Perché i motivi animalier piacciono alle donne?
I motivi tratti dal mondo animale sembrano non tramontare. Nelle collezioni primavere-estate 2005 non è mancato nessun animale della giungla, e nessuna collezione si è sottratta alla tentazione di esibirlo, neppure la romanticissima Blumarine.
Il futuro delle tendenze di moda sembra segnato da una elegante e romantica femminilità. Eppure l’animalier resiste. Perché? Quale è la carica simbolica che aggiunge all’abito? E quindi qual’è il fascino che esercita sulle donne?
Le collezioni autunno inverno 2006 sfoggiano ancora il maculato e tante pellicce. L’animalier resiste a tutte le tendenze ed anche ad una stagione che si annuncia all’insegna del romanticismo, come la prossima.
Ciò meraviglia. Perché i disegni tigrati, ghepardati, zebrati, leopardati o pitonati, che appaiono sugli abiti sono lontani dal trasmettere una immagine di sobria eleganza. Sono abiti di una forte sensualità; e la linea tra il sexy e il volgare è molto sottile. Perché dunque questa tendenza resiste?
Non dimentichiamo che l’uomo ha usato l’animale come “seconda pelle”: la pelliccia da sempre è utilizzata come protezione, come simbolo di forza: significava il dominio dell’uomo sull’animale. Spesso è usata anche come segno di potere, come ornamento; e per la donna ha sempre rappresentato un oggetto di desiderio e al contempo uno strumento di seduzione. La pelliccia però, eccetto che nelle epoche più primitive, non è mai a diretto contatto con la pelle.
Non è però la pelliccia ad occuparci nelle considerazioni riguardanti una tendenza dell’attuale stagione.
Si tratta bensì di osservazioni relative ai tessuti stampati seguendo il disegno del pellame di animali selvaggi e aggressivi o dell’animale simbolo della tentazione, il serpente. Trattandosi di vestiti si portano a contatto diretto della pelle. Diventano così una seconda pelle. Inducono a pensare, a trasformare nell’immaginazione, il corpo secondo ciò indossa: a caricarlo di nuovi significati.
Portare un abito a macchie di tigre o di leopardo, animali selvaggi e liberi, trasmette un’immagine di donna libera e selvaggia. Induce a pensare a una seduttività aggressiva e senza controllo, allo stato di natura. Ciò comporta caricare l’abito di un forte valore erotico. La persona che lo indossa appare sì un soggetto aggressivo, ma allo stesso tempo è un “oggetto” altamente desiderabile, che si potrà possedere con la forza. Sulla scia di queste considerazioni si spiega l’uso del pitonato.
L’impressione che si ha nel guardar un abito firmato Dolce & Gabbana, è che la pelle di pitone che fascia il corpo della modella, vuol farla apparire come il serpente dell’eterna tentazione. La carica erotica si è elevata, ma il cattivo gusto anche. Sedurre è parte della femminilità, ma ricorrere all’erotico per sedurre non appartiene alla femminilità.
E’ questa la ragione -seduzione attraverso l’erotico- della preferenza che l’universo femminile ha accordato all’animalier? Lo è anche per alcuni stilisti che lo hanno adottato come stendardo di riconoscimento del loro stile? Probabilmente sì. Ciò può essere successo, in molte donne, senza la consapevolezza del significato dell’abito che indossavano e negli stilisti mascherata con la giustificazione artistica.
Lasciare alle passerelle e alla fantasia maschile la suggestione della donna animale, e della donna oggetto di desiderio? No. Non è a vantaggio della donna.
Prendere le distanza da queste tendenze? Questo sì. Allora è necessario soppesare, calibrare, vagliare con la luce del buon gusto l’uso di questi motivi per il nostro abbigliamento. Sarà una concessione piccola, il più piccola possibile, alle tendenze di moda.
Funzione dell’abito è anche sedurre, ma facciamolo attraverso l’eleganza, il buon gusto, un’immagine di sé degna della propria femminilità.