Orologi über alles
Il Salone Internazionale dell’alta orologeria di Ginevra a Gennaio e la fiera di Basilea ad Aprile hanno confermato le buone prospettive di crescita per il comparto anche quest’anno. Malgrado la crisi generale ed il trend recessivo di storici mercati come Europa e Giappone, il 2012 ha visto le esportazioni svizzere di orologi registrare un record in termini di valore (si tenga presente oltre il 90% della produzione di orologi meccanici e in metallo prezioso avviene in Svizzera). Stando alle cifre diramate dalla Federation of the Swiss watch industry, l’anno scorso ne sono stati esportati per più di 21,4 miliardi di franchi, facendo segnare un eccezionale +32,5% rispetto del 2010.
I mercati principali restano Stati Uniti, Hong Kong e Cina, seguiti da Francia, Germania e Italia, Paesi questi ultimi che hanno beneficiato dei massicci flussi turistici per la vendita beni di lusso in generale. In questo contesto a tinte rosa si collocano anche gli importanti risultati economico-finanziari realizzati da grandi gruppi quali Swatch, Richemont (capofila di top-brand come Cartier, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre, IWC, Officine Panerai), nonché alcuni marchi indipendenti. Tali performance – come ha osservato Luana Carcano, professore di strategia e imprenditorialità alla SDA Bocconi, esperta del settore – hanno consentito alle maison di continuare sulla strada di una strategia di sviluppo nel core business attraverso le leve dell’integrazione verticale e del potenziamento di capacità produttiva. La ricerca di una maggiore integrazione è esercitata sia a monte della filiera (grazie all’acquisizione di fornitori storici di componenti, per assicurarsi indipendenza e controllo della supply chain), sia a valle (con il consolidamento della rete di negozi monomarca nei maggiori mercati, a sostegno di una distribuzione indipendente multi-marca che talvolta accusa colpi). Gli investimenti nella rete al dettaglio, per quanto significativi, spesso sono di gran lunga inferiori a quelli relativi all’incremento della capacità produttiva esistente. Le strategie di prodotto, che costituiscono il reale volano per queste marche, da un lato rimangono fortemente focalizzate a supportare le collezioni o i meri modelli iconici (forieri di eccellenti risultati), e dall’altro, fanno sì che si continui ad investire in innovazione, con l’introduzione di soluzioni all’avanguardia di micro-meccanica e l’uso di nuovi materiali, come il silicio, l’aluminide, la fibra di carbonio e le ceramiche high-tech. I “classicisti” possono comunque rite loro offerta, sono attentissimi a cogliere i diversi stimoli provenienti dal mondo, come pure dimostra la tendenza alla meccanizzazione dell’orologio da donna, tradizionalmente al quarzo. Dal punto di vista stilistico, negli orologi si captano i segnali di un revival delle dimensioni ridotte, anche nei modelli sportivi, caratterizzati da linee essenziali ed eleganti. Si ritorna, quindi, al classico senza tempo, che rappresenta una garanzia di investimento, da trasmettere alle generazioni future. Nondimeno, la ricerca della continua evoluzione tecnologica, volta creare meccanismi di straordinaria complessità, lascia spazio a laboratori di nicchia come Journe e Richard Mille, che hanno fatto della sofisticatezza micro-ingegneristica il loro elemento distintivo, dove i mestieri d’arte trovano ancora la loro massima espressione e valorizzazione.