Piccoli “capitali erotici” crescono
Lungi da ogni facile moralismo, non possiamo non esternare quanto ci urtino le immagini allusive (“hard”) che alcune aziende di abbigliamento per bambini scelgono strategicamente per pubblicizzare i loro prodotti. Archiviati (si fa per dire) lo sdegno e la pena per la piccola Thylane Loubry Blondeau, 10 anni, apparsa in pose languidamente “adulte” su una recente copertina di “Vogue France” che ha fatto gridare alla pedofilia non solo i benpensanti, a dar scandalo ora è l’aggressività della nuova campagna di comunicazione della società francese Jours Apres Lunes produttrice di biancheria intima infantile. Sul fatto che certi scatti siano vergognosi non potrà non concordare chiunque le osservi: in effetti, sarebbe difficile definire altrimenti la foto di quella bimba in lingerie, acconciata in stile Amy Winehouse, mollemente adagiata su una poltrona bianca, con le cosce accavallate in primo piano, su cui giocherella con un paio d’occhiali da sole, fissando l’obiettivo con sguardo malizioso e sorriso sensuale. Qualcuno le avrà forse detto che è solo un gioco”¦ ma chi non capisce che in siffatto contesto la bambola è solo lei?
Non mancherà chi, cinicamente fiero della propria “larghezza di vedute” e “spirito moderno”, farà notare che il lolitismo è già stato sdoganato da un pezzo e che al giorno d’oggi si cresce molto più in fretta. E poi è il mercato, bellezza! Le aziende di moda sanno bene che il segmento dei bambini e degli adolescenti presenta molte opportunità lucrose di business.
Ma qui non stiamo lanciando un j’accuse al mercato, sebbene ne stigmatizziamo certi eccessi e distorsioni: piuttosto, deprechiamo l’uso perverso del corpo dei bambini, ovvero di creature innocenti e sensibili per antonomasia, che dovrebbero essere quanto mai rispettati nella loro fragilità e valorizzati nella loro dignità. Reificarli ed esibirli in atteggiamenti “forti” su una cover o una pagina pubblicitaria significa, invece, svilirli, offenderli, “violentarli” nell’anima. Ma significa anche diffondere un messaggio “diabolico” di legittimazione di disvalori osceni, di diseducazione, di perversione della mente più pura. E’ evidente che l’obiettivo da taluno perseguito è quella che potremmo chiamare la capitalizzazione del corpo infantile, cioè lo sfruttamento economico del “capitale erotico” dei piccoli, per utilizzare un’espressione della sociologa inglese Catherine Hakim, docente alla London School of Economics.
Proprio la Hakim ha suscitato un ampio dibattito a livello internazionale col suo recente libro “Honey Money. The Power of Erotic Capital”, la cui tesi è che, a qualunque età, è il sex appeal a generare potere, opportunità di successo, benessere. La bellezza fisica – potenziata da fitness, tecnologia, medicina, trattamenti estetici, psicologia – è allora un mezzo per costruire un capitale erotico su cui fondare un capitale economico. In particolare, esprimere liberamente la propria sessualità diventa il modo per attrarre la fortuna, cioè per assicurarsi gli impieghi professionali migliori, gli stipendi migliori, la vita sociale migliore. Ecco spiegato come una splendida donna qual è Angelina Jolie, ritenuta una “sex bomb” straordinaria, possa trasformarsi in un’autorità etica, accompagnata da un prestigio altissimo.
Se, quindi, è il capitalismo erotico il nuovo faro, ecco che tutti – le donne in particolare – devono “investire” nel loro potenziale sessuale e sensuale fin da piccole.
O tempora o mores, dovremmo esclamare, se pensassimo che quanto sostiene la Hakim fosse del tutto fondato. In realtà, vogliamo credere che ci siano ancora spazi per recuperare “umanità” e dignità (anche) nel mondo della moda, dove c’è chi dice no! E, per fortuna, non è rara avis.
Certo, comunque, che è una tristezza assistere a certe aberrazioni morali del marketing e della scienza, specie se condotte sulla pelle (in senso proprio e figurato) dei più piccoli ed indifesi. Uno dei tanti segni della crisi della nostra epoca e del profondo malessere interiore delle persone che la vivono.