono far altro che adottare abiti in tinta unita, ovvero i più adatti ai bijoux fantasia, che si diffusero notevolmente (non a caso Elsa Schiaparelli e Coco Chanel amavano definire le loro collezioni “vestiti per gioielli”). Il successo di tali bijoux in USA crebbe ancora durante la guerra, dal momento che spesso le donne erano costrette a cucirsi abiti utilizzando i vestiti dei mariti al fronte ed i bijoux, quindi, erano l’ideale per vivacizzare quei tessuti piuttosto tristi. Intanto, cominciavano a giungere sul mercato le sfavillanti pietre colorate prodotte da vetrai boemi e austriaci (il pensiero corre subito ai cristalli Swarovski, di cui giungevano a Casalmaggiore interi vagoni ferroviari destinati alle manifatture di bigiotteria) e la fabbricazione di bijoux ricevette un nuovo impulso. Questi “falsi” continuarono ad essere indossati dalle signore americane anche nei difficili anni del periodo post-bellico, in cui le disponibilità economiche erano ancora ridotte. Poi, col ritorno alla tranquillità ed al benessere materiale, anche le gioie fancy tramontarono, lasciando il posto ai gioielli autentici ed alla voglia di ostentarli (solo all’inizio degli anni Settanta, soprattutto per merito di produttori italiani, la moda decretò un loro ritorno in auge).
La mostra di Casalmaggiore, di fatto, consente di tuffarsi in questa storia della costume jewelry, nel suo legame con la moda, nella sua nobilitazione sociale, nella sua “democratizzazione, nel ruolo da essa esercitato nell’emancipazione della donna, nel suo essere specchio degli eventi.
L’epopea di Kenneth Jay Lane è frutto appunto di quelle vicende particolari, che gli permisero di diventare – in virtù del suo indubbio talento, del suo estro vivace e della sua stupefacente inventiva – sinonimo di qualità top nel mondo della bigiotteria americana, con l’impiego di disegni raffinati e delle migliori tecniche per la placcatura dei metalli, l’utilizzo dei cristalli austriaci e delle pietre sintetiche più belle tra quelle disponibili sul mercato.
Nato a Detroit nel 1932, dopo gli studi a Providence e alcune importanti collaborazioni con Vogue e Dior, questo creativo personaggio approdò al mondo della bigiotteria nel 1963 e la sua ascesa fu alquanto rapida. Infatti alcuni suoi disegni arrivarono all’attenzione di Wallis Simpson, duchessa di Windsor, che ne restò ammirata e lo raccomandò agli amici, spianandogli così la strada verso il successo. La sua fu veramente una carriera eccezionale, fondata sulla maestria con cui sapeva riprodurre i gioielli dei marchi più noti usando materiali non preziosi, ma anche alle sue doti di designer (nonché di manager), alla sua lungimiranza, alla cultura e alla curiosità di cui era dotato. Tra i suoi bijoux più celebri vi sono gli iconici bangle o i grandi orecchini decorati con maxi-cristalli, i pezzi ispirati allo stile Deco o quelli animalier o, ancora, quelli pregni di suggestioni esotiche e multietniche che spaziavano tra spille, collane, anelli e orecchini di straordinaria bellezza e lucentezza.
Molte delle più facoltose ed eleganti dame del pianeta vollero indossare le sue creazioni (alle quali venne persino dedicata una sala al Metropolitan Museum di New York) e tra di esse Jacqueline Kennedy, Liz Taylor, Lana Turner, Audrey Hepburn, Sofia Loren, Barbara Bush, Sarah Jessica Parker, Sofia Coppola, Brooke Shields, Beyoncè, Angelina Jolie.
Kenneth Jay Lane, scomparso l’anno scorso a 85 anni, ha lasciato al suo braccio destro Chris Sheppard il suo business, che quindi prosegue tutt’oggi.
Sono centinaia i suoi bijoux da ammirare nella rassegna antologica “Brillanti illusioni”, messi a disposizione dalla associazione culturale Passato e Futuro di cui è presidente Maria Teresa Cannizzaro, la quale da anni è impegnata a studiare e valorizzare la storia della bigiotteria americana, dalle sue origini (a Providence), così legate all’emigrazione dall’Italia, all’attuale collezionismo, organizzando conferenze, mostre, incontri fra l’Italia e New York, promuovendo ricerche e pubblicando articoli e libri.
Diceva Salvador Dalì: “La differenza tra i falsi ricordi e quelli veri è la stessa che per i gioielli: sono sempre quelli falsi che sembrano i più reali, i più brillanti”.