Parigi val bene un gioiello
Vale davvero la pena visitare questa mostra di gioielli e disegni di rara squisitezza, ospitata fino al 28 Novembre nella prestigiosa cornice di Villa Scalcabarozzi, fresca di restauri, in quella che è la capitale italiana dell’alta manifattura orafa: Valenza (AL).
L’evento, intitolato “Tesori e gioielli del Petit Palais di Parigi” e organizzato dalla studiosa francese Martine Chazal, ripercorre l’evoluzione della gioielleria d’Oltralpe – destinata poi ad influenzare esteticamente il mondo – dal XVII al XX secolo, sulla scia dei mutamenti di stili, gusti, ricercatezza delle corti prima e delle classi sociali dominanti poi.
In effetti, la rassegna di Villa Scalcabarozzi (futura sede del Museo del Gioiello di Valenza) presenta per la prima volta in Italia una cinquantina di oggetti superbi – tra collane, anelli, braccialetti, spille, fermagli per capelli, portaoggetti, oltre ad un centinaio di disegni preparatori (compresi molti figurini di moda originali) – realizzati dai maggiori designer ed artigiani orafi transalpini, da L’Egare a Pouget, da Petiteau a Fannière, da Baugrand a Falize, da Boucheron a Lalique, da Fouquet a Jacqueau, solo per citare alcuni nomi.
Organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e dal Petit Palais Museo delle Belle Arti della Città di Parigi, l’esposizione propone un vero e proprio “viaggio” nella storia del costume, le cui tappe partono dai progressi tecnici ed artistici secenteschi sfociati, il secolo dopo, nell’età in cui i gioielli dovevano fungere da raffinato ornamento dei décollétè femminili nella Versailles di Luigi XV. Allora gli orafi francesi esportavano le loro creazioni in tutta Europa sulla scorta di una maggiore mobilità degli uomini e delle merci (grazie alle incisioni, i loro disegni raggiunsero gli angoli più remoti del Continente).
Grandiosa fu poi la magnificenza dell’epoca napoleonica, che impose una rinnovata eleganza, ispirata alla cultura antica, tanto all’Egitto dei Faraoni quanto ai reperti archeologici della romanità. Lo stesso Bonaparte amava i gioielli (soprattutto i cammei e gli oggetti smaltati) e ne donava generosamente alle sue donne.
Nell’Ottocento, grazie alle scoperte minerarie in Brasile, che intensificarono il commercio di pietre preziose e semi-preziose, con l’affermarsi di una ricca e dinamica borghesia, i gioielli se da un lato divennero meno “aristocratici” in termini valoriali, dall’altro conobbero una diffusione più ampia. In seguito, con Carlo X il lusso tornò a corte più trionfante che mai, giovandosi di una nuova creatività che traeva le sue linfe vitali da un sommo artigiano-artista-pioniere come Simon Petiteau (noto soprattutto per l’abbondante impiego di perle nei suoi monili).
La mostra valenzana, infine, passando per le vette di opulenza del regno di Napoleone III, si sofferma sulle innovazioni dell’art nouveau, per approdare e fissarsi sul fascino senza tempo dei gioielli di Cartier negli Années Folles.
Insomma, come ha concluso la curatrice dell’evento Martine Chazal, “sono tre secoli di gioielleria francese dal 1660 al 1950 che si offrono qui all’ammirazione del pubblico attraverso l’esposizione di più di duecento opere, in particolare quella dei disegni che costituiscono l’anima di queste creazioni di luce e di eleganza”.
Personalmente, fra i gioielli proposti che ci sono piaciuti di più elenchiamo: un ciondolo neo-rinascimentale (ca. 1880) di Lucien Falize, in oro, diamanti, tormaline, perla e smalto; una spilla (ca. 1890) sempre di Falize, in diamanti, zaffiri, perla, oro e smalto; una spilla bouquet di violette (ca. 1937) di Charles Jacqueau, realizzata da Lacloche, in diamanti e platino; un bracciale foglia di cardo (tra 1905 e 1909) di Georges Fouquet, disegnato da Charles Desrosiers, in oro, diamanti, opali, perle, smalti.
Davvero un tesoro di mostra!
Per informazioni: tel. 0131264306, e-mail: didattica@startal.it